Marica Di Pierri, portavoce dell’Associazione a Sud, spiega ai lettori di Frontiere News il contesto ambientale italiano che ha fatto sì che lo scorso 5 giugno 24 associazioni e 179 persone (17 delle quali minorenni) abbiano fatto causa allo stato italiano, rappresentato dalla presidenza del Consiglio dei ministri, al tribunale civile di Roma.
Il 14
dicembre si è svolta la prima udienza della causa climatica contro lo stato
italiano: un evento storico che vede per la prima volta nel nostro paese clima
e diritti umani approdare insieme nell’aula di un tribunale. L’azione legale,
nata grazie all’iniziativa di movimenti, associazioni e centinaia di singoli
cittadini nell’ambito della campagna Giudizio universale, punta il dito contro lo stato
italiano per inerzia nel contrasto al cambiamento climatico, violando, di
conseguenza, diritti fondamentali tra cui il diritto alla vita e ad un ambiente
salubre tutelati dalla nostra Costituzione. Marica Di Pierri,
portavoce dell’associazione A Sud, primo ricorrente nella causa climatica, e
presidente del Centro di Documentazione conflitti ambientali di Roma, ci
racconta la vulnerabilità climatica del nostro paese e perché questa è la causa
del secolo.
L’Italia non
è il primo paese in cui argomentazioni basate sui diritti umani sono diventate
la base di contenziosi sui cambiamenti climatici. Nell’ultimo decennio è
aumentato notevolmente il numero di stati citati a giudizio dai propri
cittadini nella lotta al cambiamento climatico: secondo il Global Climate
Litigation Report delle Nazioni Unite, da luglio 2020 il numero di casi è quasi
raddoppiato con almeno 1.550 contenziosi climatici presentati in 38 paesi. Tra
i più significativi nel contesto europeo sicuramente il caso Urgenda dove la Corte suprema olandese
ha confermato il dovere del governo dei Paesi Bassi di limitare le emissioni
del 25% (rispetto ai valori del 1990) entro il 2020 e che ha fatto da apripista
nel nostro continente.
Una via,
quella legale, non solo per far riconoscere la responsabilità dei nostri stati
nel contrasto al cambiamento climatico ma anche per chiedere l’assunzione di
misure urgenti nel rispetto degli obiettivi internazionali per il clima. “A
livello di causa legale non indichiamo nessuna soluzione, questo sarà compito
del parlamento, del governo e degli enti preposti al varo delle politiche
pubbliche”, spiega Pierri. “La richiesta formulata dai ricorrenti italiani
riguarda la condanna dello Stato a realizzare una drastica riduzione delle
emissioni di gas serra del 92% nel rispetto dei limiti previsti dall’Accordo
sul clima di Parigi che prevede l’impegno delle parti aderenti a contenere il
riscaldamento globale ben al di sotto dei 2°C, impegnandosi a limitarlo a
1,5°C. L’assunto su cui si basa la nostra causa è che l’impatto dei cambiamenti
climatici sono oggi uno dei fattori di maggior vulnerazione dei diritti umani
fondamentali e questo vale ancora di più per le future generazioni che
pagheranno un prezzo altissimo”.
La causa
Un’iniziativa
interamente mossa dalla società civile tra cui spiccano 17 minori,
rappresentati in aula dai loro genitori. “Tutte le climate litigation sono
cause mosse dalla società civile per spingere a politiche climatiche più ambiziose.
I minori sono sicuramente uno dei gruppi di maggior rilievo emersi negli ultimi
anni, il tema dei diritti e delle giovani generazioni future sta assumendo
sempre più centralità nella rivendicazione della giustizia climatica
intergenerazionale. In Europa, ad esempio, un gruppo di sei giovanissimi
portoghesi tra gli 8 e i 21 anni hanno fatto causa a 33 Paesi e hanno intentato
la causa presso la Corte europea dei diritti umani di Strasburgo”.
In tutti i
contenziosi climatici la scienza del clima ha svolto un ruolo fornendo le basi
fattuali per le rivendicazioni legali avanzate. Per quanto riguarda la realtà
italiana gli scenari futuri delineati dai rapporti più autorevoli sui
cambiamenti climatici, tra cui l’ultimo rapporto uscito nel 2020 del Centro euro-mediterraneo
sui cambiamenti climatici e quello del Climate Analytics,
quest’ultimo allegato all’atto di citazione della causa italiana, ci dicono che
fenomeni sempre più intensi colpiranno il territorio con pesanti conseguenze
sul piano sociale, economico, e ambientale.
