venerdì 23 maggio 2025

Sardegna tra propaganda di guerra e «dissenso debole» - Cristiano Sabino

 Sardegna tra propaganda di guerra e «dissenso debole» - Cristiano Sabino

La Sardegna, da sempre terreno di sperimentazione militare e cavia silenziosa delle politiche di guerra italiane e NATO, è oggi anche laboratorio di una nuova forma di ingegneria ideologica: la propaganda umanitaria militarizzata. Con la maxi-esercitazione Joint Stars 2025, le forze armate italiane – in sinergia con il Comune di Cagliari e la Regione Sardegna – hanno costruito un palinsesto propagandistico perfettamente allineato alle logiche del war-washing pianificato lo scorso 19 marzo dalla Commissione Europea con la pubblicazione del “Libro bianco per la difesa”, un documento di indirizzo politico che riunisce le proposte per rafforzare e rilanciare in grande stile l’industria bellica in Europa, nel contesto del noto piano guerrafondaio “ReArm Europe/Readiness 2030”.

È da leggersi sotto questo rispetto l’evento “Joint Stars for Charity” organizzato lo scorso 10 e 11 maggio dall’Esercito italiano e dalle principali istituzioni regionali a Cagliari: mascherare le operazioni belliche sotto la patina della beneficenza, dell’inclusione sociale, dello sport e dei diritti dell’infanzia.

Ma questa operazione, lungi dall’essere una semplice trovata mediatica, ha caratteristiche molto più profonde e pericolose: si tratta dell’attivazione di un laboratorio di propaganda coloniale e di guerra, con la Sardegna che fa un salto di qualità nel suo ruolo di area strategica all’interno della NATO, passando dall’essere una "vetrina pacificata" dell’impero utile come passivo campo di sperimentazione dei sistemi d’arma a vero e proprio laboratorio proattivo per la costruzione del consenso verso la nuova dottrina dell’economia e della cultura di guerra voluta dalle oligarchie europee e avviata a pieno regime con il piano di riarmo da 800 miliardi in funzione anti russa e anticinese. 

Parte I

Il salto di qualità

La Sardegna come avamposto della normalizzazione della guerra

La "Joint Stars" si svolge periodicamente nella terra più militarizzata d’Europa: la Sardegna. È stata definita come la "principale esercitazione nazionale della Difesa". Questa attività, pianificata e condotta dal Comando Operativo di Vertice Interforze (COVI) si è concentrata sull'addestramento delle truppe in scenari complessi, comprendendo operazioni anfibie e controllo del territorio, come dimostrato dall'esercitazione di sbarco avvenuta a Capo Teulada.

Tutto ciò non rappresenta certo una novità, visto che gli abitanti dell’ultima colonia oltremare dello Stato italiano sono abituati da settant’anni a vedere periodicamente interdette gigantesche porzioni di territorio, interi litorali e perfino la maggior parte della volta celeste.

Ma l’edizione 2025 resterà nella storia per un salto di qualità nella militarizzazione coloniale dell’isola. Parallelamente alla solita invasione di scarponi, anfibi e bombardamenti per terra, cielo e mare, viene sviluppata l'iniziativa "Joint Stars for Charity", caratterizzata da screening sanitari pediatrici gratuiti offerti a bordo della nave Trieste della Marina Militare, ormeggiata nel porto di Cagliari, del resto già da tempo ampiamente militarizzato. Questa iniziativa ha suscitato un acceso dibattito pubblico, polarizzando l'opinione tra coloro che ne hanno lodato gli scopi benefici e chi, invece, l'ha criticata come forma di propaganda bellica.

Parafrasando il famoso motto latino “si vis pacem, para bellum”, potremmo dire che lo slogan della Joint Stars 2025 può essere così riassunto: “se vuoi preparare la guerra, presentala sotto le rassicurante spoglie della pace e dell’innocenza”.

Agli inizi di maggio infatti, sui social sardi, ha iniziato a rimbalzare la locandina dell’evento intitolato “Un gesto meraviglioso come il sorriso di un bambino”, iniziativa organizzata dal “Comando operativo di vertice interforze”, con partner principali del calibro di Leonardo SPARWM Italia,Terna e Unicredit.

