«Le rinnovabili? Una bolla speculativa che arricchisce pochi e devasta
l’ambiente: energia più cara per cittadini e imprese»
(intervista a Maria
Giovanna Bosco di Paolo Paolini)
Maria Giovanna Bosco e lo studio sul “caso Sardegna”
pubblicato da Il Mulino: il settore privato ha infiltrato quello pubblico
ottenendo miliardi per un settore che economicamente non si regge
«È un tipico
fenomeno che si osserva nelle relazioni tra economia e politica: si chiama
“cattura regolatoria”, branca della political economy, che studia
il sistema usato dal privato – in certe condizioni – per influire sulla sfera
pubblica orientando la legislazione a favore del proprio settore. Nel caso
delle energie rinnovabili, gli effetti sono i contributi massicci erogati dallo
Stato per i progetti di pale eoliche e pannelli fotovoltaici con i quali si
vorrebbero foderare campagne, colline, le pendici del Limbara, perfino spicchi
di mare davanti alle coste di Gallura, Riviera del corallo, Sulcis e
Cagliaritano. Iniziative che sacrificano l’ambiente, redistribuiscono il
reddito arricchendo solo chi le porta avanti, limitano le occasioni di sviluppo
per chi vive in quel territorio. Una certa narrazione ha coniato lo slogan
“rivoluzione green”, ma la realtà è che si scaricano i costi sulle spalle di
cittadini e imprese attraverso le bollette. Ecco perché il prezzo dell’energia
può solo aumentare, come già avviene».
Tempiese
cresciuta a Olbia, Maria Giovanna Bosco vive a Milano e fa ricerca
all’università di Ancona, dopo aver insegnato Macroeconomia, Economia
internazionale ed Europea ed Economia del lavoro alla Bocconi, nell’ateneo
Milano-Bicocca, al Politecnico di Milano, alle università di Modena e
Reggio-Emilia, alla Marshall school of finance (University of Southern California,
Los Angeles). Su L’Industria, la rivista edita da Il Mulino, ha pubblicato una
dettagliata analisi sul “Caso Sardegna” che sarà illustrata a fine giugno a
Oslo: «L’idea di impegnarmi nello studio sulla transizione energetica nasce da
diverse ragioni. Primo: mi occupo di transizione ecologica all’università
Politecnica delle Marche. Motivo numero due: ho un’attenzione personale per
quanto sta accadendo in Sardegna, dove si vorrebbe produrre un settimo dei
gigawatt previsti dai progetti presentati in tutta Italia: 52,88 contro 354.35.
È chiaro che qualcosa non torna». A Olbia per il fine settimana, accetta di
parlare a una condizione: «Ciò che ho scritto riguarda me e non può essere
attribuito in alcun modo all’ateneo nel quale lavoro attualmente».
Cos’ha scoperto?
«Sono
partita dagli elementi narrativi – proteste dei comitati di cittadini, articoli
sui giornali – per cercare i fatti che indicano l’infiltrazione del mondo
dell’industria nella politica, al punto che il processo decisionale e politico
è stato asservito agli interessi di soggetti privati ben definiti. A far da
cornice le norme che agevolano gli espropri, il tentativo di silenziare i
movimenti di opposizione per conquistare il pubblico con una narrativa ad hoc.
C’è una dinamica industriale che include aiuti di Stato nonostante il generale
divieto europeo: investire in sanità no, perché c’è il vincolo di bilancio, che
invece cade per le rinnovabili. Il risultato è che il soggetto pubblico ha
finito per portare avanti le esigenze dei privati spacciandole per interesse
generale. Non solo: c’è l’evidenza scientifica che l’obiettivo di ridurre
l’emissione della CO2 è una chimera, perché a livello globale tutti tranne
l’Europa continuano a investire in fonti fossili. Il nostro sforzo per quanto
lecito, degno, moralmente accettabile, sarà inutile. Il mio compito si conclude
con la raccolta dei dati di fatto. Ovviamente può essere solo un magistrato a
individuare i potenziali reati, a capire se e quando è stato commesso un danno
ambientale, se c’è stato un interesse privato in atto pubblico, corruzione e
così via. So che è stato presentato anche un esposto a tutte le Procure della
Sardegna dal Comitato per l’Insularità».
