Sardegna tra propaganda di guerra e «dissenso debole» - Cristiano Sabino
La Sardegna,
da sempre terreno di sperimentazione militare e cavia silenziosa delle
politiche di guerra italiane e NATO, è oggi anche laboratorio di una nuova
forma di ingegneria ideologica: la propaganda umanitaria militarizzata. Con la
maxi-esercitazione Joint Stars 2025, le forze armate italiane – in
sinergia con il Comune di Cagliari e la Regione Sardegna – hanno costruito un
palinsesto propagandistico perfettamente allineato alle logiche del war-washing
pianificato lo scorso 19 marzo dalla Commissione Europea con la
pubblicazione del “Libro bianco per la difesa”, un documento di
indirizzo politico che riunisce le proposte per rafforzare e rilanciare in
grande stile l’industria bellica in Europa, nel contesto del noto piano
guerrafondaio “ReArm Europe/Readiness 2030”.
È da
leggersi sotto questo rispetto l’evento “Joint Stars for Charity” organizzato
lo scorso 10 e 11 maggio dall’Esercito italiano e dalle principali istituzioni
regionali a Cagliari: mascherare le operazioni belliche sotto la patina della
beneficenza, dell’inclusione sociale, dello sport e dei diritti dell’infanzia.
Ma questa
operazione, lungi dall’essere una semplice trovata mediatica, ha caratteristiche
molto più profonde e pericolose: si tratta dell’attivazione di un laboratorio
di propaganda coloniale e di guerra, con la Sardegna che fa un salto di
qualità nel suo ruolo di area strategica all’interno della NATO, passando
dall’essere una "vetrina pacificata" dell’impero utile come passivo
campo di sperimentazione dei sistemi d’arma a vero e proprio laboratorio
proattivo per la costruzione del consenso verso la nuova dottrina dell’economia
e della cultura di guerra voluta dalle oligarchie europee e avviata a pieno
regime con il piano di riarmo da 800 miliardi in funzione anti russa e
anticinese.
Parte I
Il salto di qualità
La
Sardegna come avamposto della normalizzazione della guerra
La
"Joint Stars" si svolge periodicamente nella terra più militarizzata
d’Europa: la Sardegna. È stata definita come la "principale esercitazione
nazionale della Difesa". Questa attività, pianificata e condotta dal
Comando Operativo di Vertice Interforze (COVI) si è concentrata
sull'addestramento delle truppe in scenari complessi, comprendendo operazioni
anfibie e controllo del territorio, come dimostrato dall'esercitazione di
sbarco avvenuta a Capo Teulada.
Tutto ciò
non rappresenta certo una novità, visto che gli abitanti dell’ultima colonia
oltremare dello Stato italiano sono abituati da settant’anni a vedere
periodicamente interdette gigantesche porzioni di territorio, interi litorali e
perfino la maggior parte della volta celeste.
Ma
l’edizione 2025 resterà nella storia per un salto di qualità nella
militarizzazione coloniale dell’isola. Parallelamente alla solita invasione di
scarponi, anfibi e bombardamenti per terra, cielo e mare, viene sviluppata
l'iniziativa "Joint Stars for Charity", caratterizzata da
screening sanitari pediatrici gratuiti offerti a bordo della nave Trieste
della Marina Militare, ormeggiata nel porto di Cagliari, del resto già da
tempo ampiamente militarizzato. Questa iniziativa ha suscitato un acceso
dibattito pubblico, polarizzando l'opinione tra coloro che ne hanno lodato gli
scopi benefici e chi, invece, l'ha criticata come forma di propaganda bellica.
Parafrasando
il famoso motto latino “si vis pacem, para bellum”, potremmo dire che lo slogan
della Joint Stars 2025 può essere così riassunto: “se vuoi preparare la
guerra, presentala sotto le rassicurante spoglie della pace e dell’innocenza”.