L’evento si è svolto in due luoghi distinti, ma uniti da una sapiente e distopica strategie propagandistica: l’ospedale G. Brotzu di Cagliari e la nave da guerra “Trieste” ormeggiata appunto nel porto di Cagliari. Il tema dell’infanzia è il fil rouge che indora la supposta bellica somministrata all’opinione pubblica sarda. Così, mentre all’ospedale andava in scena lo spettacolo musicale della fiaba “Pierino e il lupo” dedicato ai bambini ospedalizzati e la contestuale consegna di doni ai medesimi bambini, sulla nave da guerra si esibiva la banda interforze e venivano effettuati gli “screening sanitari gratuiti per i bambini”.

Utilizzare la salute e i bambini per normalizzare la presenza militare direttamente nel contesto civile (ospedali, porti, scuole, ecc..) è già raccapricciante di per sé. Ma la cosa appare ancora più grave se si pensa a chi ha patrocinato l’evento. In calce alla locandina figuravano infatti i loghi del gratuito patrocinio concessi dal Comune di Cagliari e dalla Regione Autonoma di Sardegna, entrambe a guida “campo largo”.

Come si può leggere sul sito della RAS, il patrocinio gratuito (ma il discorso è analogo per il Comune) «si esprime con la concessione dell'utilizzo dello stemma istituzionale del Consiglio regionale della Sardegna, è una forma di adesione e manifestazione di apprezzamento per iniziative senza scopo di lucro ritenute meritevoli per le loro finalità sociali, culturali, artistiche, filantropiche, scientifiche, sportive che si svolgono di norma nel territorio sardo e che rientrano negli ambiti di competenza normativa della Regione Autonoma della Sardegna. È concesso in forma discrezionale dal Presidente del Consiglio regionale e non è da considerarsi un atto amministrativo ma una mera volontà».

Quindi vale la pena chiedersi, chi governa Regione e Comune di Cagliari? I fascisti? I guerrafondai del Governo Meloni? Una coalizione di “centro sinistra” a trazione calendiana? No, a Cagliari il sindaco (che deve dare l’ultima parola sul patrocinio) è Massimo Zedda, volto noto del “progressismo” sardo a sinistra del PD, eletto con il sostegno, fra gli altri, di Sinistra Futura, Progressisti, Alleanza Verdi-Sinistra, Movimento 5 Stelle e gli “indipendentisti” di A Innantis. In Regione governa Alessandra Todde, nota esponente del M5S, contiana di ferro e oratrice alla piazza contro il riarmo organizzata lo scorso aprile dai pentastellati.

Insomma, Houston, abbiamo un problema!

Un'altra locandina, sempre siglata dal “Comando Interforze”, con in primo piano l’immagine della nave da guerra Trieste, invitava la popolazione a visitare la nave stessa e ad “effettuare screening pediatrici gratuiti”, specificando che “i medici e i sanitari del DMML di Cagliari e della Croce Rossa Italiana saranno a tua disposizione negli ambulatori di bordo per screening”. La novità che emerge da questa nuova propaganda è la collaborazione con l’USR, cioè con l’Ufficio Scolastico Regionale della Sardegna, oltre che con la ASL.

Lo shock nell’opinione pubblica sarda è stato forte. Da una parte l’immagine del bambino sorridente, perché accudito dai medici della Trieste, dall’altra parte la realtà di una sanità pubblica sarda sempre più inefficiente, con liste d’attesa di anni per esami salvavita o addirittura senza alcuna possibilità di prenotazione tramite CUP. A fare da contrasto alla propaganda militarista patrocinata dai “progressisti”, “ambientalisti” e “indipendentisti” sardi anche le orride immagini dei bambini palestinesi e yemeniti fatti a pezzi con quegli stessi sistemi d’arma forniti da Leonardo SPA e RWM Italia a Israele e coalizione saudita. Quest’ultima multinazionale produce bombe proprio a Domusnovas, in Sardegna e da anni un movimento si batte per la sua riconversione ad uso civile.

Normalizzazione della guerra e normalizzazione del dissenso

L’essere laboratorio della propaganda di guerra della Sardegna non si risolve però soltanto nell’evento "Joint Stars for Charity" e nella sua architettura sofisticata e lungimirante dal punto di vista degli ideatori. La Sardegna diventa parallelamente anche un laboratorio egemonico del dissenso, nella misura in cui di fronte a questa operazione, una serie di soggetti organici alla Giunta hanno cercato di intestarsi la protesta.