Il libero
mercato non vale per gli impianti di rinnovabili?
«Già nel
2014 il professore di economia politica Ross McKitrick denunciava il problema
per l’Ontario, nel civilissimo Canada. Diceva: “Purtroppo l’idea di dover
decarbonizzare a tutti i costi ha indirizzato il sistema degli incentivi
economici quasi esclusivamente verso le rinnovabili che però dal punto di vista
economico sono fallimentari”. Perché ciò che richiedono per l’installazione e
quel che provocano in termini di danno ambientale è un’enormità rispetto a ciò
che producono. Non difendo le fonti fossili o il nucleare, ma nel confronto
sulla produttività non c’è paragone. Per questo motivo l’unico modo per rendere
sostenibili l’eolico e il fotovoltaico è che lo Stato intervenga foraggiando i
progetti, annullando la concorrenza e diventando il primo cliente per vent’anni
di attività, offrendo la garanzia di acquistare l’energia a un determinato
prezzo. Un’attività senza rischi per chi possiede le società che, di riflesso,
ha cancellato il libero mercato».
Corruzione?
«Comportamenti
criminali ci sono già stati e sono stati sanzionati, ne cito alcuni
nell’indagine, così come sono accertate le infiltrazioni mafiose».
«Le promesse
di agevolazioni in bolletta sono falsità. Un rapporto di Morgan Stanley di
marzo 2025 evidenzia che i prezzi in Europa sono cresciuti da due a quattro
volte più degli Stati Uniti, cinque-sette volte più di Cina e India».
Chi ha
deciso di indirizzare i progetti verso la Sardegna?
«Sicuramente
la scelta non è stata fatta dalle comunità locali. Nel 2021 l’Enel l’ha
individuata in alcuni comunicati come futuro hub energetico del Mediterraneo.
La digitalizzazione estrema verso la quale stiamo andando ha bisogno di una
quantità enorme di energia, mi chiedo: c’entra qualcosa il disegno sul futuro
della Sardegna? Di sicuro la mercificazione del sole e del vento rischia di
perpetuare un atteggiamento neocolonialista da parte delle istituzioni nei
confronti dell’Isola».
I rischi?
«Da un punto
di vista identitario, culturale e psicologico veder deturpato il paesaggio è
una forma di violenza che equivale a perdere una parte di se stessi: come se mi
guardassi allo specchio e non mi riconoscessi più. Da una prospettiva
economica, stravolgere l’ambiente farebbe diventare la Sardegna meno appetibile
e incepperebbe il turismo: chi mai vorrebbe andare in vacanza in un paradiso industriale
fatto di pale e pannelli fotovoltaici? Penso a Tempio, il gioiello del nord est
che rischia di essere snaturato sulla spinta dell’affitto dei terreni per
impianti che arricchiscono pochi e danneggiano tutti. Alcuni proprietari che ho
intervistato si stanno pentendo perché non è certa neppure la redditività:
quando finirà il ciclo di vita l’impianto sarà abbandonato e i costi di
smaltimento sono enormi. Come è accaduto a Nasca, sull’isola di San Pietro: le
pale sono lì da decenni anche se non funzionano».
Ha
analizzato la legge regionale sulle Aree idonee?
«La Regione
l’ha varata rifiutando di valutare la Pratobello, nata su iniziativa popolare e
sostenuta da centinaia di migliaia di firme. Si basava sulla prerogativa
assoluta in materia urbanistica. Ho intervistato un esponente della Giunta
regionale, mi ha detto: “Sarebbe stata impugnata dallo Stato per
incostituzionalità”. Di sicuro questa sorte è toccata alla Moratoria e alla
legge 45 sulle Aree idonee. Dunque, c’è stata incompetenza o malafede?».
