Dalle catene
della schiavitù alla lotta per la giustizia
Nata
il 16 luglio 1862 a Holly Springs, Mississippi, Ida Bell Wells
conobbe fin da bambina l’ombra della schiavitù. Figlia di James e Elizabeth
Wells, entrambi schiavi fino all’abolizione sancita dal XIII
emendamento nel 1865, Ida visse in un contesto dove la lotta per
l’alfabetizzazione e l’autodeterminazione erano vitali. Suo padre, un uomo
libero diventato falegname e attivista politico, instillò in lei la convinzione
che l’educazione fosse un’arma di emancipazione.
Ma il
destino le riservò una tragedia precoce: nel 1878, un’epidemia di
febbre gialla uccise entrambi i suoi genitori e uno dei suoi fratelli minori. A
soli 16 anni, Ida si ritrovò a capo della famiglia e decise di
prendersi cura dei suoi cinque fratelli più piccoli, rifiutando l’idea che
venissero separati in diverse famiglie affidatarie. Per mantenerli
uniti, diventò insegnante in una scuola elementare rurale per studenti
neri, un ruolo che le consentì di mantenere i suoi fratelli, ma che la espose
anche a quella disparità razziale che avrebbe successivamente denunciato con
forza.
Il suo
spirito ribelle si manifestò nel 1884, quando, durante un viaggio
in treno, si rifiutò di lasciare il vagone di prima classe per trasferirsi nel
comparto “riservato ai neri”, nonostante avesse un biglietto valido. Quando il
controllore, con l’aiuto di altri uomini, la trascinò via con la forza, Ida
fece causa alla compagnia ferroviaria per discriminazione e vinse in
primo grado, ottenendo un risarcimento di $500. Tuttavia, la Corte
Suprema del Tennessee ribaltò la decisione. Disillusa ma non sconfitta, decise
di raccontare l’episodio in un articolo per il giornale locale The Living
Way, avviando così la sua carriera di giornalista.
La
“Principessa della Stampa” e la battaglia contro il linciaggio
Negli anni
1880, Wells si impose come una delle poche donne nere giornaliste
negli Stati Uniti, firmando i suoi articoli con lo pseudonimo di “Iola”.
Ma il vero punto di svolta nella sua carriera arrivò nel 1889,
quando divenne co-proprietaria e direttrice del giornale “Free Speech
and Headlight”, un settimanale che difendeva i diritti dei neri e sfidava
il potere bianco.
Fu proprio
dalle pagine del “Free Speech” che iniziò la sua campagna contro il
linciaggio, una delle piaghe più atroci e sistematiche del Sud degli Stati
Uniti. La scintilla fu la brutale uccisione del suo amico Thomas Moss e
di altri due colleghi, accusati senza prove di aver aggredito bianchi. I tre
uomini vennero strappati dalle celle del carcere e giustiziati
sommariamente da una folla bianca, un evento che segnò profondamente Wells
e la spinse a indagare.
Attraverso
un’approfondita inchiesta, Ida scoprì e denunciò che il presunto “stupro di
donne bianche” — la giustificazione più comune per i linciaggi — era
una menzogna. Nei suoi articoli, smascherò la verità: spesso, dietro
l’accusa di stupro, si nascondeva la volontà di punire gli uomini neri per il
loro successo economico o per le relazioni consensuali con donne bianche. In un
editoriale scrisse:
“Nessuno in
questa parte del paese crede alla vecchia e logora menzogna secondo cui gli
uomini neri violentano le donne bianche”.
Le
conseguenze non tardarono ad arrivare. Il 25 maggio 1892, un
editoriale del quotidiano bianco Evening Scimitar incitò apertamente
alla violenza contro Wells, descrivendola come una “negra spregevole” che
meritava di essere marchiata a fuoco e castrata. Lo stesso giorno,
una folla di uomini bianchi assalì la redazione del “Free Speech”, distruggendo
la tipografia e lasciando un biglietto con la minaccia di morte per chiunque
osasse pubblicare un altro numero. Per evitare il linciaggio, Ida fuggì
a New York, dove continuò la sua campagna scrivendo per il giornale The
New York Age sotto il nome di “Exiled” (esiliata).
Il lavoro
investigativo di Wells prese forma nei suoi due più famosi pamphlet:
·
“Southern Horrors: Lynch Law in All Its Phases” (1892)
·
“The Red Record” (1895)
In queste
opere, Wells non si limitò a raccontare i fatti: li quantificò. Con
uno stile giornalistico asciutto e spietato, elencò le statistiche dei
linciaggi e fornì dettagli scioccanti sulle torture subite dalle vittime.
Dimostrò che il linciaggio era uno strumento di controllo sociale ed economico,
usato per mantenere il predominio bianco.
Come
scrisse Frederick Douglass in una lettera di ringraziamento a
Wells:
“Non c’è
stata parola uguale alla tua per potere persuasivo”.
Un attivismo
trasversale
Wells non si
fermò ai confini degli Stati Uniti. Tra il 1893 e il 1894, compì
due importanti tour nel Regno Unito, invitata da attivisti
britannici come Catherine Impey e Isabella Fyvie Mayo.
Parlando a platee gremite in Inghilterra e Scozia, espose la
brutalità del linciaggio e riuscì a ottenere il supporto di membri del
Parlamento britannico e persino del Duca di Argyll,
contribuendo a formare il Comitato Britannico contro il Linciaggio.
Tornata
negli Stati Uniti, Wells si trasferì a Chicago, dove sposò
l’avvocato e attivista Ferdinand Barnett e fondò il club
femminile Alpha Suffrage Club, la prima organizzazione di donne
nere per il diritto di voto. Partecipò alla Parata per il Suffragio di
Washington del 1913, rifiutando di marciare separata dalle sue compagne
bianche. Entrò nella processione affiancata da attiviste bianche,
sfidando apertamente le richieste di segregazione.
Lavorò anche
con il NAACP (Associazione Nazionale per la Promozione delle
Persone di Colore), ma la sua figura fu spesso considerata troppo “radicale” da
leader come W.E.B. Du Bois.
Ida B. Wells
morì a Chicago il 25 marzo 1931, ma la sua eredità è viva. I suoi
pamphlet, i suoi articoli e la sua inarrestabile lotta per la giustizia hanno
gettato le basi per il moderno giornalismo investigativo e il movimento per i
diritti civili. Nel 2020, le fu assegnato postumo il Premio
Pulitzer per il coraggio giornalistico.
Oggi, strade,
scuole e statue portano il suo nome, ma la sua più grande eredità è il
suo messaggio immortale:
“La via per
correggere i torti è gettare su di essi la luce della verità”.
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