Agli inizi
di maggio infatti, sui social sardi, ha iniziato a rimbalzare la locandina
dell’evento intitolato “Un gesto meraviglioso come il sorriso di un bambino”,
iniziativa organizzata dal “Comando operativo di vertice interforze”, con
partner principali del calibro di Leonardo SPA, RWM Italia,Terna e Unicredit.
L’evento si
è svolto in due luoghi distinti, ma uniti da una sapiente e distopica strategie
propagandistica: l’ospedale G. Brotzu di Cagliari e la nave da
guerra “Trieste” ormeggiata appunto nel porto di Cagliari. Il tema
dell’infanzia è il fil rouge che indora la supposta bellica
somministrata all’opinione pubblica sarda. Così, mentre all’ospedale andava in
scena lo spettacolo musicale della fiaba “Pierino e il lupo” dedicato ai
bambini ospedalizzati e la contestuale consegna di doni ai medesimi bambini,
sulla nave da guerra si esibiva la banda interforze e venivano effettuati gli
“screening sanitari gratuiti per i bambini”.
Utilizzare
la salute e i bambini per normalizzare la presenza militare direttamente nel contesto
civile (ospedali, porti, scuole, ecc..) è già raccapricciante di per sé. Ma la
cosa appare ancora più grave se si pensa a chi ha patrocinato l’evento.
In calce alla locandina figuravano infatti i loghi del gratuito
patrocinio concessi dal Comune di Cagliari e dalla Regione Autonoma di
Sardegna, entrambe a guida “campo largo”.
Come si può
leggere sul sito della RAS, il patrocinio gratuito (ma il discorso è analogo
per il Comune) «si esprime con la concessione dell'utilizzo dello stemma
istituzionale del Consiglio regionale della Sardegna, è una forma di adesione e
manifestazione di apprezzamento per iniziative senza scopo di lucro ritenute
meritevoli per le loro finalità sociali, culturali, artistiche, filantropiche,
scientifiche, sportive che si svolgono di norma nel territorio sardo e che
rientrano negli ambiti di competenza normativa della Regione Autonoma della
Sardegna. È concesso in forma discrezionale dal Presidente del Consiglio
regionale e non è da considerarsi un atto amministrativo ma una mera volontà».
Quindi vale
la pena chiedersi, chi governa Regione e Comune di Cagliari? I fascisti? I
guerrafondai del Governo Meloni? Una coalizione di “centro sinistra” a trazione
calendiana? No, a Cagliari il sindaco (che deve dare l’ultima parola sul
patrocinio) è Massimo Zedda, volto noto del “progressismo” sardo a sinistra del
PD, eletto con il sostegno, fra gli altri, di Sinistra Futura, Progressisti,
Alleanza Verdi-Sinistra, Movimento 5 Stelle e gli “indipendentisti” di A
Innantis. In Regione governa Alessandra Todde, nota esponente del M5S, contiana
di ferro e oratrice alla piazza contro il riarmo organizzata lo scorso aprile dai
pentastellati.
Insomma, Houston,
abbiamo un problema!
Un'altra
locandina, sempre siglata dal “Comando Interforze”, con in primo piano
l’immagine della nave da guerra Trieste, invitava la popolazione a visitare la
nave stessa e ad “effettuare screening pediatrici gratuiti”, specificando che
“i medici e i sanitari del DMML di Cagliari e della Croce Rossa Italiana
saranno a tua disposizione negli ambulatori di bordo per screening”. La novità
che emerge da questa nuova propaganda è la collaborazione con l’USR,
cioè con l’Ufficio Scolastico Regionale della Sardegna, oltre che con la ASL.
