IN FRAUDANTES MACHINAE AD
RENOVATIONEM (ET
MERCENARIOS EARUM PRAEDATORES) - Fabrizio Quaranta
Seguo
la questione rinnovabili da diversi anni. Di giornalisti e
intellettuali che hanno intuito l’imbroglio millantato di verde e
coraggiosamente puntato il dito verso questa deriva speculativa c’era Carlo
Petrini di slow food e Gian Antonio Stella che scrive sul Corriere. Un po’ ne ha
scritto anche Antonello Caporale. E c’era anche un Mauro Pirani già anziano che
lanciava l’allarme. La lucida, documentata e controcorrente denuncia di Sgarbi.
Ma poi il vuoto totale. Su alcuni giornali, ahimè soprattutto locali, ogni
tanto qualche coraggioso cronista cerca di attenzionare la sporadica verità
sull’impudico e violento assalto saccheggiatore, ma poi ci sono potenti lobby
che sovrastano tutto con la forza dei media e del denaro e si scrive e
trasmette quello che del resto lettori e telespettatori obnubilati da anni di
ossessiva propaganda vogliono quietamente sentirsi dire.
Quando si
lanciò in grande stile il piano green new deal c’era chi gioiva in buona fede
forse e chi piangeva perché sapeva dove mettevano soldi e dove si andava a
finire. La speculazione con folle incentivi a miliardi e miliardi dati per
venti e più anni hanno drogato il mercato e spostato gli investimenti verso
questi settori.
Poi arriva
la spinta della guerra, si chiude con l’economico gas russo e si punta tutto
sull’elettrico e al culto religioso, dogmatico diktat politicamente corretto
delle “zero emissioni”. Ora quasi tutti i media controllati da pochi
fondi proprietari, accentratori di interessi forti, spingono sui settori più
speculativi e promettenti… Farmaci, armi, e, soprattutto, industria delle
rinnovabili. Gli armamenti comunque vanno a fossili. Compreso aerei e navi sia
civili che industriali, ma questo è un dettaglio da miscredenti che non deve
rovinare le acquisite certezze confessionali.
Sarebbe
allora, una buona volta, invece che la grande stampa e i media la
smettessero con poco dignitose sviolinate alla speculazione energetica
rinnovabilista e al loro ancor meno degno codazzo sodale.
Malgrado
deboli paraventi, siamo infatti davanti a multinazionali avide di oltre
400 mld di incentivi pubblici all’arrembaggio dei territori, per il più
grande assalto ambientale della Storia italiana mascherato di “verde”, da
troppo tempo ormai supportato vergognosamente da media e politica con
un’ossessiva, suadente quanto falsa propaganda persuasiva e manipolatrice.
L’assalto
saccheggiatrice della speculazione energetica multinazionale: la più
grande tragedia ambientale della Storia italiana, ipocritamente
mascherata di verde: antiscientifico, prezzolato e falso alibi di impossibile
mitigazione locale di cambiamenti climatici globali.
Le
multinazionali della speculazione energetica, spesso le stesse società col core
business nel vituperato “fossile”, stanno infatti massacrando l’Italia più
bella, millantando come falsissimo alibi, ridicole riduzioni di CO2
climalteranti locali, del tutto ininfluenti sui cambiamenti
climatici globali.
Nel solo
anno 2023 la Cina ha infatti emesso 16 000 milioni di tonnellate di CO2
equivalente (in sistematica crescita dal 1990, + 411%), il
30% delle emissioni globali mondiali. Elevatissimi e in crescita anche gli
apporti di India e altri Paesi cd BRICS, con la vittimistica narrazione del
riscatto dal perfido Occidente (la cui economia suicida a rinnovabili stanno
seppellendo appunto con l’economico carbone). L’Italia ha emesso 374
milioni di CO2 (in drastica diminuzione dal 1990, – 27%), appunto
uno striminzito 0,71% totale delle emissioni globali mondiali
(tra l’altro per il 44% imputabile a usi termici, il 34% ai trasporti e SOLO
IL 22% alla produzione di energia elettrica).
