Il Servizio Sanitario Regionale riesce a garantire la salute dei cittadini? Come possiamo ampliare lo studio dell’efficacia dell’assistenza, compresi settori trascurati come le cure di base per adulti e bambini e specialistiche ambulatoriali, attualmente in una situazione di notevole crisi?
Quali sono le conseguenze della progressiva
privatizzazione dell’assistenza? A proposito di privatizzazione c’è da dire che
in Sardegna abbiamo una condizione di Privato convenzionato a macchia di
leopardo, come esempio basta per tutti il Mater di Olbia, che riceve fondi
cospicui dalle tasse di tutti i sardi, ma si trova a Olbia, così altre realtà
importanti sono a Cagliari. Facilmente raggiungibili?
La proposta di un “Nuovo Servizio Sanitario Nazionale”
(NSSN) dell’Epidemiologo Cesare Cislaghi richiede una visione politica chiara,
una mobilitazione delle competenze epidemiologiche e un impegno collettivo per
difendere e rilanciare un sistema che ha garantito per decenni il diritto alla
salute. Questo dibattito non solo è urgente, ma rappresenta una delle sfide più
rilevanti per il futuro della sanità pubblica italiana. E la Sardegna come si
pone davanti a questa proposta?
Al momento in Sardegna è in corso una “rivisitazione” delle
Direzioni Generali delle varie Asl e Aziende Universitarie, del Brotzu e
dell’AREUS (area emergenza). Non possiamo omettere di dire che sei mesi di
commissariamento, non daranno risposte esaustive alla carenza di Medici di
medicina generale, è una branca che pochi giovani medici scelgono. Entro il
2026 (lo prevede il PNRR) devono essere definiti sia le Case di comunità, che
gli Ospedali di comunità: ad oggi le risorse umane non ci sono, a partire dagli
Infermieri di Famiglia Comunità (IFeC), figure di raccordo per le COT (La
Centrale Operativa Territoriale garantisce e coordina la presa in carico,
da parte dell’Azienda sanitaria locale, dei pazienti “fragili”, intercettando i
bisogni di cure e/o di assistenza, assicurando la continuità tra Ospedale e Territorio).
Credo che tutti concordiamo sulla certezza che le Case di comunità sono
nell’ambito delle cure primarie. Andando a rileggere la Dichiarazione di Alma
Ata (1978) il primo livello di contatto degli individui, delle famiglie e della
comunità con il sistema sanitario del paese, sono le cure primarie.
Attraverso le cure primarie si porta l’assistenza
sanitaria quanto più vicino è possibile a dove la popolazione vive e lavora
(dicasi prossimità) e costituendo il primo elemento di un processo continuo di
assistenza. E’ questo il livello dove emergono e si manifestano i bisogni di
salute della popolazione (applicazione del welfare della comunità). Su un piano
più operativo, si tratta di dare gambe a questo sistema di sanità: tradurli in
modelli efficaci di intervento. I servizi di prossimità dovrebbero essere
forniti principalmente (non esclusivamente) da medici infermieri di famiglia
(la definizione “di famiglia” vale appunto sia per i medici per gli
infermieri).
I determinanti sociali della salute e l’attenzione
alle disuguaglianze, riflette una comprensione più completa e integrata delle
necessità assistenziali. La decisione di includere il benessere mentale tra le
priorità assistenziali, è particolarmente significativa. Ma dal dire al fare
restano tante le famiglie costrette a farsi carico dell’assistenza alle persone
con malattie mentali e neurologiche. Come poter pensare positivo
riguardo i cinque progetti finanziati dal CCM (Centro nazionale per
la prevenzione e il controllo delle malattie) del Ministero della Salute.
Questi studi, che affrontano temi di grande attualità e rilevanza, spaziano
dagli effetti a lungo termine del COVID-19 alle linee guida per lo screening
neonatale uditivo e visivo, fino a nuove strategie per affrontare le infezioni
sessualmente trasmesse e il monitoraggio delle colonizzazioni da batteri
resistenti ai carbapenemi (sono antibiotici).
Siamo alle prese con problematiche ambientali: la
complessità delle attività inquinanti presenti in tutta l’Isola, tra Siti di
interesse nazionale per le bonifiche (SIN) e Siti d’interesse regionale (SIR),
si citano come “peccato originale” le fonti di inquinamento militare e il
Petrolchimico non hanno una bonifica programmata adeguata alle necessità dei
territori interessati, come peraltro gli impianti
industriali Fluorsid s.p.a. a questo si aggiunge la più recente
contaminazione da PFAS nell’area del Sulcis. Parlando di screening, ci viene
ricordato che è un obiettivo del nostro Servizio Sanitario Nazionale (SSN) il
prendersi cura delle persone lungo tutto il percorso, garantendo test,
diagnosi, trattamenti e follow-up completamente gratuiti.
Ma nella realtà gli screening hanno subito un lungo
blocco e solo in alcune zone della Sardegna si è ripreso ad effettuarli. Ed è
altrettanto necessario mettere in luce che oggi immigrati, migranti, persone transgender,
popolazione carceraria, individui con disabilità, malattie mentali, residenti
in zone isolate non ricevono lo stesso trattamento del resto della popolazione
dei centri urbani. È evidente la necessità di un contesto sanitario più
inclusivo e non discriminante, che si occupi attivamente dei gruppi più
vulnerabili e difficili da coinvolgere. Nel nostro mondo, ovvero di quelli che
si preoccupano della situazione ambientale e climatica e si impegnano per il
cambiamento, troviamo poca visibilità sulla stampa cartacea della Sardegna
(leggasi Unione Sarda e Nuova Sardegna).
Altrettanta difficoltà, ad essere supportati,
incontriamo tra i colleghi del settore sanitario. Concludo con una annotazione:
da laico sento di poter dire che la scomparsa del Papa Franziscus, diminuisce
la possibilità di divulgare una narrativa nuova e molto potente per costruire
un futuro sostenibile che non ripeta gli errori di oggi e del passato – fondati
secondo Francesco sulla cultura dello scarto e sul paradigma
tecnocratico dominante – proponeva un profondo cambiamento degli
attuali modelli di sviluppo. Le parole di Bergoglio sono risuonate forti in un
momento storico scosso da tremendi rigurgiti di odio e di disprezzo dei diritti
fondamentali delle persone. Sono parole che vanno rilette: dico che non devono
mai essere dimenticate, anche e a maggior ragione in momenti difficili come
quelli di oggi in cui proprio il multilateralismo è messo in discussione dalle
forze più reazionarie.
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