Prendi il Mali per esempio.
È una nazione in prevalenza desertica situata in Africa occidentale che
non ha sbocchi sul mare e confina a nord con l’Algeria, a est con Niger e
Burkina Faso e a ovest con Mauritania e Guinea.
Immagina ora di essere sin dagli albori un abitante di
siffatta terra arida e dal clima torrido, ovvero dalla preistoria,
circa due milioni e mezzo di anni fa, e di avere lo speciale dono –
o maledizione – di sconfiggere la morte e il conseguente oblio; di non poter
essere frainteso, manipolato o cancellato dal racconto vincitore che si fa
Storia e di poter assistere agli umani eventi nei secoli dei secoli come un
silente spettatore.
Indi per cui eri lì sin dall’inizio e ci sei ancora oggi, allorché il tuo paese
si gode l’amara attenzione delle prime pagine per
le ragioni peggiori.
C’eri nel 10.000 avanti Cristo quando il Sahara era fertile e
ricco di fauna selvatica ed eri presente anche quando migliaia di anni dopo i
popoli Mande costruirono le prime città.
Fosti testimone della prima grande battaglia, quando nel 1235 Sundiata
Keita vinse quella di Kirina e venne nominato Mansa,
ovvero l’imperatore, sovrano dell’Impero del Mali.
Dalla guerra, quindi, giammai dalla pace; dal sangue e dalla morte
dei nemici, per nulla al mondo dalla loro vita, venne alla luce uno dei
più grandi regni africani occidentali della storia. Divenne famoso per la
ricchezza dei suoi governanti, influenzando profondamente e ampiamente la
cultura della regione attraverso la diffusione della sua lingua, delle sue
leggi e dei suoi costumi.
Tu eri lì, tu hai visto tutto, quindi sai ogni cosa e non puoi dimenticare o
rimuovere alcunché.
Fosti testimone dei primi segni di decadimento, tra intrighi di
palazzo e di popolo, dei quali parve approfittarsi il vicino Impero Songhai,
il quale a sua volta nel 1591 vide ogni sogno di gloria
dissolversi in seguito all’invasione dei guerrieri del Sultano
del Marocco.
Di certo non puoi scordarti quando il glorioso impero, leggi pure come
l’ennesimo reame costruito sul dolore altrui, poco più di quattro
secoli dopo cadde rovinosamente a causa di un’altra guerra,
quella contro il rivale di sempre, l’impero Bamana.
Da quel momento facesti la scoperta di una verità vecchia come l’universo più
che il mondo: il più letale nemico, che tale non dovrebbe mai
essere, si chiama natura e andrebbe amata e temuta con la
stessa passione e fedeltà.
Difatti, dalla fine del diciassettesimo secolo una
terribile siccità colpì l’intera porzione di continente e la
fame, la sete e anche le locuste mieterono un numero enorme di vittime.
Verso la fine del 1800, al culmine della miseria e
della disperazione che avevano preso il posto dei fasti del
grande impero, ricevesti un’altra grande lezione di vita per un cittadino
africano: nel momento di maggiore difficoltà e vulnerabilità, come una
iena che si avventi famelica su un animale ferito, ecco che saltano fuori dal
nulla gli abitanti a nord delle tue disgrazie.
Un’altra guerra di conquista è ciò che hai visto, vissuto e
subito, nelle forme più spregevoli e criminose, ma taluni ancora oggi la
chiamano spartizione di un continente. Perché le parole con
cui racconti i fatti ieri ti permetteranno di farla franca oggi e di macchiarti
dello stesso reato domani.
Sto parlando ovviamente della Francia, gli invasori che hai visto
sfilare accanto a te con andatura trionfante e altezzosa. Come se il colonialismo fosse
un diritto acquisito per lignaggio invece che la
solita aggressione, rapina e sterminio ai danni di un paese sovrano.
Nel ‘60, solo in apparenza terminò l’indebito dominio transalpino
con la nascita della Federazione del Mali e nel fatidico ‘68 per
buona parte del mondo, nel giorno della Festa della Liberazione un colpo
di stato portò al potere l’immancabile regime militare e
repressivo.
Perché guerra chiama guerra, violenza urge violenza, e il sangue non
può essere rimarginato con altro sangue.
Più di vent’anni ci sono voluti per instaurare il presunto
paradiso chiamato democrazia.
Ricordi? Ma certo, eri lì quel 26 marzo del 1991, magari in piazza
insieme agli studenti che pacificamente si opposero ai soldati governativi.
Votasti alle prime elezioni presidenziali e multipartitiche, che
rappresenta un notevole passo in avanti dal punto di vista sociale e politico,
anche se da queste parti abbiamo da tempo dimenticato quanto non sia affatto
uno scontato stato delle cose.
Vivesti poi un favorevole ventennio – ma tu guarda la
coincidenza di parole e periodi della Storia – e poi la guerra si
ripresentò nuovamente, sebbene in altre vesti.
Mi riferisco alla ribellione dei Tuareg, con
vecchi amici quali Al-Qaeda e le forze in Libia comandate
da quel Gheddafi, a sua volta intimo con vari leader e partiti del
nostro pacifico governo.
La protesta andava sedata, dicevano ai piani alti, e ai piani alti non potevano
non chiedere aiuto agli amici di una volta, ovvero i francesi.
E via con le armi e gli eserciti, perché è
questa la sciagurata via che segna la Storia di questa nostra specie
maledetta, illusa del contrario.
Guerra e ancora guerra hai visto e pianto.
A morti civili o guerriere senza alcuna soluzione di continuità hai
assistito provando identico orrore, perché quando i proiettili e le lame
tranciano vita la conclusione è la stessa.
Prendesti fiato nel 2018 con il cessate il fuoco e
le conseguenti elezioni, ma neanche un anno dopo, in una sorta di
folle danza a opera di una compagnia di ballo formata da individui accecati e
privi di senno, due colpi di stato a distanza di pochi mesi fecero
a pezzi ulteriormente le già deboli speranze di un futuro di pace per il tuo
paese.
Arriviamo ora al 23 marzo di quest’anno insieme a te, occhi
che hanno visto e orecchie che hanno ascoltato, mani che hanno sfiorato e
ricordi che sono ancora indelebili, quando in una cosiddetta operazione –
vedi spartizione - anti-jihadista un esercito
di mercenari russi e soldati locali ha massacrato
trecento civili in cinque giorni.
È terrificante, vero? Soprattutto per chi come te ha osservato tale inferno da
vicino, a portata dell’odore del sangue ucciso.
Ma tu sai benissimo che tale notizia ha raggiunto la cima
ambita dei quotidiani a causa della presenza russa tra gli
assassini in divisa. E sai anche che il Mali non è il solo paese in
cui vendono le loro abilità omicide e che non sono gli unici stranieri a
portare in Africa la morte al giusto prezzo.
Come sarebbe bello se un giorno potessi raccontarci davvero tutta la storia
dall’inizio.
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