Quindi se
azzerassimo utopicamente le emissioni da produzione elettrica
distruggendo completamente e irreversibilmente il nostro patrimonio
agronaturale e storico-culturale con dilaganti impianti industriali rinnovabili
ridurremmo di un ridicolo, infinitesimale e quindi assolutamente
inutile 0.15% (=0.71 × 0.22) le nostre emissioni, senza nessunissimo
effetto sui cambiamenti climatici come invece sbandiera il falso alibi
dei saccheggiatori tinti di fintoverde.
Del
resto MEZZA ITALIA È GIÀ MASSACRATA DA ANNI DA QUESTA MONNEZZA che
aumenta e dilaga inesorabile e ha già compromesso buona parte delpiù
fragile Sud (1700 pale già feriscono a morte l’ex provincia granaria
di Foggia), indifeso e più esposto alla criminalità, per poi
rimandare la corrente al Nord energivoro con ulteriori lievitazioni dei
costi. MA, malgrado questo già grande sacrificio, NESSUN MIGLIORAMENTO
C’È STATO NELLE DINAMICHE CLIMATICHE, anzi…
Anzi…l’International
Energy Agency (IEA), nel World Energy Outlook del 2023, sottolinea come il
governo cinese preveda di arrivare al picco delle emissioni nel 2030, per cui
non possiamo che prevedere ulteriori folli aumenti delle emissioni cinesi di
CO2. Ma è allora qui che andrebbero ridotte le enormi emissioni climalteranti,
responsabili dei cambiamenti climatici globali, malgrado certe masochistiche
sviolinate dei media occidentali che assolvono il bravo Dragone per 4
specchietti fotovoltaici (per le allodole).
Ma la ben
orchestrata, suadente e falsa propaganda, reiterata ossessivamente, prova
a nascondere la tragica realtà: un massiccio consumo di suolo (che
ha raggiunto 20.000 ha, raddoppiato nell’ultimo anno) un massacro di
territori, natura, campi e boschi che si erano salvati da decenni di
selvaggia speculazione edilizia, ora nel mirino di cavallette impazzite
attratte dall’odore di giganteschi, inauditi incentivi pubblici poi scaricati
sulle nostre bollette: almeno 400 miliardi € dal 2010 al 2030,
pari al 13% del debito pubblico italiano e 20 manovre finanziarie lacrime
e sangue, altro che gli squallidi falsi slogan “abbasseremo le
bollette”.
Queste
tecnologie infatti
·
non sono in grado di autofinanziarsi,
·
non
garantiscono la costanza dei flussi di corrente,
·
sono
fortemente inquinanti,
·
fanno
impennare il costo dell’energia con danno diffuso tra famiglie e imprese,
·
fanno
esplodere il debito pubblico
·
per riempire
le tasche di pochi e privilegiati imprenditori che amano fare impresa
senza rischio di impresa (tanto cmq paga Pantalone).
·
L’Italia è
un paese tra i più densamente abitati nell’Unione Europea e nel contempo
presenta valori di ventosità poco interessanti per questa
tecnologia. Pur essendo il quinto paese d’Europa per potenza eolica installata,
l’Italia risulta essere ultima in Europa per produttività degli stessi
impianti.
Negli ultimi
25 anni, l’Italia ha assistito a un’espansione massiccia e
incontrollata delle fonti rinnovabili elettriche intermittenti –
eolico e fotovoltaico – con un impatto devastante su territorio, paesaggio e
coesione sociale. Circa 44 GW di potenza installata si concentrano oggi
in poche regioni, quelle con il più alto valore paesaggistico e agricolo
come Sardegna, Sicilia, Puglia, Basilicata e Toscana.