Lo shock
nell’opinione pubblica sarda è stato forte. Da una parte l’immagine del bambino
sorridente, perché accudito dai medici della Trieste, dall’altra parte la
realtà di una sanità pubblica sarda sempre più inefficiente, con liste d’attesa
di anni per esami salvavita o addirittura senza alcuna possibilità di
prenotazione tramite CUP. A fare da contrasto alla propaganda militarista
patrocinata dai “progressisti”, “ambientalisti” e “indipendentisti” sardi anche
le orride immagini dei bambini palestinesi e yemeniti fatti a pezzi con quegli
stessi sistemi d’arma forniti da Leonardo SPA e RWM Italia a Israele e
coalizione saudita. Quest’ultima multinazionale produce bombe proprio a
Domusnovas, in Sardegna e da anni un movimento si batte per la sua
riconversione ad uso civile.
Normalizzazione
della guerra e normalizzazione del dissenso
L’essere
laboratorio della propaganda di guerra della Sardegna non si risolve però
soltanto nell’evento "Joint Stars for Charity" e nella sua
architettura sofisticata e lungimirante dal punto di vista degli ideatori. La
Sardegna diventa parallelamente anche un laboratorio egemonico del dissenso,
nella misura in cui di fronte a questa operazione, una serie di soggetti
organici alla Giunta hanno cercato di intestarsi la protesta.
In un comunicato
congiunto i Consiglieri regionali di Sinistra Futura, Movimento 5
Stelle Sardegna e Alleanza Verdi Sinistra hanno
infatti preso le distanze dalle medesime maggioranze che sostengono e quindi
hanno di fatto sconfessato il patrocinio concesso dal Comune di Cagliari e
dalla Regione Autonoma di Sardegna, auspicando che la “Sardegna sia
costruttrice di pace”.
Nel
documento si stigmatizza «ogni azione atta a giustificare e a rendere popolare
e socialmente accettata la guerra è da bandire» e, dopo aver criticato alcune
iniziative del Parlamento europeo e del Governo italiano, i firmatari attaccano
quelle forze che “vorrebbero svuotare i granai per riempire gli arsenali» e si
propongono come «una voce dissonante per essere costruttori di pace e un
autentico presidio della nostra Costituzione repubblicana». [qui]
Stessa
operazione da parte dell’associazione “indipendentista” filo governativa A
Innantis che ha diffuso sui suoi social un articolo intitolato “Anche
no. Con Joint Stars l’esercito italiano offre screening ai bambini sardi”
firmato presumibilmente da un suo sodale, Francesco Ledda, dove si può leggere
che l’intera operazione è «una vera e propria beffa da parte dello Stato
italiano». Al contrario del documento dei “progressisti” però Ledda, critica
anche il patrocinio: «una cosa in questo quadro non ci è chiara e proprio
non capiamo: il patrocinio della Regione e del Comune di Cagliari. Non capiamo
davvero come si possa pensare che associare la guerra alla salute, nel contesto
di presa in giro dei sardi che è stato descritto finora, e non condividiamo
pensare l’accettazione di questo “war-washing” da parte dell’esercito.
Non sappiamo
chi ha deliberato questa decisione, ma dopo la presa di distanza da parte dei
partiti della maggioranza, ci auguriamo che possa davvero seguire una seria
risposta alle prese in giro dello Stato italiano» [qui]
.
Insomma, nel
documento dei partiti “progressisti” e “costituzionalisti” l’indignazione si
ferma ad una mera dichiarazione di principi senza toccare la questione
“patrocinio”, nella narrazione di A Innantis, il gran cattivone è lo Stato
Italiano e poi c’è il gran mistero del folletto che ha «deliberato questa
decisione».
A queste
prese di posizione si è aggiunta “la nota stampa della Segreteria della
Camera del lavoro CGIL di Cagliari con la richiesta di ritirare i patrocini
istituzionali” , la stessa organizzazione sindacale che solo due mesi fa non
trovava nulla di strano nell’aderire alla piazza guerrafondaia, pro riarmo e
suprematista chiamata dal Gruppo Gedi.