Cos’è
l’ambientalismo industriale di cui scrive?
«Propone una
transizione che di verde ha solo l’aggettivo. È ancorato a norme che consentono
l’utilizzo di parchi, foreste e aree agricole per impianti di energia
fotovoltaica, eolica, termovalorizzazione dei rifiuti e, in generale, di
qualsiasi altra fonte energetica non fossile. Un tempo la legge era più
restrittiva, la realizzazione era limitata alle aree incolte o degradate del
territorio. Oggi se un agricoltore o un piccolo proprietario terriero non desidera
vendere o affittare i propri terreni sui quali deve nascere un parco eolico, le
norme prevedono l’esproprio. Ed è in questo passaggio che, per l’ambientalismo
industriale, risiede il significato della transizione ecologica: passare da un
modello economico territoriale ad alto contenuto occupazionale basato su
agricoltura di qualità, turismo e cultura, a un modello industriale
specializzato nella produzione di energie alternative, a basso contenuto
occupazionale e con rendimenti molto elevati. Va da sé che alla base ci sia un
ambientalismo fasullo che danneggia l’economia, non crea posti di lavoro,
impoverisce il territorio e cancella i paesaggi per cui siamo famosi nel mondo.
Si cita sempre la Danimarca, patria dell’eolico: vi risulta che qualcuno vada
fin lì per ammirare le pale?».
L’atteggiamento
delle associazioni ambientaliste?
«Tranne
Italia Nostra e alcuni piccoli movimenti, fingono di non vedere gli interessi
di chi fino al giorno prima produceva CO2 a tutto spiano e oggi si è
raffrescato l’immagine - tipo l’Erg a Saccargia - buttandosi nel business delle
energie rinnovabili».
Perché non è
stato individuato un tetto alla produzione?
«Può essere
stata una svista del legislatore, oppure un riflesso del dolo sottostante, cioè
l’aver creato volutamente una bolla speculativa simile a quella dei mutui
subprime che nel 2008 terremotò l’economia mondiale».
Cita aziende
che hanno costi operativi annuali di 28 mila euro e incassano incentivi per tre
milioni?
«Mi sono
limitata a raccogliere i dati di numerose aziende del settore: tutte hanno in
comune una sproporzione tra costi e soldi ricevuti dallo Stato».
La via
d’uscita?
«Basterebbe
coprire i capannoni industriali con i pannelli fotovoltaici: gli obiettivi
sarebbero raggiunti senza cementificare le vigne. Se poi si aggiungessero tutti
i tetti delle case sarebbe risolto il problema italiano, tenendo presente che
per “stabilizzare” il sistema energetico sarebbero comunque necessari anche i
combustibili fossili».
Geotermia?
«Il
potenziale sardo è molto elevato quanto inutilizzato, secondo solo a quello
della Toscana. Per la produzione di energia elettrica si potrebbe prelevare
acqua bollente in profondità per poi reimmetterla nel sottosuolo. In questo
modo si creerebbe un ciclo produttivo interamente rinnovabile. Non mi sembra
che qualcuno sia intenzionato a farlo».
La speculazione eolica e
fotovoltaica come colonialismo energetico - Maria Giovanna Bosco
L’alta Gallura, come altre zone in Sardegna, è soggetta ad un attacco di speculazione energetica da parti di imprese che mirano al lucro di breve periodo garantito anche dagli incentivi pubblici, in un’autentica fase di colonialismo che rischia di minare l’identità culturale ed economica del territorio.
In queste
settimane in Gallura, così come in altre zone della Sardegna, si dibatte su
progetti relativi all’installazione di una iperbolica quantità di pale eoliche
e impianti fotovoltaici per ottemperare agli ‘sfidanti obiettivi europei di
decarbonizzazione’ (Terna, 2024). In una regione già gravata da 31
basi militari, – il 65 per cento di quelle presenti in tutta Italia (Arcai, 2024) – e drasticamente depredata delle
aree boschive in duecento anni di dominio sabaudo (Casula, 2017), anche il territorio dell’alta
Gallura è soggetto all’interesse di multinazionali del settore energetico che,
forti del quadro normativo, sono persino legittimate ad espropriare terreni
privati, deturpando il paesaggio e le acque costiere della regione con la
costruzione di nuovi impianti.
