Ha ululato ed è andato a caccia di renne insieme ai maschi, ha diviso il cibo e ha dormito con loro. E una volta gli hanno salvato la vita. L’etologo Jason Badridze, dopo essersi conquistato la fiducia di sei bestie, ha condotto una delle più incredibili ricerche sul comportamento animale mai realizzate.
“Mi
sentivo come un lupo”. Jason Badridze, etologo sovietico di origine georgiana
(è nato a Tbilisi nel 1944), ha risposto così, una volta, in un’intervista,
alla domanda su come si fosse sentito ad andare a caccia di renne. Lo
scienziato, tra il 1974 e il 1976, visse insieme a un branco di lupi,
condividendo con sei animali il cibo e il sonno.
Tutto ha avuto inizio da un episodio della sua infanzia, quando il padre lo aveva portato con sé in una foresta, in Georgia. “Udii un lupo che ululava. Fu qualcosa che mi colpì, mi sentì l’anima sottosopra”, ha ricordato durante un incontro con “Russkij Reporter”. Dopo quel fatto, Badridze ebbe la certezza di cosa si sarebbe occupato da grande, una volta diventato scienziato.
Scienza legale a metà
Gli etologi studiano il comportamento degli animali. Negli anni Settanta gli scienziati sovietici non avevano nessuna conoscenza sulla vita selvatica dei lupi. Le pubblicazioni sull’argomento erano molto sporadiche e gli abitanti della Georgia sovietica preferivano sterminarli. Dopo aver compiuto i suoi studi in biologia, Badridze decise di cambiare la situazione.
La sua
ricerca venne condotta in segreto. Si spostò nella Gola di Borzhomi, dove trovò
un branco di lupi che faceva al caso suo. Vivevano in un’area di 100 chilometri
quadrati. Pagò i ranger locali, che di solito sparavano ai lupi, per lasciare
in pace gli animali e “minacciò di malmenarli” se non avessero rispettato il
patto.
L’incontro
con i lupi
Come fa
una persona a comunicare con predatori feroci? Anche per Badridze, che era
stato un cacciatore e sapeva come fare a sopravvivere per mesi nel fondo della
foresta, non era semplice. “L’unico modo era di abituarli, lentamente, alla mia
presenza”, disse al magazine “Schroedinger’s Cat”.
Gli ci
vollero quattro mesi. Badridze, con prudenza, seguì il percorso seguito dai
lupi, evitando il contatto diretto e lasciando che il branco si abituasse a
lui. Cominciò a lanciare nei dintorni alcuni piccoli pezzi di vestiti indossati
da lui. All’inizio, i lupi evitavano il tessuto. Poi cominciarono a considerare
familiare quell’odore. E, dopo che si erano abituati sia all’odore che alla
presenza, arrivò il passo più pericoloso: l’incontro diretto.
Badridze
ricorda ancora vividamente la prima volta che incontrò un lupo adulto: erano
ognuno di fronte all’altro a una distanza di cinque metri. “Mi guardò negli
occhi per poco meno di un minuto. Ma mi sembrò un’eternità. Poi fece una
smorfia e tornò dal suo compagno, e insieme rientrarono nella foresta”,
racconta lo scienziato.
Per un bel po’ – non saprebbe dire quanto – Badridze rimase congelato e impietrito, per niente in grado di muoversi. Ma capì che l’avventura era appena cominciata: ce l’aveva fatta. I lupi lo avevano riconosciuto e accettato.
Darsi
alla vita selvaggia
Il branco
cui si unì Badridze era composto da due lupi adulti (una coppia), i loro tre
figli e un vecchio lupo, il leader. Aveva ottenuto la loro approvazione e
subito cominciò a stare con loro, dormendo vicino al loro luogo di incontro,
dove i lupi passavano il tempo insieme.
Li seguì
dappertutto: quando correvano, correva con loro – restando un po’ indietro, ma
visto che era in buona forma, non veniva lasciato troppo indietro. Il branco lo
invitò perfino a partecipare alla caccia, e lui lo fece, molte volte. Certo,
non era lui a uccidere la renna: quello era il compito del lupo adulto. Ma
l’uomo, insieme ai cuccioli, aiutava a trovarla.
I lupi,
poi, con gentilezza, condividevano con Badridze la loro carne. Certo, non la
mangiava cruda e andava oltre il fiume per cuocere la sua porzione di carne di
cervo su un fuoco. A parte quello, viveva di pane e carne stufata. “Odio ancora
lo stufato, non posso proprio stargli vicino”, ride.
Grande amicizia
Nel corso
dei mesi passati con i lupi (visse con diverse famiglie di lupi), Badridze
apprese molte cose sul loro comportamento. Come quando scoprì che i lupi sono
capaci di atti di altruismo, ad esempio quando lo protessero dall’attacco di un
orso. Consideravano l’uomo come parte del loro gruppo: i lupi cacciarono via
l’orso, salvando la vita allo scienziato.
“Stavamo
tornando da una battuta di caccia andata male. Eravamo stanchissimi. Io mi
sedetti su un pietrone. E in quella un orso, che dormiva vicino, si alza in
piedi all’improvviso, proprio di fronte a me. I lupi lo hanno sentito e sono
partiti all’attacco dell’animale. Anche se lui li poteva uccidere con facilità
con un colpo solo”, ha ricordato Badridze.
Ma gli uomini sono piùferoci?
Badridze restò fedele ai suoi amici carnivori. Anche il loro linguaggio, fatto di ululati e latrati gli è ancora familiare. Dopo che la famiglia con cui aveva vissuto venne uccisa, diversi anni dopo, in sua assenza, continuò a lavorare con i lupi per decine di anni, nel tentativo di ripopolare la Georgia con la loro specie.
Salvava i
cuccioli dai cacciatori, li allevava in cattività, insegnava loro come vivere
nella natura e poi li liberava. In totale, ne ha cresciuti 22, ma forse la cosa
migliore che fece per loro (e che continua a fare) fu impegnarsi al massimo per
rendere le persone più sensibili alla vera natura dei lupi, rompendo
quell’immagine semi-mitologica di bestie avide e assetate di sangue.
“Credo
che siano gli uomini le creature più violente. Solo loro si divertono quando
commettono atti di violenza. Per le altre specie aggredire è uguale ad avere
paura: sono le persone che proiettano le loro caratteristiche peggiori sugli
animali”, spiega.
su Jason Badridze e le sue famiglie di lupi anche su Internazionale un articolo di Liza Tezneva
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