In un comunicato congiunto i Consiglieri regionali di Sinistra Futura, Movimento 5 Stelle Sardegna e Alleanza Verdi Sinistra hanno infatti preso le distanze dalle medesime maggioranze che sostengono e quindi hanno di fatto sconfessato il patrocinio concesso dal Comune di Cagliari e dalla Regione Autonoma di Sardegna, auspicando che la “Sardegna sia costruttrice di pace”.

Nel documento si stigmatizza «ogni azione atta a giustificare e a rendere popolare e socialmente accettata la guerra è da bandire» e, dopo aver criticato alcune iniziative del Parlamento europeo e del Governo italiano, i firmatari attaccano quelle forze che “vorrebbero svuotare i granai per riempire gli arsenali» e si propongono come «una voce dissonante per essere costruttori di pace e un autentico presidio della nostra Costituzione repubblicana». [qui]

Stessa operazione da parte dell’associazione “indipendentista” filo governativa A Innantis che ha diffuso sui suoi social un articolo intitolato “Anche no. Con Joint Stars l’esercito italiano offre screening ai bambini sardi” firmato presumibilmente da un suo sodale, Francesco Ledda, dove si può leggere che l’intera operazione è «una vera e propria beffa da parte dello Stato italiano». Al contrario del documento dei “progressisti” però Ledda, critica anche il patrocinio: «una cosa in questo quadro non ci è chiara e proprio non capiamo: il patrocinio della Regione e del Comune di Cagliari. Non capiamo davvero come si possa pensare che associare la guerra alla salute, nel contesto di presa in giro dei sardi che è stato descritto finora, e non condividiamo pensare l’accettazione di questo “war-washing” da parte dell’esercito.

Non sappiamo chi ha deliberato questa decisione, ma dopo la presa di distanza da parte dei partiti della maggioranza, ci auguriamo che possa davvero seguire una seria risposta alle prese in giro dello Stato italiano» [qui] .

Insomma, nel documento dei partiti “progressisti” e “costituzionalisti” l’indignazione si ferma ad una mera dichiarazione di principi senza toccare la questione “patrocinio”, nella narrazione di A Innantis, il gran cattivone è lo Stato Italiano e poi c’è il gran mistero del folletto che ha «deliberato questa decisione».

A queste prese di posizione si è aggiunta “la nota stampa della Segreteria della Camera del lavoro CGIL di Cagliari con la richiesta di ritirare i patrocini istituzionali” , la stessa organizzazione sindacale che solo due mesi fa non trovava nulla di strano nell’aderire alla piazza guerrafondaia, pro riarmo e suprematista chiamata dal Gruppo Gedi.

L’operazione, in tutti questi casi, è raffinata e deve essere valutata con il dovuto criterio, anche alla luce del fatto che tutte queste prese di posizione, addirittura da parte del partito che esprime la governatrice Todde, non hanno determinato la rimozione del patrocinio. E il patrocinio – bisogna sottolinearlo - può essere ritirato senza problemi, vista la natura gratuita e valoriale del sostegno. Ciò è dimostrato anche dalla discussa revoca con cui la Regione Lazio ha tolto il sostegno al pride (qui).

Sarebbe dunque bastato motivare la scelta, anche in ragione del fatto che la governatrice è salita sul palco della manifestazione del 5 aprile a Roma contro il riarmo, sottolineando come quella della carità e della solidarietà rappresenta solo una patina per un’operazione di war-washing infiocchettata dall’Esercito e sostenuta finanziariamente da chi con il suo businnes ai bambini contribuisce a togliere per sempre il sorriso, insieme a tutti i diritti, incluso il diritto alla vita.

Evidentemente siamo dentro una splendida bolla di apparenze e anche queste prese di posizione fanno parte della bolla, costituendone la superficie più luminosa e colorata. Perché a questi comunicati non è seguito un serio dibattito in Consiglio Regionale e nel Consiglio Comunale di Cagliari e magari una mozione di sfiducia a Sindaco e Governatrice? Se alle prese di posizione morali e civili non segue nessun atto concreto che senso ha esibire la coda da pavone e tingerla con i colori arcobaleno della pace, con il verde speranza dell’albero deradicato d’Arborea e con il rosso delle rivendicazioni sindacali?