L’operazione,
in tutti questi casi, è raffinata e deve essere valutata con il dovuto
criterio, anche alla luce del fatto che tutte queste prese di posizione,
addirittura da parte del partito che esprime la governatrice Todde, non hanno
determinato la rimozione del patrocinio. E il patrocinio – bisogna
sottolinearlo - può essere ritirato senza problemi, vista la natura gratuita e
valoriale del sostegno. Ciò è dimostrato anche dalla discussa revoca con cui la
Regione Lazio ha tolto il sostegno al pride (qui).
Sarebbe dunque bastato motivare la scelta, anche in ragione del fatto che
la governatrice è salita sul palco della manifestazione del 5 aprile a Roma
contro il riarmo, sottolineando come quella della carità e della solidarietà
rappresenta solo una patina per un’operazione di war-washing infiocchettata
dall’Esercito e sostenuta finanziariamente da chi con il suo businnes ai
bambini contribuisce a togliere per sempre il sorriso, insieme a tutti i diritti,
incluso il diritto alla vita.
Evidentemente siamo dentro una splendida bolla di apparenze e anche queste
prese di posizione fanno parte della bolla, costituendone la superficie più
luminosa e colorata. Perché a questi comunicati non è seguito un serio
dibattito in Consiglio Regionale e nel Consiglio Comunale di Cagliari e magari
una mozione di sfiducia a Sindaco e Governatrice? Se alle prese di posizione
morali e civili non segue nessun atto concreto che senso ha esibire la coda da
pavone e tingerla con i colori arcobaleno della pace, con il verde speranza
dell’albero deradicato d’Arborea e con il rosso delle rivendicazioni sindacali?
Ovviamente tutto ciò non è privo di valore, anzi tali prese di posizione
assolvono alla funzione rituale dell’antagonismo conformista in cui oggi
consiste il dispositivo per controllare e pilotare ogni forma – seppur blanda –
di dissenso reale. È una strategia che viaggia tra il conscio e l’inconscio e
che assomiglia tanto a quegli splendidi versi di Don Raffae’ di De André: “Si
costerna, s'indigna, s'impegna. Poi getta la spugna con gran dignità”. Nel
contesto della canzone, a costernarsi, indignarsi e a gettare la spugna dopo
essersi lavato la coscienza era lo Stato, nel nostro tempo invece è la
“sinistra progressista”, l’ “indipendentismo di governo”, il “movimento dei
cittadini” e perfino tanti “antagonisti”. Ed è esattamente di questo raffinato
e nuovo dispositivo egemonico che ci occuperemo nella seconda parte
dell’articolo.
Il panottico del dissento: il
caso Sardegna – Cristiano Sabino
Inseriamo la
seconda parte dell'editoriale pubblicato ieri, "Sardegna tra propaganda di
guerra e 'dissenso debole'"
Il panottico del dissento
Che tutto
questo non sia frutto del caso o di una diffusa mancanza di cultura politica ma
obbedisca ad un dispositivo ben preciso di sgretolamento di ogni possibile
reale opposizione all’economia e alla cultura della guerra, del riarmo e della
colonizzazione è dimostrato da alcuni fatti emersi a ridosso dell’evento
organizzato a Cagliari.
Era ancora
caldo lo strascico delle polemiche dovute allo scandalo della concessione del
patrocinio all’evento della Joint Stars for Charity, quando sui
canali della lista governativa Sinistra Futura veniva
pubblicata una nuova iniziativa: “Fermare il massacro della popolazione.
Riconoscere lo Stato di Palestina”. Sorvolando sul fatto che il genocidio
in atto venga derubricato come “massacro”, è interessante notare come gli
organizzatori non abbiano trovato alcun problema nell’affidare l’intervento
conclusivo allo stesso sindaco di Cagliari Massimo Zedda che ha concesso il
patrocinio ad un evento finanziato da Leonardo SPA e da RWM Italia. Non
stiamo parlando di un semplice saluto e di una presenza istituzionale, ma
dell’acme politico di tutto l’evento: la sintesi finale che trae dall’evento le
conclusioni politiche.
