giovedì 21 agosto 2025

LSD in Sardegna: la solita scorciatoia vaccinale e i veri costi della “salute pubblica” - Alessia Zurlini

  

Una campagna “a tappeto” e molte ombre

In questi giorni, con l’annuncio dell’assessore alla Sanità Armando Bartolazzi, si è tornati a parlare con enfasi della cosiddetta “emergenza LSD” in Sardegna: oltre 300.000 capi bovini e bufalini saranno vaccinati in tutta l’isola con l’obiettivo di “eradicare” il virus. Tutto a carico dei fondi europei, quindi apparentemente “a costo zero”. Ma è davvero così?

Quando una campagna vaccinale diventa obbligatoria e indiscriminata, le domande che ogni professionista della salute pubblica dovrebbe porsi sono molte: che tipo di vaccino si userà? Quali dati di sicurezza lo supportano? È proporzionato al rischio reale? Ci sono alternative praticabili?

La dermatite nodulare contagiosa

La LSD (Lumpy Skin Disease) è una malattia virale che colpisce i bovini, trasmessa da insetti ematofagi come le mosche Stomoxys. Il virus – un Capripoxvirus a DNA – causa febbre, lesioni cutanee, infiammazione dei linfonodi, calo della produzione e talvolta aborti. Sebbene raramente letale, la malattia può avere un impatto economico importante per le aziende zootecniche.

Ma è altrettanto importante ricordare che non esiste una terapia eziologica, e che la prevenzione si basa su un insieme di misure: controllo dei vettori, biosicurezza, quarantene e, solo in ultima istanza, vaccinazione mirata.

La Regione Sardegna ha deciso di avviare una vaccinazione di massa per diversi motivi:

1.      Presenza confermata della malattia in Sardegna

Nei primi giorni di luglio 2025, sono stati segnalati e confermati almeno 7 focolai di LSD in diversi allevamenti bovini della Sardegna (in particolare nelle province di Nuoro e Oristano), con animali che presentavano: febbre alta, noduli cutanei disseminati, linfangite e abbattimento generale.

Questi dati, anche se iniziali, hanno fatto temere una rapida propagazione del virus, tipicamente veicolato da insetti ematofagi molto diffusi durante l’estate (es. Stomoxys calcitransCulicoides spp.), rendendo l’isola particolarmente vulnerabile dal punto di vista entomologico e climatico.

2.      Linee guida del Piano Nazionale di Contingency (che recepisce le linee guida dell’Organizzazione Mondiale per la Salute Animale – WOAH) dicono che in presenza di focolai attivi di LSD, le opzioni previste sono:

·         abbattimento degli animali infetti (già attuato nei primi casi);

·         restrizioni ai movimenti in un raggio di almeno 20 km;

·         vaccinazione omologa a tappeto, per contenere la diffusione e ottenere lo status di territorio protetto presso l’UE.

3.      Eradicare rapidamente e proteggere l’economia zootecnica come dichiarato dall’assessore la scelta della vaccinazione obbligatoria e totale è motivata da: «un’azione tempestiva per evitare una catastrofe economica e sanitaria negli allevamenti bovini sardi»

4.      Conformità alle normative UE per evitare embargo zootecnico

Secondo i regolamenti UE in materia di sanità animale (in particolare Reg. (UE) 2016/429), la presenza di focolai non contenuti comporta:

·         chiusura dei mercati esteri;

·         divieto di movimentazione di animali vivi e prodotti derivati;

·         obbligo di dichiarare lo “status sanitario compromesso”.

La vaccinazione permette invece di:

·         ottenere un “territorio in sorveglianza”, mantenendo l’accesso ai fondi e la possibilità di esportazione;

·         ridurre il tempo necessario per il ritorno allo status di “indennità”.

Il vaccino: davvero l’unica via?

Il prodotto scelto è un vaccino vivo attenuato a ceppo Neethlingnon un vaccino a mRNA né tantomeno autoreplicante. Questo vaccino è ampiamente usato in diversi Paesi africani, balcanici e asiatici, si tratta comunque di un vaccino vivo: può causare reazioni avverse, anche gravi nei soggetti debilitati o gravidi. Gli studi internazionali hanno documentato effetti collaterali come febbre, anoressia, noduli nel sito di inoculo, ma anche casi di aborto, seppur a bassa incidenza (0,3%) (EFSA, 2023).

Il rischio è quello di minimizzare gli effetti collaterali reali, trasformando un presidio sanitario in uno strumento di standardizzazione coercitiva.

Molti allevatori ricordano bene i danni della vaccinazione contro la Bluetongue: calo delle nascite, infertilità, diminuzione della produzione lattiera, perdita di fiducia nei confronti dei veterinari. Eppure, sembra che quella lezione non sia servita.

Si continua ad applicare un modello sanitario centrato sulla vaccinazione come unica arma, ignorando il contesto ecologico, le condizioni ambientali, la salute immunitaria degli animali, la qualità dell’alimentazione, la densità degli allevamenti.

I veri costi della strategia vaccinale

Anche se l’acquisto delle dosi è coperto dall’UE, la logistica, le indennità per gli animali abbattuti e i danni indiretti saranno pagati dalla Regione. Si parla già di milioni di euro.

Ma il costo reale rischia di essere ben più alto: quello della perdita di fiducia tra allevatori e istituzioni, della percezione di essere espropriati della propria libertà decisionale e imprenditoriale. E soprattutto, quello di una zootecnia sempre più dipendente da protocolli sanitari esterni, senza voce in capitolo.

E il sistema immunitario degli animali?

Non si sente mai parlare, in queste ordinanze e decreti, dell’importanza di rafforzare la resilienza immunitaria del bestiame. Un animale sano, ben nutrito, non stressato, ben gestito sul piano parassitario e ambientale, ha un sistema immunitario in grado di fronteggiare il virus in modo efficace, anche senza vaccino.

Eppure si preferisce continuare a ignorare queste dimensioni, affidandosi all’ennesima dose, all’ennesima campagna. Come se il vaccino fosse la panacea, l’unica possibilità, l’unico sapere autorizzato.

Una zootecnia sotto ricatto

Molti veterinari – soprattutto quelli di campo – stanno esprimendo forti dubbi sulla gestione della campagna. Gli allevatori più consapevoli, invece, parlano apertamente di “ricatto istituzionale” e minacciano di opporsi con ogni mezzo.

Le voci che si alzano da Nuoro, da Ittiri, da tanti piccoli comuni sardi parlano di una zootecnia stanca, frustrata, sempre più abbandonata e controllata da logiche che nulla hanno a che vedere con la salute animale o umana.

Cambiare paradigma

Il vaccino può avere un ruolo, ma non può essere il protagonista assoluto. È tempo di recuperare una visione più ampia, dove la salute del bestiame è costruita attraverso pratiche sostenibili, prevenzione reale, ascolto degli operatori del settore.

Continuare su questa strada significa solo ripetere errori già fatti, esasperare chi lavora con gli animali, e rendere sempre più fragile il nostro patrimonio zootecnico.

Il benessere non si inocula: si coltiva!

Ringrazio il prof. Vincenzo Cuteri per la revisione ed il contributo

da qui

Nessun commento:

Posta un commento