Ovviamente tutto ciò non è privo di valore, anzi tali prese di posizione assolvono alla funzione rituale dell’antagonismo conformista in cui oggi consiste il dispositivo per controllare e pilotare ogni forma – seppur blanda – di dissenso reale. È una strategia che viaggia tra il conscio e l’inconscio e che assomiglia tanto a quegli splendidi versi di Don Raffae’ di De André: “Si costerna, s'indigna, s'impegna. Poi getta la spugna con gran dignità”. Nel contesto della canzone, a costernarsi, indignarsi e a gettare la spugna dopo essersi lavato la coscienza era lo Stato, nel nostro tempo invece è la “sinistra progressista”, l’ “indipendentismo di governo”, il “movimento dei cittadini” e perfino tanti “antagonisti”. Ed è esattamente di questo raffinato e nuovo dispositivo egemonico che ci occuperemo nella seconda parte dell’articolo.

https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-sardegna_tra_propaganda_di_guerra_e_dissenso_debole/39130_60894/

 

 

 

Il panottico del dissento: il caso Sardegna – Cristiano Sabino

Inseriamo la seconda parte dell'editoriale pubblicato ieri"Sardegna tra propaganda di guerra e 'dissenso debole'"

Il panottico del dissento

Che tutto questo non sia frutto del caso o di una diffusa mancanza di cultura politica ma obbedisca ad un dispositivo ben preciso di sgretolamento di ogni possibile reale opposizione all’economia e alla cultura della guerra, del riarmo e della colonizzazione è dimostrato da alcuni fatti emersi a ridosso dell’evento organizzato a Cagliari.

Era ancora caldo lo strascico delle polemiche dovute allo scandalo della concessione del patrocinio all’evento della Joint Stars for Charity, quando sui canali della lista governativa Sinistra Futura veniva pubblicata una nuova iniziativa: “Fermare il massacro della popolazione. Riconoscere lo Stato di Palestina”. Sorvolando sul fatto che il genocidio in atto venga derubricato come “massacro”, è interessante notare come gli organizzatori non abbiano trovato alcun problema nell’affidare l’intervento conclusivo allo stesso sindaco di Cagliari Massimo Zedda che ha concesso il patrocinio ad un evento finanziato da Leonardo SPA e da RWM Italia. Non stiamo parlando di un semplice saluto e di una presenza istituzionale, ma dell’acme politico di tutto l’evento: la sintesi finale che trae dall’evento le conclusioni politiche.

Tra gli interventi programmati anche quello di Piero Comandini, presidente del Consiglio Regionale Sardo ed esponente di spicco del PD sardo, di un partito cioè che neppure formalmente ha criticato la concessione del patrocinio, non figurando tra i firmatari del documento che abbiamo analizzato sopra. 

 

Riepilogando per punti e riassumendo per passaggi logici tutto ciò abbiamo che:

 

  1. Comune di Cagliari e Regione Autonoma di Sardegna, a maggioranza “Campo Largo” e guidati da figure di spicco del progressismo “a sinistra” del PD quali Zedda e Todde, concedono il patrocinio ad un evento di becera propaganda di guerra finanziato da multinazionali che vendono armi a Israele e alla coalizione saudita;
  2. una parte di questa stessa maggioranza protesta pubblicamente dissociandosi dall’evento ma non chiede la revoca del patrocinio, a parte A Innantis che però incolpa non le elites sarde ma lo “Stato italiano”;
  3. Il patrocinio non viene revocato nonostante ciò sia legalmente possibile;
  4. Gli stessi “dissociati” (Sinistra Futura) pochi giorni dopo organizzano un evento sulla Palestina invitando a parlare i medesimi esponenti politici protagonisti della concessione del patrocinio all’operazione di propaganda di guerra finanziata dalle multinazionali della guerra.

Che significato ha tutto ciò? Può essere ridotto a mera cialtroneria o si tratta piuttosto di una strategia ben precisa dotata di finalità precipue?

In realtà tracce di risposta a questa domanda si trovano nello stesso documento congiunto dei partiti “progressisti”.

Nel comunicato firmato da Sinistra Futura, M5S e AVS compare il riferimento alla Risoluzione del Parlamento europeo del 2 aprile 2025 sull'attuazione della politica di sicurezza e di difesa comune e in particolare la critica all’articolo 165 che «invita l'UE e i suoi Stati membri a mettere a punto programmi educativi e di sensibilizzazione, in particolare per i giovani, volti a migliorare le conoscenze e a facilitare i dibattiti sulla sicurezza, la difesa e l'importanza delle forze armate, e a rafforzare la resilienza e la preparazione delle società alle sfide in materia di sicurezza» e all’ articolo 167 che «chiede, inoltre, di mettere a punto programmi di formazione dei formatori e di cooperazione tra le istituzioni di difesa e le università degli Stati membri dell'UE, quali corsi militari, esercitazioni e attività di formazione con giochi di ruolo per studenti civili».

