Poche
volte come in questi giorni abbiamo potuto valutare a pieno quanta fortuna
abbia chi nasce in un paese la cui Costituzione ripudia la guerra (che poi quel
ripudio venga talvolta rovinosamente ignorato è un altro, pur sacrosanto,
discorso). Non sarebbe poi così strano se dei bambini nati quest’anno – ammesso
che la specie umana non sia estinta – un giorno potranno dirsi altrettanto
fortunati perché la loro Costituzione ripudia il maltrattamento e l’uccisione
degli animali senza distinzione di specie. Esiste un nesso tra le due
affermazioni? A parere di Pitagora certamente sì: fin quando l’uomo continuerà
a distruggere tutte le forme di vita che considera inferiori non troverà vera
pace, si dice sostenesse il più autorevole dei matematici. Duemila anni dopo,
gli avrebbe fatto eco lo scrittore pacifista tedesco Edgar Kupfer-Koberwitz, arrestato
dalla Gestapo ad Ischia e deportato a Dachau fino al 1945: «Penso che finché
l’uomo torturerà e ucciderà gli animali, torturerà e ucciderà anche gli esseri
umani – e vi saranno le guerre – perché uccidere viene praticato e appreso poco
a poco». Naturalmente, lo sappiamo fin troppo bene, quel che si scrive sulla
carta, nella migliore delle ipotesi, impiega decenni e fa una fatica immane a
trasferirsi nelle pratiche reali di ogni giorno. Eppure, quelle poche parole in
difesa delle vite dei non-umani, aggiunte finalmente l’8 febbraio agli articoli
9 e 41 della Costituzione italiana, una loro piccola rilevanza epocale
potrebbero averla. Come scrive qui sotto Annamaria Rivera, che sui diritti
negati ha una certa qual competenza, essendosene occupata per decenni,
dipenderà dall’impegno e dalla lotta delle associazioni e delle persone
anti-speciste, animaliste e ambientaliste (e dai giuristi) che quelle
affermazioni non restino sulla Carta. Ma soprattutto, forse oggi più che mai,
dipenderà da tutti coloro che pensano che uccidere o torturare per qualsiasi
motivo qualcuno, quante che siano le gambe che lo tengono in piedi, non è
lecito mai e per nessuno
Come dovrebbe essere noto, l’8 febbraio scorso la Camera ha votato un
emendamento che, attraverso un disegno di legge, è volto a modificare la nostra
Costituzione, inserendo negli articoli 9 e 41 la tutela, sul nostro
territorio, non solo dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi, ma
anche degli animali, senza alcuna distinzione di specie e di “ruolo”. Il
che implicherebbe che siano tutelati anche quelli detti “da caccia” nonché gli
animali allevati a scopo alimentare o per la produzione di pelli e pellicce,
oggi perlopiù destinati, dopo indicibili maltrattamenti e torture, a divenire
“carne”, cioè cadaveri mercificati.
Ricordo che già l’articolo 13 del Titolo II del Trattato sul funzionamento
dell’Unione europea afferma che “l’Unione e gli Stati-membri tengono pienamente
conto delle esigenze in materia di benessere degli animali in quanto esseri
senzienti”.
V’è, inoltre una direttiva del 1998 la quale stabilisce criteri generali
per la tutela degli animali allevati per la produzione di cibo, lana, pelle,
pelliccia o per altri scopi, inclusi pesci, rettili e anfibi. A sua volta, essa
è basata sulla Convenzione europea riguardo la protezione degli animali
negli allevamenti risalente al 1978, che già allora affermava,
nell’art. 3, che “Ogni animale deve beneficiare di un alloggio, di
un’alimentazione e delle cure che (…) siano appropriate ai suoi bisogni
fisiologici e etologici”.
Oggi, finalmente, la tutela e la salvaguardia dei non-umani fanno parte dei
principi fondamentali della Repubblica italiana. Tuttavia non è
scontato che la costituzionalizzazione della tutela di tutti gli
animali intaccherà l’orrore degli allevamenti intensivi e dei mattatoi
automatizzati, propri delle società industriali-capitalistiche. A meno che
non si conduca una costante e dura battaglia, politica e legale; a
meno che associazioni e giuristi/e non siano disposti/e a impegnarsi affinché
questo strumento costituzionale assuma significati ed effetti concreti, e serva
a ispirare leggi nazionali che portino alla progressiva abolizione dei lager
per non-umani nonché della caccia.