Questa
espansione è avvenuta senza alcuna pianificazione, in assenza di
strumenti di coordinamento tra Stato e Regioni, e spesso tramite decreti-legge
ad hoc, approvati in tempi rapidissimi, che hanno introdotto semplificazioni
procedurali estreme. Mentre i meccanismi di tutela previsti dalla legge
come la pianificazione paesaggistica o la Valutazione Ambientale Strategica
sono stati sistematicamente rinviati o svuotati di efficacia, la
normativa di protezione del paesaggio, della biodiversità e del suolo è stata
di fatto smantellata. Il risultato è che oggi, in Italia, ottenere
autorizzazioni per attività industriali tradizionali è spesso difficile, ma per
impianti eolici o fotovoltaici i permessi sono estremamente facilitati,
fino a prevedere addirittura l’esproprio dei terreni.
A fronte di
questa accelerazione forzata e quindi antidemocratica, i risultati in
termini energetici e climatici sono stati fallimentari. L’Italia continua a
dipendere per circa l’80% da fonti fossili per i suoi consumi energetici
totali, e nel 2023 solo il 4% dei consumi finali di energia nazionali è
stato coperto da eolico e fotovoltaico.
Malgrado
la forte crisi agricola italiana, con carenza per quasi tutte le
materie prime alimentari (ci manca oltre il 60% di grano e il 50% di mais e poi
praticamente tutte le altre) vengono occupati i migliori (e già
insufficienti) terreni pianeggianti fertili col fotovoltaico,
addirittura con procedure di esproprio coattivodi privati contro altri
privati, tra l’altro produttori di eccellenze agroalimentari: forse neanche
nel Basso Medioevo!
Un LAND
GRABBING de’ noantri che evidentemente non merita
l’attenzione delle trasmissioni tivvì che invece prosperano di scandali.
Una volta
l’agricoltura godeva di sovvenzioni per tirare avanti ed evitare
tragici abbandoni a cascata. Poi la Ue decise che non si possono dare aiuti
di Stato.
Gli
agricoltori in agonia per la globalizzazione dei mercati, cedono i terreni e
per necessità si arriva purtroppo a svendere o chiudere.
Poi non
manca pure l’ignoranza e la cupidigia che porta a fregarsene e
essere contenti di qualche effimera elemosina di centinaia di euro di fronte a
irreversibili saccheggi e predazione di storie millenarie ridotte a bottino
elettrico da fonti rinnovabili.
Colate
di migliaia di tonnellate di cemento (ca 5000 t, inamovibili
per ogni plinto) minano, offendono e deturpano irreversibilmente fertili campi
agricoli e intonsi crinali montani, per innalzare grattacieli eolici di 200m che svettano
e rumoreggiano a centinaia di km/h anche vicino ad abitazioni e testimonianze
identitarie della nostra storia, cultura e bellezza, facendo strage di insetti
pronubi e avifauna utile agli equilibri biologici
Studi e
ricerche di importanti istituti scientifici (tenuti nascosti) provano danni
irreversibili su esseri umani, flora e fauna terrestre/marina:
·
Disboscamenti e creazione di enormi strade dove c’erano piccoli sentieri per
camminatori e ciclovie
·
Innesco di vecchie e nuove frane su crinali già a rischio idrogeologico
·
Incremento di formazione delle cd. “bombe d’acqua” in cresta, prodotte principalmente per la
presenza degli altissimi aerogeneratori che riducono drasticamente la velocità
di transito della perturbazione in corrispondenza della cresta, favorendo così
la concentrazione di pioggia, forte ruscellamento, erosione e disastrose
alluvioni a valle.
·
Cementificazione di suoli naturali o agricoli (5000 tonn di cemento; 200
di acciaio per ogni aerogeneratore)
·
Rischio innesco incendio dagli stessi aerogeneratori e/o ostacolo allo
spegnimento di boschi e colture agrarie con mezzi aerei.
·
Rischio gravi danni da caduta dei tralicci o delle pale per rotture meccaniche
·
Ingenti
quantità di lubrificanti sintetici derivati del petrolio
(oltre 300 litri per turbina, da rinnovare periodicamente), altamente
infiammabili e di difficile gestione in caso di incendio.