La “sinistra” del campo largo al governo del capoluogo di Regione e della medesima Regione Autonoma si dimostra  dunque consapevole del progetto egemonico per sgretolare la vocazione pacifista e contraria al riarmo dell’opinione pubblica.

La citata risoluzione accoglie con favore il piano "ReArm Europe" approvato dal Consiglio Europeo nel marzo 2025 il quale – è bene ricordarlo – contiene una clausola di salvaguardia che consente ai paesi membri di contrarre debito per spese militari senza violare il Patto di Stabilità e Crescita. Oltre al riarmo insomma la beffa. Dopo che per decenni i Governi e le tecnocrazie europee hanno ripetuto meccanicamente che non si deve fare debito per soddisfare la domanda di diritti e protezione sociale ora sdoganano il debito stesso per favorire la corsa agli armamenti e la preparazione delle ostilità con Russia e Cina.

Se c’è una cosa che dimostra la storia del movimento socialista e progressista variamente inteso è che davanti alla guerra non è possibile assumere posture ambigue. Chi sostiene con il voto politiche belliciste, favorevoli al riarmo, compatibili con il sostegno a stati terroristici come Israele e subalterne alle strategie di allargamento del blocco NATO, non può mai e in nessun caso essere un interlocutore politico.

Di fronte alla guerra, al riarmo, all’escalation e davanti al piano inclinato dell’economia e della cultura di guerra teorizzate a chiare lettere dalle oligarchie europee e messe nero su bianco nella risoluzione di Politica di Sicurezza e Difesa Comune approvata lo scorso 2 aprile 2025, non è possibile scendere a compromessi.

E invece, in questo caso, non solo i compromessi si fanno, ma si sta allegramente al banchetto insieme con chi «inneggia alla guerra» (da qui).

Se le parole hanno un senso, se veramente si crede che si stia preparando la guerra e se si prendono sul serio i medesimi documenti europei, come è possibile che non esistano conseguenze davanti ad un atto gravissimo come quello di concedere il patrocinio ad un laboratorio avanzato di indottrinamento guerrafondaio come quello a cui abbiamo assistito lo scorso 10 e 11 maggio a Cagliari?

Proprio in ragione del fatto che l’intera opinione pubblica deve cambiare di segno e abbandonare le sue posizioni ostili a guerra e riarmo, è necessario comunicare a tutte le oligarchie guerrafondaie che di fatto votano e deliberano a favore degli invii di armi, del riarmo e di tutti i vari provvedimenti che gettano oggettivamente le premesse per un nuovo conflitto globale, che non esistono conseguenze di alcun genere alle loro azioni e che chi esercita egemonia nel mondo del pacifismo rappresentando la “sinistra” e l’ “antagonismo” potrà abbaiare, ma non morderà.

Se i consiglieri, i deputati, gli europarlamentari, i sindaci, i presidenti di Regione deliberano a qualunque livello per la propaganda e l’economia di guerra o per la guerra vera e propria, il messaggio da dare è che ci sarà qualche comunicato, comparirà qualche dichiarazione, qualche bandierina di qualche cespuglio progressista o presunto tale comparirà qua e là, qualche leader colorerà di tonalità arcobaleno qualche orazione o posterà qualche presa di posizione critica, ma poi non accadrà assolutamente nulla. Nessun Governo cadrà. Le Giunte regionali e comunali resteranno al loro posto, le alleanze elettorali rimarranno salde in nome della sacra unione contro la “destra” e accadrà persino che i massimi dirigenti del Partito della Guerra verranno invitati a parlare di pace. Oppure, all’inverso, accadrà, come è avvenuto a Sassari lo scorso 14 maggio, che sarà il PD ad organizzare un convegno dal titolo “Tra conflitti e speranze. Il cammino dell’Europa per la pace” e nel parterre figureranno i vari esponenti della bandiera arcobaleno, che stanno sempre in prima fila ad ogni marcia o manifestazione per la pace.