In Sardegna,
le istanze di connessione di nuovi impianti presentate a Terna S.p.A. al 31
marzo 2024 risultano ben 809, pari a 57,67 GW di potenza (Figura 1). 57,67 GW
significa quasi 30 volte gli impianti oggi esistenti (GIG, 2024).
L’alta Gallura, in particolare, è contraddistinta da un susseguirsi di colline, rocce e vallate di macchia mediterranea, zone adibite a pascolo e rocce spettacolari, aree archeologiche uniche oltre che da zone costiere dalla fragilità e bellezza incomparabili. L’impatto anche solo visivo delle pale eoliche, di cui alcune alte oltre 200 metri, come quella già in costruzione nei pressi nella zona del Marganai nel Sud Sardegna (L’Unione Sarda, 2024), è semplicemente devastante.
Gli impianti
eolici, le cui pale dissacrano il profilo del territorio in quanto idealmente
destinate ai deserti o ad aree off-shore lontane dalle coste, determinano anche
un danno diretto sulla salute umana a livello uditivo e neurologico (Hanning, 2009; Havas & Colling, 2011), oltre che a
flora e fauna. Dove sono installate le pale eoliche, gli uccelli spariscono e
le rotte migratorie vengono deviate. Sotto i pannelli fotovoltaici, certo non
sono possibili coltivazioni. La riduzione delle aree verdi naturali, fattore
che incrementa la concentrazione nell’aria di anidride carbonica, entra in
contraddizione con l’ideologia della ricreazione delle aree pristine supportata
dalle istituzioni comunitarie. A ciò si aggiunge l’altro grave problema
ecologico che riguarda lo smaltimento degli impianti a fine vita, i cui costi
sono esorbitanti. Se costruiti per poi essere abbandonati, con un risparmio sui
materiali come è già stato documentato nella zona di Calangianus, insiste sulla
comunità anche il costo della bonifica.
Questa
depredazione denota un atteggiamento coloniale che mira a cancellare tradizioni
culturali e il nesso che gli abitanti instaurano con il loro territorio in nome
di investimenti che di “green” hanno ben poco. Tali progetti calati dall’alto,
infatti, non solo eliminano pascoli e aree agricole, ma non creano nemmeno un
incremento di posti di lavoro (perché gli “esperti” vengono perlopiù chiamati
da fuori area e la manutenzione è minima). Si riduce inoltre il valore dei
terreni e delle abitazioni che si trovano anche a distanze ragguardevoli e si
creano minacce economiche anche per il settore turistico che costituisce una
fonte primaria di reddito per tutta l’area.
Voler
forzosamente imporre modelli di sviluppo ideati altrove e per altri contesti
sul territorio sardo sembra inteso a sradicare un modello di gestione
agri-turistica a favore di un asservimento ad una produzione energetica che
verrebbe peraltro destinata a soggetti terzi, dato che la Sardegna è già
autonoma dal punto di vista energetico. Peraltro, l’extra-produzione non
potrebbe nemmeno essere assorbita dalla rete per limiti di capacità (GIG, 2024).
Ancora più
grave è che, benché esistano alternative meno impattanti dal punto di vista
ambientale e territoriale, queste non vengono nemmeno prese in considerazione e
gli enti preposti si fanno beffe delle alternative ragionate e sostenibili –
come la collocazione di pannelli fotovoltaici su tutti i capannoni e fabbricati
industriali compresi quelli in disuso (Confartigianato Sardegna, 2023). A dar prova della scarsa
sensibilità del soggetto pubblico nei confronti dei temi legati alla
sostenibilità sociale ed ambientale, vi è la recente pronuncia del Consiglio di
Stato che ha rigettato un ricorso della Regione Sardegna contro il
potenziamento di un parco eolico proprio alle spalle della celebre Basilica
della SS. Trinità di Saccargia (La Nuova Sardegna, 2024).