Tra gli
interventi programmati anche quello di Piero Comandini, presidente del
Consiglio Regionale Sardo ed esponente di spicco del PD sardo, di un partito
cioè che neppure formalmente ha criticato la concessione del patrocinio, non
figurando tra i firmatari del documento che abbiamo analizzato sopra.
Riepilogando
per punti e riassumendo per passaggi logici tutto ciò abbiamo che:
- Comune di Cagliari e Regione
Autonoma di Sardegna, a maggioranza “Campo Largo” e guidati da figure di
spicco del progressismo “a sinistra” del PD quali Zedda e Todde, concedono
il patrocinio ad un evento di becera propaganda di guerra finanziato da
multinazionali che vendono armi a Israele e alla coalizione saudita;
- una parte di questa stessa
maggioranza protesta pubblicamente dissociandosi dall’evento ma non chiede
la revoca del patrocinio, a parte A Innantis che però incolpa non le elites
sarde ma lo “Stato italiano”;
- Il patrocinio non viene
revocato nonostante ciò sia legalmente possibile;
- Gli stessi “dissociati”
(Sinistra Futura) pochi giorni dopo organizzano un evento sulla Palestina
invitando a parlare i medesimi esponenti politici protagonisti della
concessione del patrocinio all’operazione di propaganda di guerra
finanziata dalle multinazionali della guerra.
Che
significato ha tutto ciò? Può essere ridotto a mera cialtroneria o si tratta
piuttosto di una strategia ben precisa dotata di finalità precipue?
In realtà
tracce di risposta a questa domanda si trovano nello stesso documento congiunto
dei partiti “progressisti”.
Nel
comunicato firmato da Sinistra Futura, M5S e AVS compare il riferimento
alla Risoluzione del Parlamento europeo del 2 aprile 2025 sull'attuazione
della politica di sicurezza e di difesa comune e in particolare la critica
all’articolo 165 che «invita l'UE e i suoi Stati membri a mettere a punto
programmi educativi e di sensibilizzazione, in particolare per i giovani, volti
a migliorare le conoscenze e a facilitare i dibattiti sulla sicurezza, la
difesa e l'importanza delle forze armate, e a rafforzare la resilienza e la
preparazione delle società alle sfide in materia di sicurezza» e all’ articolo
167 che «chiede, inoltre, di mettere a punto programmi di formazione dei
formatori e di cooperazione tra le istituzioni di difesa e le università degli
Stati membri dell'UE, quali corsi militari, esercitazioni e attività di
formazione con giochi di ruolo per studenti civili».
La
“sinistra” del campo largo al governo del capoluogo di Regione e della medesima
Regione Autonoma si dimostra dunque consapevole del progetto egemonico
per sgretolare la vocazione pacifista e contraria al riarmo dell’opinione
pubblica.
La citata risoluzione
accoglie con favore il piano "ReArm Europe" approvato dal Consiglio
Europeo nel marzo 2025 il quale – è bene ricordarlo – contiene una clausola di
salvaguardia che consente ai paesi membri di contrarre debito per spese
militari senza violare il Patto di Stabilità e Crescita. Oltre al riarmo
insomma la beffa. Dopo che per decenni i Governi e le tecnocrazie europee hanno
ripetuto meccanicamente che non si deve fare debito per soddisfare la domanda
di diritti e protezione sociale ora sdoganano il debito stesso per favorire la
corsa agli armamenti e la preparazione delle ostilità con Russia e Cina.
Se c’è una
cosa che dimostra la storia del movimento socialista e progressista variamente
inteso è che davanti alla guerra non è possibile assumere posture ambigue. Chi
sostiene con il voto politiche belliciste, favorevoli al riarmo, compatibili
con il sostegno a stati terroristici come Israele e subalterne alle strategie
di allargamento del blocco NATO, non può mai e in nessun caso essere un
interlocutore politico.