“La
particolare vulnerabilità climatica del nostro paese è sicuramente una delle
argomentazioni alla base della causa climatica. Gli scenari che riguardano il
territorio italiano sono particolarmente drammatici e il nostro paese sta già
pagando un prezzo altissimo sull’altare dei cambiamenti climatici. Gli aspetti
di vulnerabilità italiana riguardano tutti gli impatti climatici: dall’aumento
delle temperature, all’innalzamento dei mari fino ad arrivare a fenomeni
metereologici estremi. Pensiamo soltanto all’ultimo Capodanno con temperature
record: sull’Appennino lucano dove mi trovo ci sono stati venti gradi, sono
scoppiati i semi del glicine e le piante stanno andando in fioritura. Si tratta
di uno stravolgimento totale delle stagioni con gravi conseguenze sia sulla
biodiversità che sulla salute umana. Per quanto riguarda eventi estremi come
alluvioni o trombe d’aria in Sicilia nei mesi scorsi ci sono stati undici
tornado e gli uragani mediterranei sono un fenomeno che si sta
sempre più consolidando. Inoltre, nonostante in maniera semplificativa si pensi
sempre e solo a Venezia, l’innalzamento dei mari minaccia ampie zone del nostro
Paese tra cui buona parte della zona adriatica e anche delle regioni centrali
tirreniche”.
Secondo il Global Climate Index Risk 2021, che analizza e classifica gli
impatti del cambiamento climatico sugli stati nel mondo, tra il 2000 e il 2019
hanno perso la vita 475mila persone e l’Italia risulta ai primi posti
nell’infelice classifica per il numero di decessi dovuti all’emergenza
climatica.
“Una cosa
che mi ha colpito molto è che l’Italia risulta al sesto posto a livello
mondiale per decessi causati da eventi climatici estremi negli ultimi
vent’anni. Si tratta di un dato davvero allarmante che sottolinea il dovere
dello Stato di proteggere i propri cittadini”.
Comunicare
qualsiasi scienza è difficile, ma la scienza del clima presenta sfide
particolari. “Dal punto di vista informativo c’è sicuramente uno spazio
maggiore rispetto le tematiche inerenti ai cambiamenti climatici. Se ne parla
di più ma se ne parla solo in prossimità di eventi internazionali come la Cop26
o quando si verifica un evento calamitoso. Inoltre, quando se ne parla lo si fa
in maniera molto riduttiva facendo magari accenno al fatto che questi eventi
sono legati al cambiamento climatico ma non facendone un elemento centrale di
riflessione. In questo modo risulta difficile avviare un ragionamento serio su
quali possano essere le soluzioni reali per invertire la rotta, come
l’abbandono immediato dell’energia fossile”.
Per quanto
riguarda la politica, invece, il clima rimane spesso confinato nel mondo della
retorica perdente continuando a risultare il grande assente nell’agenda delle
priorità “come associazione guardiamo con grande preoccupazione alla retorica
della transizione ecologica che si è consolidata nel nostro paese e che ci
sembra non stia portando nella direzione giusta. Ancora oggi abbiamo come
obiettivo di riduzione l’obiettivo prefissato dallo PNIEC che è ampliamente
superato dalla legislazione europea che prevede una riduzione delle emissioni
del 55%. Inoltre, la grande centralità del gas con investimenti infrastrutturali,
che stanno creando grande conflittualità territoriale, e il ritorno del
nucleare in auge ci preoccupa molto e non crediamo che sia la strada giusta”.
“Si tratta
di una causa che ha a che fare con la sopravvivenza della vita così come la
conosciamo oggi. La scienza ci dice che è entro questo secolo che definiremo i
destini climatici del pianeta e questo è il secolo dove questa battaglia va
vinta. È presto per misurare l’efficacia nel medio lungo termine di queste
cause ma si può dire che in generale si assiste ad un miglioramento delle
politiche pubbliche climatiche. Da questo punto di vista il caso tedesco è uno
dei più significativi: dopo la sentenza della Corte costituzionale il governo
ha riscritto la legge climatica alzando la soglia di riduzione delle emissioni
al 65%”.
Questi anni
verranno ricordati come gli anni in cui l’intera umanità è stata messa in
ginocchio di fronte ad un nemico invisibile ed estremamente letale ma potranno
essere ricordati anche come gli anni in cui l’umanità ha affrontato la sfida
più grande della nostra storia: la crisi ambientale.
In questo
contesto i contenziosi sul clima rappresentano uno strumento concreto per un
cambiamento di rotta, affermando nella sostanza che l’attuale crisi planetaria
non è solamente una questione ‘reale’ ma anche e soprattutto filosofica ed
esistenziale: la nostra vita e i nostri diritti sono indissolubilmente legati
alla salute della Madre terra.
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