Non si può cancellare il sospetto di essere in presenza di un tipico schema di “regulatory capture” (Dal Bó, 2006), fenomeno in cui le gerarchie lobbistiche riescono a piegare il decisore politico alle proprie logiche espansionistiche e predatorie. In questo caso, il bene pubblico, inteso come benessere sociale, economico ed ambientale, è soppiantato, anche attraverso il posizionamento di figure chiave in ambito istituzionale, dalla logica di arricchimento e speculazione che vanno a remunerare ristrette élite a discapito della stragrande maggioranza delle persone. Tale tendenza di lungo periodo alla redistribuzione dei redditi e della ricchezza in favore di un’accentuata polarizzazione presso pochi soggetti è ben rilevata sia a livello finanziario che industriale, ed è quindi coerente con questa interpretazione.
Sembra
lecito chiedersi chi sia il soggetto intenzionato a deturpare e cannibalizzare
il territorio. Quali sono, inoltre, i guadagni a cui sta puntando? In presenza
di alternative reali e dimostrabili, si punta solo al profitto economico
derivante dalla vendita di energia, oppure si cerca di minare anche le attività
locali? Se fosse così, l’intento si trasformerebbe da speculativo a
propriamente criminale.
Riferimenti
Arcai, F.
(2024). La pesante eredità delle basi militari aleggia sul voto in
Sardegna, https://www.wired.it/article/sardegna-basi-militari-inquinamento/
Casula, F.
(2017). Quando i tiranni sabaudi rasero al suolo la Sardegna, https://www.manifestosardo.org/quando-i-tiranni-sabaudi-rasero-al-suolo-la-sardegna/
Confartigianato
Sardegna (2023), Potenzialità dell’installazione di pannelli fotovoltaici sui
tetti dei capannoni nelle aree produttive presenti in Sardegna,
https://confartigianato.cagliari.it/settimana-energia-sostenibile-lautonomia-energetica-della-sardegna-puo-arrivare-dai-pannelli-fotovoltaici-sui-capannoni/
Dal Bó, E.
(2006). Regulatory capture: A review. Oxford review of economic policy, 22(2),
203-225, https://doi.org/10.1093/oxrep/grj013
GIG – Gruppo
di Intervento Giuridico (2024). Sardegna, realtà della speculazione energetica
e normativa di salvaguardia del territorio, https://gruppodinterventogiuridicoweb.com/2024/04/11/sardegna-realta-della-speculazione-energetica-e-normativa-di-salvaguardia-del-territorio/#more-37799
Hanning, C.
(2009). Sleep disturbance and wind turbine noise. Broadview Energy
Developments. Sleep disturbance and wind
turbine noise | Wind Energy Impacts and Issues (wind-watch.org)
Havas, M.,
& Colling, D. (2011). Wind Turbines Make Waves: Why Some Residents Near
Wind Turbines Become Ill. Bulletin of Science, Technology & Society, 31(5),
414-426. https://doi.org/10.1177/0270467611417852
La Nuova Sardegna (2024). Pale eoliche accanto alla basilica di Saccargia: il Consiglio di Stato respinge il ricorso della Regione, via libera al progetto, https://www.lanuovasardegna.it/regione/2024/04/08/news/pale-eoliche-accanto-alla-basilica-di-saccargia-il-consiglio-di-stato-respinge-il-ricorso-della-regione-via-libera-al-progetto-1.100503147
L’Unione Sarda (2024). Devastazione eolica alle pendici del Marganai, https://www.unionesarda.it/news-sardegna/devastazione-eolica-alle-pendici-del-marganai-v1w0w1jm
Terna S.p.A.
(2024). Econnextion: la mappa delle connessioni rinnovabili. https://www.terna.it/it/sistema-elettrico/rete/econnextion
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