Di fronte
alla guerra, al riarmo, all’escalation e davanti al piano inclinato
dell’economia e della cultura di guerra teorizzate a chiare lettere dalle
oligarchie europee e messe nero su bianco nella risoluzione di Politica di
Sicurezza e Difesa Comune approvata lo scorso 2 aprile 2025, non è
possibile scendere a compromessi.
E invece, in
questo caso, non solo i compromessi si fanno, ma si sta allegramente al
banchetto insieme con chi «inneggia alla guerra» (da qui).
Se le parole hanno un senso, se veramente si crede che si stia preparando
la guerra e se si prendono sul serio i medesimi documenti europei, come è
possibile che non esistano conseguenze davanti ad un atto gravissimo come
quello di concedere il patrocinio ad un laboratorio avanzato di indottrinamento
guerrafondaio come quello a cui abbiamo assistito lo scorso 10 e 11 maggio a
Cagliari?
Proprio in ragione del fatto che l’intera opinione pubblica deve cambiare
di segno e abbandonare le sue posizioni ostili a guerra e riarmo, è necessario
comunicare a tutte le oligarchie guerrafondaie che di fatto votano e deliberano
a favore degli invii di armi, del riarmo e di tutti i vari provvedimenti che
gettano oggettivamente le premesse per un nuovo conflitto globale, che non
esistono conseguenze di alcun genere alle loro azioni e che chi esercita
egemonia nel mondo del pacifismo rappresentando la “sinistra” e l’
“antagonismo” potrà abbaiare, ma non morderà.
Se i consiglieri, i deputati, gli europarlamentari, i sindaci, i presidenti
di Regione deliberano a qualunque livello per la propaganda e l’economia di
guerra o per la guerra vera e propria, il messaggio da dare è che ci sarà
qualche comunicato, comparirà qualche dichiarazione, qualche bandierina di
qualche cespuglio progressista o presunto tale comparirà qua e là, qualche
leader colorerà di tonalità arcobaleno qualche orazione o posterà qualche presa
di posizione critica, ma poi non accadrà assolutamente nulla. Nessun Governo
cadrà. Le Giunte regionali e comunali resteranno al loro posto, le alleanze
elettorali rimarranno salde in nome della sacra unione contro la “destra” e
accadrà persino che i massimi dirigenti del Partito della Guerra verranno
invitati a parlare di pace. Oppure, all’inverso, accadrà, come è avvenuto a
Sassari lo scorso 14 maggio, che sarà il PD ad organizzare un convegno dal
titolo “Tra conflitti e speranze. Il cammino dell’Europa per la pace” e nel
parterre figureranno i vari esponenti della bandiera arcobaleno, che stanno sempre
in prima fila ad ogni marcia o manifestazione per la pace.
Ma quale cammino per la pace dell’Europa? Quello di ripetuti invii di armi
sempre più letali, sempre più offensive e sempre più inutili in Ucraina e di un
milione di morti causato dall’assenza totale di strategie diplomatiche? Quella
del kit di sopravvivenza in previsione del conflitto termonucleare da
affrontare con un mazzo di carte e una power bank per il telefono? Quello delle
auto sanzioni e dell'auto sabotaggio al gasdotto che consentiva al continente
europeo un approvvigionamento energetico a basso impatto ambientale e a basso
costo e che oggi ci obbliga a comprare il GLN americano al triplo del prezzo?
Quello dell'appoggio al colpo di stato in Ucraina indotto dagli USA per
installare basi missilistiche a un tiro di schioppo da Mosca? Quello degli 800
miliardi sottratti a scuola e sanità per comprare armi statunitensi? Quello
della Germania che, dopo aver scatenato due guerre mondiali, annuncia con nonchalance che
sta preparando «l’esercito più forte del Continente»? Quello del silenzio e
della complicità di fronte al criminale genocidio a Gaza perpetuato sotto il
gentile patrocinio dell’amministrazione democratica di Biden?