Ma quale cammino per la pace dell’Europa? Quello di ripetuti invii di armi sempre più letali, sempre più offensive e sempre più inutili in Ucraina e di un milione di morti causato dall’assenza totale di strategie diplomatiche? Quella del kit di sopravvivenza in previsione del conflitto termonucleare da affrontare con un mazzo di carte e una power bank per il telefono? Quello delle auto sanzioni e dell'auto sabotaggio al gasdotto che consentiva al continente europeo un approvvigionamento energetico a basso impatto ambientale e a basso costo e che oggi ci obbliga a comprare il GLN americano al triplo del prezzo? Quello dell'appoggio al colpo di stato in Ucraina indotto dagli USA per installare basi missilistiche a un tiro di schioppo da Mosca? Quello degli 800 miliardi sottratti a scuola e sanità per comprare armi statunitensi? Quello della Germania che, dopo aver scatenato due guerre mondiali, annuncia con nonchalance che sta preparando «l’esercito più forte del Continente»? Quello del silenzio e della complicità di fronte al criminale genocidio a Gaza perpetuato sotto il gentile patrocinio dell’amministrazione democratica di Biden?

Domando: che ci faceva l'ANPI a questo convegno di war washing del PD? Non sono una associazione che ricorda i partigiani? I partigiani nel secondo dopo guerra lottavano per la pace e smascheravano i guerrafondai, non ci facevano fichi fichi insieme.

Cosa ci faceva Emergency? Non è una associazione schierata senza e se e senza ma contro il partito unico della guerra? Avete dimenticato le parole di Gino Strada:

“Mi invitano ai talk show per parlare di pace, poi sul divano a fianco c’è uno che fabbrica armi. È come chiamare un oncologo e un venditore di sigarette alla stessa tavola rotonda.”

Questa politica dell'ipocrisia insanabile, della facciata, del volemose bene, del tengo famiglia, questa fiera del circo del progressismo sassarese che mostra ad ogni occasione la faccia più conveniente, va denunciata e combattuta.

Tutto nella norma? Cos' è uno scherzo?

Si possono stimare anche alcuni percorsi individuali di politici e attivisti che si trovano in questa rete infernale di compromissione e sdoganamento del partito trasversale della guerra, ma come sosteneva Aristotele in riferimento al suo rapporto di dissenso con Platone “amicus Plato, sed magis amica veritas".

Cos’è e come funzione il «dissenso debole»

Dobbiamo essere chiari, tutto questo non accade per caso, ma fa parte di una medesima partita di giro. È finito il tempo in cui nei movimenti venivano infiltrati agenti provocatori con lo scopo di praticare la strategia della tensione e liquidare le formazioni del dissenso con la criminalizzazione. Dobbiamo capire che la strategia è cambiata. Sebbene restino molte tessere da piazzare, sembra chiaro che oggi la strategia più efficace per fare piazza pulita di ogni potenziale opposizione, è disinnescare l’opposizione stessa, utilizzando argomenti e temi di distrazione di massa come la retorica antifascista e la sensibilità diffusa sui diritti civili. Il gioco è semplice: si individuano dei temi di identità culturale forte, si sceglie di radicalizzarli e contemporaneamente di isolarli dal resto dell’agenda politica, così si avrà la sensazione del conflitto, dell’opposizione, della dialettica quando in realtà tutto si gioca sul piano di ombre cinesi. Sui temi strutturali – strutturali in senso sia marxista che geopolitico e geostrategico – si pratica poi la massima ecumenicità e il massimo laissez faire. È questo il cuore della strategia che traghetta dalla “strategie della tensione” per sbaragliare i movimenti sociali potenzialmente ostili al piano del “dissenso debole” per riassorbire e assoldare i movimenti sociali stessi.

Dopotutto è molto meglio rendere debole e dunque innocuo il dissenso che combatterlo.

Il dissenso è “debole” non per sua natura, ma per effetto di una strategia ben precisa e ben studiata. Per rendersene conto basta porsi una domanda. Cosa accadrebbe se la Regione governata da forze che partecipano al Gay Pride avesse offerto il suo patrocinio ad un evento di associazioni “pro-life”? La risposta la sappiamo tutti: sarebbe accaduto il finimondo, e direi giustamente. Cosa sarebbe accaduto al sindaco di Cagliari se avesse sbarrato le porte del Municipio il 25 aprile? Come minimo sarebbe arrivata in Consiglio una mozione di sfiducia da parte della sua stessa maggioranza. E cosa sarebbe accaduto se la Giunte Todde avesse dato sponda ad un convegno che nega il riscaldamento climatico? Ovviamente una crisi di maggioranza.