·
150kg e più
di microplastiche eterne PFAS rilasciate da ogni singola pala
all’anno, entrano nei polmoni, sangue e cervello;
·
vibrazioni in aria e terra ed infrasuoni che generano la sindrome da pala eolica su persone
ed animali: stress su sistema nervoso, vascolare, linfatico e cellulare,
ipossia e radicali liberi. Diversi animali non fecondano più le uova.
·
Persone ed
animali abbandonano luoghi vicini all’eolico
·
con
documentata svalutazione degli immobili.
·
Grave e irreversibile
danno alle economie legate al turismo lento, oggi così importante
per la sopravvivenza delle filiere produttive della maggior parte dei territori
rurali interni italiani
·
Rilascio
di metalli velenosi da eolico offshore: alluminio, zinco,
indio, bario e cromo trovati nei molluschi.
·
Strage di avifauna rara e (teoricamente) protetta e insetti pronubi indispensabili al
ciclo biologico di varie specie agrarie.
Ci sarebbe
poi da discutere sul ripristino dei siti a fine vita dell’impianto:
·
intanto vedere
se è prevista una data precisa o solo un termine indicativo (i
progetti indicano magari 25/30, occorre leggere sulle varie autorizzazioni).
·
Viene
richiesta una fideiussione a garanzia di questi lavori oppure
sono semplici garanzie “a parole”?
·
Fisicamente non è poi possibile un vero ripristino delle stesse condizioni
preesistenti, dei grossi blocchi delle fondamenta raschieranno forse un metro?
·
Il suolo fertile si concentra nei primi cm di profondità del terreno e una volta persi
microorganismi e sostanza organica non è che basta un po’ di terreno di
riporto (preso dove?) per ottenere nuovamente un terreno fertile
idoneo all’agricoltura. Il terreno è frutto di un lento processo di
degradazione della roccia madre, se al posto di essa c’è un monolite di cemento
armato cosa si deve degradare?
·
Le vitali e
imprescindibili funzioni di fertilità e filtraggio delle acque sono
gravemente compromesse da queste impattanti opere gigantesche e inutili che
spesso intaccano anche le falde profonde
·
Con il
fotovoltaico a terra (e la sua ipocrita versione aggiraregole
dell’agrivoltaico) il terreno, presto abbandonato della sua finta funzionalità
agraria, diventa ”superficie artificiale” e dopo si può fare tutto
su un terreno “superficie artificiale”. Discariche, impianti, capannoni ecc. Il
colpevole andrebbe denunciato per danno erariale.
In Italia
per accaparrarsi questi soldi pubblici si accavallano freneticamente le
istanze per nuovi impianti: in tutto il territorio nazionale le istanze di
connessione di nuovi impianti presentate a Terna s.p.a. (gestore della rete
elettrica nazionale) al 31 luglio 2025 risultano complessivamente ben
6.133 (SEIMILACENTOTRENTATRE!!! 17 al giorno, oltre 300 per Regione,
ma oltre 1000 in alcune meno fortunate de Sud) pari a 336,11 GW di
potenza, oltre 4 volte l’obiettivo di 80, imposto dal Green
Deal europeo (in effetti ben 6 volte alla data di oggi, visto che sono stati
già installati oltre 20 GW e che quindi ne servirebbero meno di 60)
Le 6133
richieste di saccheggio del territorio sono suddivise in
·
3.912
richieste di impianti di produzione energetica da fonte solare per
155 GW (45%),
·
2.063
richieste di impianti di produzione energetica da fonte eolica a terra per
110 GW (32%),
·
117
richieste di impianti di produzione energetica da fonte eolica a
mare per 78 GW (22%).