Domando: che ci faceva l'ANPI a questo convegno di war washing del PD? Non
sono una associazione che ricorda i partigiani? I partigiani nel secondo dopo
guerra lottavano per la pace e smascheravano i guerrafondai, non ci facevano
fichi fichi insieme.
Cosa ci faceva Emergency? Non è una associazione schierata senza e se e
senza ma contro il partito unico della guerra? Avete dimenticato le parole di
Gino Strada:
“Mi invitano ai talk show per parlare di pace, poi sul divano a fianco c’è
uno che fabbrica armi. È come chiamare un oncologo e un venditore di sigarette
alla stessa tavola rotonda.”
Questa politica dell'ipocrisia insanabile, della facciata, del volemose
bene, del tengo famiglia, questa fiera del circo del progressismo sassarese che
mostra ad ogni occasione la faccia più conveniente, va denunciata e combattuta.
Tutto nella norma? Cos' è uno scherzo?
Si possono stimare anche alcuni percorsi individuali di politici e
attivisti che si trovano in questa rete infernale di compromissione e
sdoganamento del partito trasversale della guerra, ma come sosteneva Aristotele
in riferimento al suo rapporto di dissenso con Platone “amicus Plato, sed magis
amica veritas".
Cos’è e come funzione il «dissenso debole»
Dobbiamo essere chiari, tutto questo non accade per caso, ma fa parte di
una medesima partita di giro. È finito il tempo in cui nei movimenti venivano
infiltrati agenti provocatori con lo scopo di praticare la strategia della
tensione e liquidare le formazioni del dissenso con la criminalizzazione.
Dobbiamo capire che la strategia è cambiata. Sebbene restino molte tessere da
piazzare, sembra chiaro che oggi la strategia più efficace per fare
piazza pulita di ogni potenziale opposizione, è disinnescare l’opposizione
stessa, utilizzando argomenti e temi di distrazione di massa come la retorica
antifascista e la sensibilità diffusa sui diritti civili. Il gioco è
semplice: si individuano dei temi di identità culturale forte, si sceglie di
radicalizzarli e contemporaneamente di isolarli dal resto dell’agenda politica,
così si avrà la sensazione del conflitto, dell’opposizione, della
dialettica quando in realtà tutto si gioca sul piano di ombre cinesi. Sui
temi strutturali – strutturali in senso sia marxista che
geopolitico e geostrategico – si pratica poi la massima ecumenicità e il
massimo laissez faire. È questo il cuore della strategia
che traghetta dalla “strategie della tensione” per sbaragliare i
movimenti sociali potenzialmente ostili al piano del “dissenso debole” per
riassorbire e assoldare i movimenti sociali stessi.
Dopotutto è molto meglio rendere debole e dunque innocuo il dissenso che
combatterlo.
Il dissenso è “debole” non per sua natura, ma per effetto di una strategia
ben precisa e ben studiata. Per rendersene conto basta porsi una domanda. Cosa
accadrebbe se la Regione governata da forze che partecipano al Gay Pride avesse
offerto il suo patrocinio ad un evento di associazioni “pro-life”? La
risposta la sappiamo tutti: sarebbe accaduto il finimondo, e direi giustamente.
Cosa sarebbe accaduto al sindaco di Cagliari se avesse sbarrato le porte del
Municipio il 25 aprile? Come minimo sarebbe arrivata in Consiglio una mozione
di sfiducia da parte della sua stessa maggioranza. E cosa sarebbe accaduto se
la Giunte Todde avesse dato sponda ad un convegno che nega il riscaldamento
climatico? Ovviamente una crisi di maggioranza.