Perché la stessa cosa non accade davanti alla guerra e al riarmo? Perché l’utilizzo bellico della Sardegnala propaganda di guerra, la produzione di sistemi d’armi che finiscono direttamente nelle mani dei criminali di guerra israeliani sono temi meno importante dei diritti civili o della “giustizia climatica” o del totem del 25 aprile? È come se la vecchia logica del movimento operaio e contadino che distingueva tra contraddizioni «maggiori» e contraddizioni «minori» (maggiori e minori da leggersi sempre in relazione ai concetti di «struttura» e «sovrastruttura» di stampo marxiano e non in termini di gradi importanza reale o presunta) fosse stata non solo azzerata ma proprio ribaltata.

Lo sfruttamento sul lavoro, la guerra, la colonizzazione di interi popoli passano sullo sfondo e diventano temi deboli, tiepidi, su cui si sbuffa o si finge indignazione. I veri temi forti diventano quelli sovrastrutturali, legati ai diritti individuali, alla sessualità o certe curvature legate ad un certo modo di leggere le questioni ambientali. E tutto questo – che sia consapevole oppure no – rappresenta qualcosa di più di una posa personale, diventa una nuova strategia egemonica per controllare dissenso e opposizione e realizzare i fini di un progetto politico e sociale ben definito. Perché combattere i movimenti di protesta, perché sfiancarsi in un corpo a corpo con le mobilitazioni sociali, perché inimicarsi settori di popolazione giovanile quando si può passare all’incasso concedendo loro l’apparenza della rivolta e l’estetica del dissenso?

Ecco perché non è affatto vero che il patrocinio alla propaganda pro accettazione sociale del riarmo, così come diverse altre manovre egemoniche del trasversale e sempre più forte partito della guerra e dell’occupazione coloniale, non sono affatto frutto di «un errore», di «distrazione», di «automatismi istituzionali» così come è stato sostenuto in più sedi. Si tratta di una strategia ben precisa che punta a consolidare il nucleo forte e consapevole dell’asse guerrafondaio guidato da Ursula von der Leyen e a creare un sotto livello di finta protesta di partiti, movimenti e associazioni che a parole hanno segno opposto ma che nei fatti svolgono un ruolo funzionale agli obiettivi del partito trasversale della guerra.

L’obiettivo latente è sfiancare e disperdere in mille proteste deboli e inefficaci quella vasta platea che invece teoricamente è orientata in senso pacifista, multipolare, anticoloniale. Quando leggiamo sui manuali scolastici che al tempo della prima guerra mondiale la maggioranza delle forze parlamentari e dell’opinione pubblica della società era contraria all’entrata in guerra del Regio Esercito, ciò dovrà pur insegnarci qualcosa. Perché allora fu una minoranza agguerrita ad organizzare le piazze del “maggio radioso”, vale a dire quella strategia egemonica strumentale ad entrare in guerra che poi, non a caso, divenne base ideologica del fascismo. Allora i dispositivi egemonici pro guerra utilizzavano la retorica del compimento del Risorgimento, dell’ostilità alle potenze militariste degli imperi centrali e facevano leva su un nazionalismo fanatico che costituiva la base ideologica di una borghesia in cerca di collocamento.

Oggi si invocano i diritti individuali dell’occidente, le libertà di costume, il luccichio dei “valori occidentali” od europei, presentati come gangli strutturali di una identità progressista e democratica che fa l’occhiolino alle multinazionali della guerra così come ai movimenti antagonisti. Sono queste le tessere principali del mosaico guerrafondaio in corso di messa in posa. E la cosiddetta sinistra, parlamentare o no, di palazzo o di piazza, sta cadendo nel tranello o – in diversi casi – non rappresenta altro che la longa manus del partito della guerra nei movimenti.

Prima lo capiamo più possibilità avremo di costruire un’alternativa capace di sottrarsi al luccichio degli specchietti per le allodole, alla strategia del dissenso debole e al posticcio antagonismo di questi accessori dell’economia e della propaganda di guerra.

https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-la_funzione_del_dissenso_debole/39130_60913/

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