Questa overdose di
energia provocata da fonti intermittenti e inaffidabili viene e verrà pagata profumatamente
anche se costretti a non usarla nei tanti e crescenti momenti di sovraccarico,
con crescenti spese di adeguamenti infrastrutturali, nuove centrali a gas come
riserva strategica e comunque rischi di catastrofici black out come successo in
Spagna.
Anche se
qualcuno gongola, nonostante in Europa la potenza installata di pale e
pannelli sia superiore al nucleare, le rinnovabili poi producono molto, ma
molto meno elettricità e la producono tutta insieme, quando spesso si
accavallano e non serve. Infatti non sostituiscono le centrali
tradizionali ma le affiancano perché quando il sole e il vento non
ci sono, bisogna ricorrere a gas e carbone ….E allora quanto territorio è stato
invano sacrificato per un risultato modesto, di scarsa efficacia seppur di
falsa propaganda
Il
reiterarsi da anni di articoli giornalistici sedicenti democratici e
progressisti e “indignate” trasmissioni di inchiesta a favore
dell'”inevitabile” assalto speculativo delle multinazionali per il nostro (???)
bene è malinconico segno dei tempi e della deriva della democrazia popolare che
fu sinceramente ambientalista: ricordano le vecchie veline dei giornali
della destra palazzinara che negli ultimi 70 anni ha cementificato e
massacrato impunemente gran parte delle campagne e dei sobborghi delle già
armoniche città ereditate da secoli rendendole in pochi anni inguardabili e
invivibili, malgrado la beffa dei nomi bucolici delle oscene lottizzazioni, un
po’ come il tanto ossessivo quanto falso millantare di verde il saccheggio di
territori in corso da parte della speculazione energetica.
Ora quel che
poco che si è salvato di agronaturale, quello struggente paesaggio
storico culturale che ancora permea la nostra identità e
permette filiere agroalimentari di eccellenza e quindi turismo di
qualità e freno allo spopolamento delle aree interne, si vuol definitivamente
degradare e banalizzare a ennesime sordide periferie industriali facendo
posto a giganteschi impianti eolici e fotovoltaici tanto ”cari” al lucro
insaziabile della selvaggia speculazione energetica multinazionale.
Ed è palese
che tutto questo nulla ha a che fare con l’eventuale produzione di corrente
pulita o calcoli di costi/benefici ambientali ecc.
Queste
imprese energetiche guadagnano nel mettere a terra gli impianti, consumando
suolo e massacrando paesaggio e ogni filiera agroturistica, e del resto (e
tanto più il disco rotto dei cambiamenti climatici usato come penoso alibi) non
frega niente a nessuno. Fra qualche anno succederà come per i capannoni
degli anni ‘70 che in breve tempo (prendi i soldi e scappa) furono
abbandonati e rimasero per lo più vuoti e fatiscenti in appezzamenti brulli e sporchi:
un triste quadro che ricorre e svilisce tutta l’Italia. Come per le aree
industriali negli anni ’70, le aree a servizi negli anni ’80, le aree
commerciali negli anni ’90, le aree per la logistica negli anni 2000, con il
nuovo escamotage dell’agrivoltaico si aggirano le regole di tutela
della terra agricola e si tornano a consumare fertili pianure per la produzione
di cibo. Un enorme cavallo di troia pieno di grossi
capitali, per lo più soldi nostri, delle nostre bollette o della fiscalità
generale, che rovineranno addosso al “fattore terra”, compromettendo per sempre
terreni vergini. Non è infatti MAI successo per le precedenti ondate
speculative, che si riuscisse a ripristinare l’uso agricolo di questi terreni
selvaggiamente consumati e degradati. Per lo più giacciono
abbandonati come squallide periferie industriali e vengono scientemente
ignorati dall’ondata speculativa successiva che invece si rivolge a nuovi
superstiti terreni agricoli intonsi come nuove vergini da stuprare.
Non è allora
un caso il comune sentire della subdola delegittimazione contro le
Soprintendenze, tra le poche efficaci e meritorie Istituzioni pubbliche a
fronteggiare vecchi e nuovi barbari predatori di territori.