Perché la stessa cosa non accade davanti alla guerra e al riarmo? Perché
l’utilizzo bellico della Sardegna, la propaganda di guerra, la
produzione di sistemi d’armi che finiscono direttamente nelle mani dei
criminali di guerra israeliani sono temi meno importante dei diritti
civili o della “giustizia climatica” o del totem del 25 aprile? È come
se la vecchia logica del movimento operaio e contadino che distingueva tra
contraddizioni «maggiori» e contraddizioni «minori» (maggiori e minori da
leggersi sempre in relazione ai concetti di «struttura» e «sovrastruttura» di
stampo marxiano e non in termini di gradi importanza reale o presunta) fosse
stata non solo azzerata ma proprio ribaltata.
Lo sfruttamento sul lavoro, la guerra, la colonizzazione di interi popoli
passano sullo sfondo e diventano temi deboli, tiepidi, su cui si sbuffa o si
finge indignazione. I veri temi forti diventano quelli sovrastrutturali, legati
ai diritti individuali, alla sessualità o certe curvature legate ad un certo modo
di leggere le questioni ambientali. E tutto questo – che sia consapevole
oppure no – rappresenta qualcosa di più di una posa personale, diventa una
nuova strategia egemonica per controllare dissenso e opposizione e realizzare i
fini di un progetto politico e sociale ben definito. Perché combattere
i movimenti di protesta, perché sfiancarsi in un corpo a corpo con le
mobilitazioni sociali, perché inimicarsi settori di popolazione giovanile
quando si può passare all’incasso concedendo loro l’apparenza della rivolta e
l’estetica del dissenso?
Ecco perché non è affatto vero che il patrocinio alla propaganda pro
accettazione sociale del riarmo, così come diverse altre manovre egemoniche del
trasversale e sempre più forte partito della guerra e dell’occupazione
coloniale, non sono affatto frutto di «un errore», di «distrazione», di
«automatismi istituzionali» così come è stato sostenuto in più sedi. Si tratta
di una strategia ben precisa che punta a consolidare il nucleo forte e
consapevole dell’asse guerrafondaio guidato da Ursula von der Leyen e a creare
un sotto livello di finta protesta di partiti, movimenti e associazioni che a
parole hanno segno opposto ma che nei fatti svolgono un ruolo funzionale agli
obiettivi del partito trasversale della guerra.
L’obiettivo latente è sfiancare e disperdere in mille proteste deboli e
inefficaci quella vasta platea che invece teoricamente è orientata in senso
pacifista, multipolare, anticoloniale. Quando leggiamo sui manuali scolastici
che al tempo della prima guerra mondiale la maggioranza delle forze
parlamentari e dell’opinione pubblica della società era contraria all’entrata
in guerra del Regio Esercito, ciò dovrà pur insegnarci qualcosa. Perché allora
fu una minoranza agguerrita ad organizzare le piazze del “maggio radioso”, vale
a dire quella strategia egemonica strumentale ad entrare in guerra che poi, non
a caso, divenne base ideologica del fascismo. Allora i dispositivi egemonici
pro guerra utilizzavano la retorica del compimento del Risorgimento,
dell’ostilità alle potenze militariste degli imperi centrali e facevano leva su
un nazionalismo fanatico che costituiva la base ideologica di una borghesia in
cerca di collocamento.
Oggi si invocano i diritti individuali dell’occidente, le libertà di
costume, il luccichio dei “valori occidentali” od europei, presentati come
gangli strutturali di una identità progressista e democratica che fa
l’occhiolino alle multinazionali della guerra così come ai movimenti
antagonisti. Sono queste le tessere principali del mosaico guerrafondaio in
corso di messa in posa. E la cosiddetta sinistra, parlamentare o no, di palazzo
o di piazza, sta cadendo nel tranello o – in diversi casi – non rappresenta
altro che la longa manus del partito della guerra nei
movimenti.
Prima lo capiamo più possibilità avremo di costruire un’alternativa capace
di sottrarsi al luccichio degli specchietti per le allodole, alla strategia del
dissenso debole e al posticcio antagonismo di questi accessori dell’economia e
della propaganda di guerra.
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