Tra l’altro, va considerato che, secondo uno studio pubblicato il 1°
febbraio di quest’anno sulla rivista “Plos Climate”, l’eliminazione
totale degli allevamenti intensivi nel corso dei prossimi quindici anni e la
loro sostituzione con la vegetazione originaria e spontanea condurrebbero a una
riduzione globale netta del 68% delle emissioni di anidride carbonica.
Comunque già da ora la tutela degli animali, costituzionalizzata, assume
per lo meno un grande valore simbolico. Infatti, almeno simbolicamente, essa
spezza la continuità del pensiero occidentale moderno, il quale sovente ha
operato una netta dissociazione fra soggetti umani e oggetti animali: spesso
reificando e mercificando questi ultimi e negando non solo il fatto che essi
abbiano un “mondo”, delle culture, una “storia”, ma perfino la loro qualità di
soggetti di vita senziente, emotiva, cognitiva.
Forse un giorno non troppo lontano non sarà più così banale e ovvio, com’è
attualmente, ostentare pellicce di visone e/o nutrirsi abitualmente di carne. A tal proposito,
come a giusta ragione sostiene l’antropologo Mondher Kilani, essere carnivori
equivale a praticare una sorta di cannibalismo, dato che gli animali ridotti
a carne sono stati esseri intelligenti e sensibili, capaci
di provare emozioni, dolore fisico e psicologico: insomma, essi sono per
molti versi simili a noi, soprattutto nel caso dei mammiferi erbivori.
Nondimeno attualmente i maltrattamenti, le torture, gli
avvelenamenti, le mutilazioni, le morti più atroci, che vengono inflitti
abitualmente agli animali negli allevamenti intensivi e nei mattatoi
automatizzati, per lo più non sono percepiti come tali: sarebbe
come chiedere a chi produce e a chi consuma una qualsiasi merce di
commuoversi per la sua sorte.
Oltre tutto, come ho scritto a suo tempo, tali strutture
concentrazionarie, favorendo il “salto di specie”, rappresentano una delle
con–cause che hanno provocato la pandemia da Covid–19, ma anche
altre precedenti. Basta citare la Sars (“Sindrome respiratoria acuta grave”),
che si diffuse tra il 2002 e il 2003. Anch’essa provocata da un coronavirus, si
trasmise dai pipistrelli (per meglio dire, i chirotteri) − portatori sani, del
tutto asintomatici − ad altri animali mammiferi, poi a quelli umani.
Tutto ciò per non dire dei combattimenti tra animali, soprattutto cani, delle macellazioni clandestine, del bracconaggio organizzato e di altri orrori simili. Si aggiunga la crudele manipolazione di viventi che si compie con gli esperimenti di transgenesi, di clonazione e, più in generale, con le biotecnologie animali. Con gli animali da laboratorio, il ciclo maledetto che ho tratteggiato raggiunge il culmine. A tal punto che non è troppo azzardata l’analogia con le pratiche naziste di riduzione di corpi umani, de–umanizzati, a manichini, strumenti, cavie per la realizzazione di atroci esperimenti “scientifici”.
Finalmente, oggi non solo la salvaguardia dell’ambiente, ma anche la tutela
degli animali, senza distinzione fra specie, come ho detto, entrano per la
prima volta a far parte dei valori e dei principi fondamentali della
Repubblica. Il già citato articolo 9 della Costituzione, emendato, attribuisce
al Parlamento il dovere di approvare leggi a tutela degli animali. Tutto ciò
dovrebbe indurre le associazioni animaliste e anti-speciste a coordinarsi, con
l’aiuto decisivo di giuristi/e, non solo per far pressione sulle Camere
affinché emanino normative che possano difendere e tutelare gli animali, ma
anche per denunciare sistematicamente i maltrattamenti e le violenze che
vengono loro inflitti.
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