Una
gran mole di impianti industriali spacciati con ipocrita e falso
termine manipolatore di “parchi” impattano e impatteranno sempre più
sui territori migliori rimasti, con investimenti colossali ma senza
rischio d’impresa perchè garantiti da altrettanti colossali incentivi
di centinaia di miliardi che paghiamo con le ns bollette e la fiscalità
generale (altro che la clamorosa e falsa bufala propagandista sulle “rinnovabili
che abbassano le bollette”).
Invano Comuni,
Regioni, Enti di tutela, agricoltori, cittadini residenti o meno, amanti della
natura, della cultura e del paesaggio, bollati con arrogante ignoranza
provocatoria come NIMBY, si oppongono a questo ben orchestrato
aggiramento delle norme che tutelano i territori.
Ma se certe
sedicenti altezzose élite intellettualoidi, in scia e protette dal pensiero
unico rassicurante si sentono talmente supponenti da rieducare il
“popolo che non capisce” e indurlo a rassegnarsi che dovranno
vivere nella schifezza industriale perchè (ipse dixit?) il
paesaggio inesorabilmente” cambia nel tempo”, resta il fatto
che alle tutto sommato limitate schifezze che offendono oggi la naturalità e il
paesaggio rurale dei luoghi sopravvissuti a vecchi assalti (un tempo
unanimemente combattuti), ora se ne aggiungerebbero tante altre, ma stavolta
enormi, diffuse e irreversibilmente esiziali.
E comunque
un vecchio reato non ne giustifica uno nuovo ben peggiore. Aver
rubato caramelle nel passato, non autorizza oggi un omicidio, anzi una strage
di vivibilità.
Del tutto
forzato e stridente risulta comparare turbine alte 200 metri
posizionate sulle creste dei crinali rispetto ai (pochi e distanti) tralicci
dell’alta tensione che, nelle aree collinari, non superano i 15-20
metri: a differenza di quest’ultimi, una turbina eolica di grandi dimensioni
come quelle previste in Appennino è nettamente visibile a decine di chilometri
di distanza in un raggio di pari dimensione.
Almeno
i giornali con presunzione democratica scevra da forti condizionamenti
economici non si accodino alla incessante propaganda mediatica della
speculazione energetica nella sua tragicomica vulgata per cui installare in
zone di pregio ambientale come gli Appennini o nelle aree agricole dell’indifeso
Sud, dell’amata Sardegna, dell’Italia più bella e sana, decine di pale
eoliche di dimensioni pari ai più imponenti grattacieli italiani non è altro
che il naturale proseguimento della “ congenita antropizzazione del
territorio”, stucchevole argomento dei nuovi salotti bene indottrinati,
quando invece si tratterebbe di una deturpazione paesaggistica di proporzioni
tali da ritenersi senza precedenti nella storia dell’uomo, per dimensioni e
tempi di attuazione, in quanto non sedimentata in centinaia d’anni come le
modificazioni del paesaggio del passato.
La pur
necessaria decarbonizzazione e una efficace transAzione energetica
verso le rinnovabili non obbliga però lo Stato, gli enti locali e i cittadini
italiani a essere pressati e minacciati dagli studi legali delle
multinazionali dell’energia per realizzare “urgentemente” grandi e
impattanti impianti FER, con addirittura espropri di privati verso altri
privati, mai visto nella Storia italiana, alla faccia della tanto
sbandierata Costituzione (in particolare nei suoi artt. 9, 41
e 43).
