sabato 30 aprile 2022

Il ripescaggio della Nazionale campione di diritti umani - Alessandro Ghebreigziabiher

 

Cari amici pallonari,
calciofili di professione, tifosi della prima ora o affezionati fan di vecchia data della rotolante sfera, auspicabilmente all’interno della porta avversaria.
Sono qui a offrirvi una seppur dolce amara compensazione per il dolore e lo scorno dovuti all’ennesima mancata qualificazione alla fase finale del torneo planetario.
Dovete sapere che secondo un'indagine del Guardian i lavoratori migranti a basso salario in Qatar pare abbiano pagato circa 1,5 miliardi di dollari in tasse, forse sino a 2 miliardi, tra il 2011 e il 2020, malgrado sia del tutto illegale. Queste persone, le quali risultano provenienti in gran parte da Bangladesh e Nepal, costituiscono quasi un terzo della forza lavoro straniera del Qatar, circa due milioni, e in genere pagano tasse da mille sino a tremila dollari. Ciò significa che con stipendi medi di 275 dollari al mese sono costrette a lavorare per almeno un anno solo per pagare l’iniqua imposta di assunzione.
In molte occasioni gli immigrati hanno dovuto ottenere un prestito per pagare tale dazio e impossibilitati a restituirlo entro i termini si ritrovano obbligati a lavorare a tempo indeterminato, in una delle tante forme di schiavitù moderne oggigiorno tollerate.
Ciò nonostante, ogni anno centinaia di migliaia di persone, pur conoscendo tali rischi, partendo da situazioni addirittura peggiori e senza via di scampo, decidono di imbarcarsi in tale orribile viaggio verso lo sfruttamento o perfino la morte.
Difatti, secondo un recente rapporto sui lavoratori immigrati schiavizzati nei paesi del Golfo, tra cui lo stesso Qatar, si legge che ne muoiono ogni anno sino a diecimila. Il più delle volte i motivi dei decessi vengono archiviati come cause naturali arresto cardiaco, ma la realtà confermata dalla relazione ci racconta di persone esposte quotidianamente a un’enorme quantità di rischi, tra cui calore e umidità, inquinamento atmosferico, superlavoro e condizioni di lavoro abusive, cattive pratiche di salute e mancata sicurezza sul lavoro, stress psicosociale e ipertensione.
Ebbene, si dà il caso che la maggior parte di questi lavoratori, tra i più poveri al mondo, siano stati impiegati nelle sopra citate, disumane condizioni insieme ad altri cittadini dell’Asia meridionale e africani, nella costruzione degli impianti e delle strutture che ospiteranno i prossimi mondiali di calcio tra novembre e dicembre 2022.
Indi per cui, essendo noi altri stati esclusi come nazione dal grande spettacolo calcistico costruito letteralmente sulla sofferenza e il sangue della gente più povera al mondo, per una volta possiamo considerarci relativamente innocenti.
Per tale ragione, do per scontato che la notizia di un possibile nostro ripescaggio ai danni dell’Iran – valutata a posteriori e consapevoli di codesto scandalo – dovrebbe trovarci indifferenti.
Ma che dico?
Fieri fermi nel rimandare al mittente ogni nostro possibile reinserimento nella competizione.
Anzi, nel qual caso potrebbe addirittura trasformarsi in una favorevole occasione per far luce sull’orrendo sfruttamento di cui sopra.
Già mi immagino i giornali di tutto il mondo dopo la conferenza stampa dei dirigenti della federazione: la nazionale italiana di calcio rifiuta ufficialmente il posto lasciato vacante dagli iraniani per sensibilizzare l’opinione pubblica internazionale sulle disumane condizioni di lavoro dei cittadini immigrati in Qatar e in tutto il Golfo.
Caspita, in un possibile scenario del genere mi viene da pregare, più che sperare, che l’Iran o chi per lui vengano estromessi a nostro favore

da qui

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