Per imboccare la strada della sostenibilità occorre affrontare il tema di
come garantirci da vivere senza il bisogno di alimentare ulteriormente la
crescita. Con l’intento di promuovere questo dibattito, il Centro nuovo modello
di sviluppo e il Movimento per la decrescita felice hanno elaborato un dossier
dedicato al lavoro.
Tutto dimostra che se vogliamo ritrovare l’equilibrio con l’ambiente nel
rispetto dell’equità, gli opulenti debbono accettare di rivedere in profondità
produzione e consumo. E che nessuno si illuda: il problema ambientale non è
circoscritto all’eccesso di anidride carbonica e quindi ai cambiamenti
climatici. La crisi è molto più profonda coinvolgendo al tempo stesso tutte le
risorse e tutti i rifiuti. Sul fronte delle risorse la crisi ha il volto della
scarsità, su quello dei rifiuti dell’accumulo. Solo per citare due esempi: ogni
anno abbiamo un deficit di terra fertile del 40%, mentre nel
Pacifico c’è un’isola di plastica grande come la Francia.
Tutto questo ci dice che per raggiungere il traguardo della sostenibilità
non basta passare dalle fonti fossili alle energie rinnovabili, continuando a
cullarci allegramente nel sogno della crescita infinita. Contemporaneamente
dobbiamo accettare di ridurre produzione e consumi: che non significa un
ritorno alla candela ma liberazione dalla schiavitù dell’inutile e del
superfluo. Una scelta che si fa ancora più urgente alla luce del fatto che
miliardi di persone non hanno ancora conosciuto il gusto della dignità umana.
Né potranno conoscerla finché gli opulenti continueranno a sguazzare nello
spreco perché c’è competizione per le risorse scarse.
Molte famiglie riconoscono la necessità di orientarsi verso stili di vita
più sobri ma una paura le blocca: se consumiamo di meno, come può “girare”
l’economia? E che fine faranno i nostri posti di lavoro? Angoscia derivante dalla
consapevolezza che in un sistema di mercato l’occupazione dipende dalla
capacità delle aziende di vendere ciò che producono. Così il lavoro salariato
finisce per trasformarsi in nemico della sostenibilità. Detta in un altro modo,
non riusciremo mai a imboccare la strada della sostenibilità fino a quando non
affronteremo il tema del lavoro, ossia come garantirci da vivere senza bisogno
di crescita. Ed è proprio con l’intento di promuovere questo tipo di dibattito
che il Centro nuovo
modello di sviluppo, in collaborazione con il Gruppo economia
del Movimento per la decrescita felice,
ha appena elaborato il dossier “Un altro lavoro per un’altra società”.
La tesi del dossier è che bisogna cambiare prospettiva:
bisogna smettere di dire che l’obiettivo è creare lavoro e affermare, invece,
che l’obiettivo è garantire le sicurezze. Il nostro problema non è faticare ma
avere di che mangiare, coprirsi, muoversi, studiare, curarsi. Per cui non
dobbiamo chiederci come possiamo creare lavoro, ma come possiamo garantire a
tutti la possibilità di vivere dignitosamente utilizzando meno risorse
possibile e producendo meno rifiuti possibile. Ed è chiaro che il modo migliore
per garantirci le sicurezze col minor utilizzo di risorse è l’applicazione
diretta del lavoro ai bisogni da soddisfare. Chi decide di imbiancare la
propria casa da solo, utilizza solo la vernice. Chi decide di servirsi di un
imbianchino, deve prima produrre qualcosa da vendere per avere di che pagare
l’imbianchino, poi ottiene l’imbiancatura.
La conclusione è che più si ricorre al denaro, più bisogna espandere la
produzione e quindi il consumo di risorse e produzione di rifiuti. Ciò che
dobbiamo fare è potenziare il lavoro diretto estendendolo all’economia
pubblica, in modo da espandere questo settore senza bisogno di crescita. La
proposta, insomma è tassare il tempo anziché il reddito, perché il lavoro è la
risorsa più abbondante di cui disponiamo. Del resto applicando il lavoro
direttamente a ciò che ci serve, possiamo risolvere i nostri problemi
essenziali senza far crescere inutilmente l’economia di mercato. A questo
riguardo il dossier prospetta scenari suggestivi ipotizzando la copertura
gratuita, dalla culla alla tomba, di tutti i bisogni fondamentali in cambio di
tempo dato alla collettività in forma organizzata e permanente. E per cominciare
a muoverci in questa direzione, si propone di istituire subito un servizio
civile obbligatorio valido per tutti i giovani.
Per concludere, Alex Langer diceva che la conversione ecologica si
affermerà solo se sarà socialmente desiderabile. Ossia se la gente si
convincerà che la vita ispirata all’economia del limite è migliore di quella
ispirata all’economia della crescita. E poiché la prima esigenza di ogni
famiglia è avere di che vivere, è proprio di questo che dobbiamo parlare
gettando il pensiero oltre la siepe. Sapendo, cioè, che quando la barca non
avanza perché l’acqua è scesa a tal punto da fare poggiare lo scafo sul fondo,
non è continuando a remare che possiamo sperare di rimetterla in movimento.
L’unico modo per farla ripartire è inventarci la ruota.
Questo articolo è stato pubblicato su Altreconomia il
15 aprile 2022
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