La
stessa produzione di energia pulita generata da impattanti installazioni di
tipo industriale può essere del resto agevolmente raggiunta, come
dichiarato dagli ultimi rapporti ISPRA (ente scientifico pubblico di grande
spessore ancora a schiena dritta) attraverso la collocazione dei pannelli
fotovoltaici sui tetti delle zone residenziali non tutelate, commerciali,
industriali per non parlare degli enormi spazi della invadente
logistica. Solo una parte dei tantissimi tetti civili e dei
capannoni industriali già disponibili potrebbero fornire da subito 100.000
ha di superficie (ISPRA-Report Consumo di suolo, dinamiche
territoriali e servizi ecosistemici. Edizione 2023, Report n. 37/202), permettendo
di installare una potenza tra 70 e 90 GW e quindi centrando
facilmente il target di 80 previsto per il 2030 (che con i 19 aggiunti nel 2024
in effetti è ora già sceso a 61 GW). Costi e tempi di realizzazione
oltretutto sarebbero ridotti, visto che queste strutture, rispetto ai terreni
agricoli, sarebbero già meglio attrezzate per ospitare un impianto. Se poi si
aggiungono anche strutture pubbliche, parcheggi, aree oggetto di
bonifica, cave e miniere dismesse, strutture ferroviarie e comunque le immense
aree già consumate, impermeabilizzate e spesso fatiscenti, si
potrebbero avere a disposizione altri 800 000 ettari di superfici
piane!!!(monitoraggio ISPRA) che sarebbero più che sufficienti per
raggiungere tutti gli obiettivi ambientali e di domanda energetica al 2050 e
oltre senza intaccare il prezioso e sempre più raro suolo agricolo (Ecoscienza
2023 – 2, anno XIV pagine 24-25. GLI SPAZI PER IL FOTOVOLTAICO ALTERNATIVI
AL SUOLO a cura di Pasquale Dichicco, Ines Marinosci, Michele Munafò- ISPRA).
Tra l’altro, oltre alle rinnovabili, si incentiverebbe anche il restauro
conservativo ed estetico di migliaia di immobili che spesso precludono
la vivibilità delle periferie urbane senza invece creare ulteriori nuove
mostruosità. E quindi nuove immense squallide periferie industriali.
Su queste le
aziende potrebbero avere pure crediti d’imposta, anziché scialare
con folli incentivi che finiscono ora ai fondi esteri. E poi sulle tante aree
degradate, sulle centinaia di chilometri quadrati di superfici già
impermeabilizzate e consumate presenti in Italia, dunque senza arrecare
ulteriori danni alle poche aree ancora incontaminate del Paese.
E poi non si
può non parlare della truffa dell’agrivoltaico,
nel ben
tracciato solco della ipocrita furbizia italiana aggiraregole,
quelle regole che seppur tardivamente solo da poco tempo hanno impedito
finalmente il tombamento diretto della fertilità dei migliori terreni di
pianura, ma che ora si vogliono bypassare sollevando un poco da terra i lugubri
paramenti funebri con la falsa lusinga che possa continuare l’attività
agricola. Ma invece con la riduzione della radiazione solare si hanno
comunque inevitabili contrazioni della fotosintesi e
quindi perdite produttive e qualitative per le poche colture
agrarie artificiosamente messe a dimora come paravento per giustificare il
core-business delle multinazionali energetiche.
Solo uno dei
tanti capitoli del consueto assalto lucrativo al territorio.
Ulteriore
drammatico e irresponsabile consumo di suolo e dei suoi ineludibili
servizi ecosistemici, in primis proprio lo stoccaggio di immensi quantitativi
di CO2, con disfacimento del paesaggio e della superstite ruralità dei
territori.
Il fotovoltaico
e l’agrivoltaico consumano suolo agricolo, distruggono anch’essi i paesaggi e
soprattutto provocano impennate dei prezzi dei terreni agricoli
rendendo la terra inaccessibile agli ultimi agricoltori rimanenti o ai
giovani che con coraggio persistono nel voler vivere in campagna per
far vivere le campagne.
