Torniamo a occuparci della Nigeria e del petrolio che l’occidente
ruba impunemente a questa nazione per pochi spiccioli, con danni umani e
ambientali incalcolabili.
Le multinazionali petrolifere occidentali hanno tratto profitto dalla
produzione di petrolio in Nigeria per molti anni, ma sono state criticamente
censurate per il grave impatto ambientale che ne è derivato.
La Commissione ambientale dello stato di Bayelsa in Nigeria sta ora
richiedendo almeno 12 miliardi di dollari, corrispondenti a 11 miliardi di
euro, per affrontare l’inquinamento accumulato nella regione a causa
dell’estrazione petrolifera.
Secondo un rapporto presentato dalla Commissione, le due principali aziende
coinvolte, Shell ed Eni, sono responsabili del 75% dell’inquinamento.
Si stima che ben 47 compagnie petrolifere operino a Bayelsa, che insieme al
resto del delta del Niger rappresenta una delle principali zone di produzione
petrolifera della Nigeria.
Il rapporto evidenzia che la produzione petrolifera a Bayelsa apporta al
governo nigeriano oltre 9 miliardi di euro all’anno.
La Commissione lancia un appello alla comunità internazionale affinché si
impegni a riparare i danni all’ambiente e alla salute, raccogliendo i fondi
necessari in una “campagna concertata” nei prossimi 12 anni. Le indagini per la
stesura del rapporto sono durate complessivamente quattro anni.
La speranza di vita media a Bayelsa si attesta intorno ai 50 anni,
segnalando l’impatto negativo sulla salute della popolazione locale.
Gli indennizzi previamente erogati sono stati ben al di sotto delle
richieste attuali.
Nel 2015, ad esempio, Shell ha accettato di pagare circa 70 milioni di euro
a 15.600 pescatori e agricoltori del Delta del Niger, i cui mezzi di
sussistenza erano stati compromessi a causa di due incidenti di fuoriuscita di
petrolio nel 2008.
Nel 2021, il gruppo ha promesso 95 milioni di euro per due ulteriori
perdite di petrolio verificatesi negli anni ’70.
Il rapporto recentemente presentato sottolinea ulteriori gravi conseguenze
sia per i residenti che per l’ecosistema della regione.
Centinaia di migliaia di persone a Bayelsa sono costrette a vivere su
terreni contaminati. In alcuni luoghi, sono state riscontrate concentrazioni di
inquinanti derivanti dall’industria petrolifera, come il cromo, che superano di
oltre mille volte i limiti stabiliti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità
(OMS) per le acque sotterranee.
Inoltre, in alcuni luoghi, le concentrazioni di altri composti, come gli
idrocarburi presenti nel petrolio grezzo, superano persino i livelli di
sicurezza di un milione di volte.
La Commissione descrive la situazione come una “crisi sanitaria silenziosa”
che finora ha ricevuto scarsa attenzione.
Solo nel 2012, si stima che circa 16.000 neonati siano morti poco dopo la
nascita a causa dell’inquinamento petrolifero. L’aspettativa di vita media a
Bayelsa si attesta intorno ai 50 anni, evidenziando la gravità della
situazione.
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