Ecco, come a Laconi nei mesi scorsi.
Fra Arbus, Guspini e Montevecchio cresce fortunatamente il numero dei Cervi sardi (Cervus elaphus corsicanus) e l’unica idea che l’Assessore della difesa dell’ambiente Gianni Lampis (di Arbus) riesce a scodellare è farne fuori un bel po’.
“Quattro mesi dopo un tavolo permanente sulla problematica con i Comuni e le Province, la decisione è di chiedere al Ministero della Transizione Ecologica di superare l’imposizione nazionale di specie protetta. Seguiranno azioni condivise col sostegno di Ispra”, così ha dichiarato al quotidiano L’Unione Sarda (La Regione: “Aprite la caccia al cervo”, 2 aprile 2022).
Questa la risposta alle proteste e alle segnalazioni di alcuni agricoltori decisamente scontenti per le scorrerie dell’ungulato nei loro campi.
Coincidenza vuole che Arbus vada a elezioni anticipate (12 giugno 2022) e la greve motivazione elettoralistica non possa essere sdegnosamente esclusa, tantomeno, vista l’ammessa vicinanza, il favor verso il mondo venatorio, da coinvolgere nell’eventuale attuazione dell’altrettanto eventuale piano di contenimento del Cervo sardo.
Nessun censimento
aggiornato, nessuna valutazione concreta dei reali danni all’agricoltura
(il report sui danni arrecati alle produzioni agricole dalla fauna selvatica
in Sardegna (2008-2013) è del 2015), comunque risarciti
con fondi regionali, nessuna adozione di misure alternative (recinzioni, erbari
per selvatici, trasferimenti degli esemplari in eccesso in aree
naturalisticamente valide) come pur richiesto dalla legge.
Giusto per capire il
tenore di simili allarmi, nell’ottobre 2016 si parlava
di 12 mila Cervi sardi solo nell’Iglesiente e di 100
milioni di euro di danni ogni anno causati
all’agricoltura dalla fauna selvatica in Sardegna, quando
i dati ufficiali della Regione
autonoma della Sardegna (censimento 2015) indicavano
in 4.270 i Cervi sardi presenti in
tutto il territorio regionale.
Il Cervo sardo,
ridotto negli anni ’70 del secolo scorso a poco più di un centinaio di esemplari e a grave rischio di estinzione, è riuscito pian
pianino a riprendersi, nonostante numerosi episodi di bracconaggio, solo grazie
a una politica di rigida protezione.
Proprio nell’areale
di Montevecchio (Arbus – Guspini) un piccolo nucleo di Cervo sardo è scampato a
caccia, bracconaggio, incendi (disastrosi quelli del 1983, del 2014 e del 2017) e ha contribuito –
insieme ai due nuclei più consistenti dei Monti del Sulcis e dei Sette
Fratelli) – alla lenta ripresa della specie.
Il Cervo sardo è
specie faunistica prioritaria ai sensi della direttiva n. 92/43/CEE (Allegato
II), specie faunistica rigorosamente protetta ai sensi
della Convenzione internazionale di Berna (Allegato II), esecutiva con legge n. 503/1981,
specie faunistica particolarmente protetta ai sensi dell’art.
2 della legge n. 157/1992 e s.m.i. (l’uccisione di un esemplare è sanzionata
penalmente ai sensi dell’art. 30), tutele garantite conseguentemente anche
dalla legge regionale Sardegna n. 29/1998 e s.m.i.
presenza del Cervo sardo in
Sardegna
La Carta delle vocazioni faunistiche della Sardegna, atto programmatorio ufficiale
della Regione autonoma della Sardegna, stima la presenza del Cervo sardo
complessivamente in un’area di circa 60 mila ettari del territorio regionale e
individua un’area potenziale di circa 400 mila ettari, con ambiti ottimali di
reintroduzione nell’area del Gennargentu fino al Supramonte, alle codule ogliastrine,
fino a Quirra, così da ricongiungersi con l’areale dei Sette Fratelli –
Sàrrabus. Così il complesso Monti di Alà – Monte Albo, parte della Nurra,
il Montiferru, il Monte Arci, il Sinis, il Limbara (pp. 253 e ss.), dove
potrebbero esser reintrodotti più di 16 mila esemplari (secondo gli ultimi dati
disponibili – marzo 2018 – si stima in
circa 10.600 esemplari la popolazione complessiva esistente, vds. scheda informativa del
Progetto LIFE “One deer, twoIslnands: conservation of Red Deer Cervus elaphus corsicanus
in Sardinia and Corse”).
https://youtube.com/shorts/x9LeJPLALvE?feature=share
A parte il fatto
che curiosamente si dimentica che – oltre all’innegabile
valore ecologico della presenza del Cervo sardo – la specie costituisce un
richiamo d’interesse turistico straordinario per l’area
dell’Arburese-Guspinese, in ogni caso, gli esemplari che eventualmente
venissero ritenuti in eccesso dall’Assessorato regionale della Difesa
dell’Ambiente, con il necessario supporto tecnico-scientifico dell’I.S.P.R.A.,
del Corpo forestale e di vigilanza ambientale e dell’Agenzia Forestas,
potrebbero esser catturati e reintrodotti, con le opportune procedure, in aree
naturalmente vocate e già individuate dagli atti di programmazione regionali:
si tratta di uno di quei “metodi ecologici su parere dell’Istituto nazionale
per la fauna selvatica” che devono essere posti in essere per legge (art.
19, comma 2°, della legge n. 157/1992 e s.m.i.). prima anche solo di pensare a qualsiasi eventuale
abbattimento.
Possiamo solo
immaginare che cosa farebbero Regioni e Province autonome – Regione autonoma
della Sardegna in prima fila – se venisse approvata la folle proposta di legge presentata alla Camera dei Deputati dall’on.
Maria Cristina Caretta (casualmente appartenente a Fratelli d’Italia come
l’assessore Lampis e una bella fetta di onorevoli
filo-venatori) che consentirebbe di istituire Istituti regionali o
provinciali per la fornitura di pareri immancabilmente positivi per far
fuori questa o quest’altra specie faunistica in base ai desideri del politico
di turno.
Nei prossimi giorni
il Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIG) provvederà a interessare in proposito
il Ministero della Transizione Ecologica, l’I.S.P.R.A. e la Regione autonoma
della Sardegna.
Gruppo d’Intervento Giuridico odv
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