Io sono un uomo semplice e, ahimè, di mestiere mi occupo di filosofia. Le due cose messe insieme mi giustificano rispetto al fatto che quando devo pensare all’Occidente, mi torna in mente banalmente Socrate. Potrei citarne mille altri ovviamente. Ma Socrate reca con sé un privilegio, che è quello di una ragione che si occupa di pensare se stessa e, proprio per questo, riconosce i propri limiti. “Io so di non sapere” è la formula perfetta che ha permesso alla storia dell’Occidente di non identificarsi con l’infinita sequela di guerre, dominazioni, stragi, genocidi, sopraffazioni nei confronti dell’altro da sé che essa contiene. Che ci ha salvato da noi stessi in fondo, permettendoci di riconoscere le nostre debolezze e persino di riformarle – in epoche passate – o di denunciarle o contestarle pubblicamente, in epoche recente.
Non sto
dicendo nulla di particolarmente intelligente, anzi più propriamente sto solo
introducendo un argomento scontato. Ma è proprio questo il punto più
inquietante. Non tanto il contenuto di ciò che sta accadendo, quanto il
fatto stesso che stia accadendo: come è infatti possibile che cose
che abbiamo per decenni date per scontate sono adesso non solo ignorate ma
anche derise e se possibile contraffatte persino sui maggiori quotidiani del
Paese? È questa la domanda che mi è sovvenuta quando, nei giorni
scorsi, ho letto un editoriale di Ernesto Galli della Loggia sul Corriere
della Sera. Ritornerò su quell’articolo, in cui si difende
addirittura “la supremazia dell’Occidente” contro l’utopismo di quelli che lo
criticano. Ma intanto vale la pena aggiungere una piccola nota di metodo
storico. Quell’editoriale è del 3 maggio. Due settimane prima Meloni aveva
omaggiato Trump e l’impianto teorico del suo intervento mi aveva da subito
insospettito. La sua insistenza proprio su questo comune denominatore che
andava difeso: l’Occidente, appunto. Non è difficile supporre che quell’uso
pubblico della categoria di Occidente da parte della nostra Presidente del
Consiglio abbia per così dire “chiamato alle armi” tutti gli intellettuali di
regime. L’Occidente – categoria recente, eppure ormai vetusta e
probabilmente inservibile – è diventato il nuovo “significante vuoto”
dell’ideologia dei dominanti.
Qualcuno
potrebbe obiettarmi da subito: la categoria di Occidente ha sempre avuto questa
funzione, è stata sempre al servizio dell’ideologia dei dominanti. Io credo che
sia vero in parte, proprio perché nell’Occidente convivono più o meno
pacificamente Galli della Loggia e Socrate. L’Occidente è la storia
delle sue infinite ombre – le abbiamo velocemente ricordate prima – ed è anche
la storia di chi ha riconosciuto tali ombre come “ombre”. C’è stato un
istante, uno spazio di rottura, in cui la storia delle crociate non è stata più
raccontata con orgoglio, ma con vergogna. La stessa cosa è accaduta con
l’inquisizione, con l’imperialismo, con il colonialismo, con i fascismi e i
totalitarismi che hanno attecchito nel seno dell’Occidente e hanno portato in
dote le guerre mondiali. Ma anche col patriarcato e con lo schiavismo.
Basterebbe questo per riconoscere che se ancora quella categoria può servire, può
servire per il disincanto che rivolge a se stessa, non certo per la trionfante
rivendicazione della sua supremazia. Ma ripeto, tutto questo è banalissimo e
sono davvero perplesso a dover ricordare cose che per la mia generazione erano
ormai date per scontate. Nessuno si sarebbe sognato di rivendicare la
supremazia dell’Occidente alzando con orgoglio il vessillo delle sue ombre e
delle infinite sofferenze inflitte. Certo, c’era l’ultima Oriana Fallaci e
il tracotante Giuliano Ferrara. Ma insomma, non riuscivano a scalfire delle
verità che la storia sembrava aver accertato e messo in sicurezza.
Perché
dunque Galli della Loggia e Meloni e Trump e tanti altri decidono di tornare
indietro e riarmare l’Occidente contro gli altri proprio adesso? Il riferimento puntuale
all’oggi è determinante, perché nel suo articolo Galli della Loggia rivendica
un’idea di superiorità dell’Occidente che è legata fondamentalmente alla sua
capacità di riconoscere e ascoltare il diverso in quanto tale. A supporto di
questa tesi, si cita un celebre passo di Erodoto: «Ogni anno mandiamo
le nostre navi, rischiando le nostre vite e spendendo molto denaro, fin sulle
coste dell’Africa per chiedere: Chi siete? Quali sono le vostre leggi? Qual
è la vostra lingua? Loro non hanno mai mandato una nave per chiedercelo». Una
frase piuttosto datata, ancora legata a un’opposizione tra noi e loro
che oggi ha poco motivo di esistere, se non altro perché la storia è
diventata globale e non solo parziale: non esistono più popoli ricchi di storia
e popoli senza storia che identifichiamo come barbari. Una banale evidenza
della storia, che è stata pacatamente ricordata da Marco Aime – un amico e
collaboratore di Volere la Luna – sulle pagine del Domani e
che ha fatto irritare non poco Galli della Loggia. Ma il punto è sempre lo
stesso: sono certo che Marco Aime converrà con me nel riconoscere che persino
il suo articolo – come il mio del resto – in un mondo normale non sarebbe stato
scritto: sarebbe stato una perdita di tempo ricordare cose che tutti davano per
scontate.