Ovviamente
le società energetiche privilegiano terreni di pianura perché più
comodi da infrastrutturare. Il paradosso è che si tratta quasi sempre della
risorsa collettiva più scarsa: i mortiferi progetti si abbattono infatti
sui terreni più fertili, spesso utilizzati con criteri etici ed ecologici da
piccoli produttori che consapevolmente ne preservano i servizi ecosistemici, in
una realtà geografica con la fisionomia complessiva di una catena montuosa
immersa nel Mediterraneo. L’Italia ha perso il 30% delle sue terre coltivate
in 25 anni e importa il 60% del suo grano e di praticamente tutte le materie
prime. La sovranità alimentare non è mai stata così lontana.
Una
diffusione massiva del fotovoltaico nell’edilizia residenziale con le Comunità
Energetiche Rinnovabili invece consentirebbe, tra l’altro, una gestione
diretta della produzione elettrica da parte dei cittadini e finalmente un vero
risparmio in bolletta, riducendo sensibilmente i costi elevati ma poco chiari
di dispacciamento e migrazione dell’energia, oltre a garantire (queste si, non
le bufale delle multinazionali) decine di migliaia di posti di lavoro a medie e
piccole imprese per l’installazione capillare degli impianti.
È notoriamente
infinitesimale e del tutto inutile l’incidenza di questi pur enormi impianti
industriali sulla riduzione delle emissioni globali mondiali che sono generate
invece dai vecchi e nuovi capitalismi (USA vs Cina e India): con
gli impianti energetici industriali italiani non si salva di certo il pianeta
come invece incalza ossessiva una falsa retorica di parte.
Ridurre la
nostra già microscopica percentuale (0.15%) di CO2 climalterante farebbe un
baffo ai cambiamenti climatici globali, mentre si annienterebbe in maniera
irreversibile una delle poche ricchezze che ancora rimangono all’Italia e al
mondo: la storia, la cultura, l’identità del paesaggio italiano, non
solo patrimonio nazionale, ma dell’intera umanità.
Fermiamo
finche’ siamo in tempo il più grande e lucroso scempio ambientale della Storia
italiana impudicamente mascherato di finto verde.
Un patrimonio
culturale, agricolo e ambientale ricco e famoso nel mondo non merita
certo di essere sottoposto all’irreversibile degrado elargito da infrastrutture
ingombranti e di enorme e irreversibile impatto su ecosistemi, biodiversità,
paesaggi, economie e identità locali: per questo le comunità che si vedono
imporre tali opere sono scosse da crescenti tensioni e conflitti sociali.
Un attacco
mortale, in grado
di azzerare la GRANDE BELLEZZA superstite e le correlate attività
agroturistiche, ma ancor di più di azzerare il futuro delle
aree interne “colpevoli” di essere le più incontaminate e indifese. A meno che
non si tratti di un futuro di abbandono, nel quale si aprono ghiotte
occasioni per speculatori di ogni tipo: le valli più interne, dall’aspetto
“verginale”, si prestano bene ad ospitare le cose più immonde e le speculazioni
più inconfessabili. Del resto, è negli intendimenti del Governo abbandonare le
aree interne ad una “fine dignitosa” (qualunque cosa voglia dire).
BASTA
SCEMPI, TETTI E AREE DISMESSE BASTANO
ce lo dice
vanamente da anni ISPRA, istituto scientifico pubblico tra i più
seri e affidabili, e le stesse ferree (grida manzoniane?) premesse e disposizioni
dei documenti europei sulla idonea dislocazione delle
rinnovabili recepiti in Italia, ma invece si continua impunemente a consumare
prezioso e raro suolo vergine, comodo e lucroso per la speculazione, tragico
per tutti noi.
Non so
proprio come ne usciremo da questo immenso barbarico bottino di
territori.
Intanto
resistiamo alle prediche indecorose dei falsi profeti e uniamo le forze dal
basso.
La sacra
terra non è Res Nullius da tombare irreversibilmente per
lucri privati.
Questa
TransAzione si può fare e si faccia sulle tante aree già compromesse e
consumate, ma si risparmi quel che resta del suolo e dei paesaggi unici che
tutto il mondo ci invidia.
da qui