Invece la
supremazia dell’Occidente che viene rivendicata contro ogni evidenza della
storia e contro ogni pazienza socratica suona proprio in questi giorni come una
beffa. Le punte di diamante del “pianeta Occidente” non mi pare affatto che
stiano chiedendo chi sono a quelli che stanno perseguitando e genocidando. Non
ricordo foto di membri del governo Trump in ascolto dei messicani arrestati.
Invece ho memoria delle foto di messicani ammassati come delle bestie in gabbie
e che vengono esibiti come trofei dal governo americano. Non ricordo di
procedure d’accoglienza da parte della civile Italia che siano rispettose della
lingua degli altri. Ho memoria invece di deportazioni in luoghi di detenzione
di persone che non hanno commesso nessun reato, in barba a ogni garanzia di
diritti che dovrebbero essere il cuore della supremazia occidentale. Procedure
che non solo non vengono sanzionate, ma vengono rivendicate dall’Europa come
buone pratiche da estendere ulteriormente. Soprattutto, non mi pare che
il governo israeliano stia facendo domande di questo genere ai palestinesi di
Gaza che si accinge a deportare; almeno quelli che sono ancora vivi e non sono
stati sterminati senza pietà. Non volendo, la frase citata dimostra ciò che
si vuole negare contro ogni evidenza: se la supposta superiorità
dell’Occidente è data dalla sua capacità di dare la parola all’altro, a Gaza si
assiste al suo fallimento, non certo al suo trionfo. Mi pare che la vera
questione da porsi non è dunque la questione della supposta superiorità
dell’Occidente, ma della sua evidente dissoluzione. L’Occidente, questa
invenzione recente che ha preteso di eternarsi e che invece sta velocemente
suicidandosi. Concludo suggerendo due linee di riflessione ulteriore.
La prima è
che forse bisogna concedere a Galli della Loggia di avere un po’ di ragione. Se
cose che davamo per scontato non lo sono più, è perché stiamo
assistendo a una rinascita dell’Occidente. Non quello di Socrate, ma quello che
ha condannato a morte Socrate. Quell’Occidente la cui storia è stata per
millenni la storia del dominio della forza, non la storia della capacità di
provare vergogna. L’Occidente che ha provato a sostituire al primato
della forza quello dei diritti è durato molto poco, in effetti. In questo
poco tempo ha dimostrato di esser capace di auto-emendarsi, di sospendere il
vanto sulla propria supposta superiorità, di riconoscersi responsabile della
barbarie del colonialismo e dell’imperialismo, d’immaginare la guerra fuori
dalla politica, di relativizzare se stesso aprendosi alla pluralità delle
storie, di costruire progetti di democrazie che salvaguardassero l’uguaglianza
e la dignità di tutti gli esseri umani. Ma l’Occidente dei diritti è stata una
brevissima parentesi della sua storia, niente di più. La sua utopia concreta
non è più il cosmopolitismo kantiano, ma la riviera di Gaza che l’IA ha
bellamente immaginato per Trump e Netanyahu. Un’immagine falsa costruita
facendo violenza al mondo vero, riducendolo in macerie, cimiteri, deportazioni.
L’occidente che sta rinascendo è quello della pura forza, del puro dominio
brutale su quelli che considera “altri”.
La seconda
mi è venuta in mente osservando la disinvoltura con cui Trump intreccia affari
e accoglie senza pudore regali letteralmente mastodontici con il Qatar e con
tutte le dittature baciate dalla grazia del petrolio. Quasi quasi mi tocca
rimpiangere Renzi e chi mi conosce sa quanto questa considerazione possa
scatenare in me un’inguaribile fase di depressione: davvero il mondo è
impazzito. Se dovessi in un’immagine sintetizzare quanto sta accadendo, direi
che la storia dell’Occidente sta identificandosi sempre più con la
storia dei ricchi. Qualcuno tra i lettori dirà che non c’è nulla di nuovo
in tale identificazione. In realtà basterebbe – per fare solo un esempio –
leggere il bel libro di Guido Alfani (Come dèi tra uomini. Storia dei ricchi
in occidente, Laterza, 2025) per capire che le cose sono state molto più
complesse. I ricchi hanno sempre recitato parti importanti sulla scena
dell’Occidente, ma non vi è mai stata una totale identificazione. La storia
dell’Occidente è la storia dei potenti, ma tra potenti e ricchi c’è stata anche
diffidenza (pensiamo al medioevo, periodo in cui l’ostentazione della ricchezza
era sacrilega). La stessa cosa, ovviamente, si può dire della storia del
capitalismo. che è un capitolo della storia dell’Occidente, ma non è l’intero
suo libro. Il tentativo cui stiamo assistendo non è solo la rinascita di una
supremazia, ma anche il tentativo di strappare alcune pagine per ridurre la
storia dell’Occidente ad alcune sue parti. La storia dell’Occidente è diventata
niente di diverso dalla storia dei ricchi. È questo il suo futuro? È quasi
certo – a questo punto – che sia il futuro dell’Occidente. Ma in alcune
pagine strappate della sua storia qualcuno avrebbe ammonito: l’Occidente si
pensa come mondo ma non è il mondo. E se il futuro dell’Occidente è la
supremazia dei ricchi senza regole né leggi, non è affatto detto che questo sia
il futuro del mondo.