Le associazioni ambientaliste FAI, Legambiente e WWF hanno sottoscritto fra
loro un accordo (Paesaggi rinnovabili) per il sostegno
alla produzione di energia da fonti rinnovabili senza se e senza ma,
al di là della terminologia accattivante.
Spiace, ma non siamo d’accordo.
Come giustamente ricordano in questi giorni gli Amici della Terra, “la
recente crisi dell’energia ha fatto scoprire a tutti che, in Italia, 15 anni di
sussidi (oltre 200 miliardi) e di attenzione quasi esclusiva allo sviluppo di
fonti rinnovabili intermittenti (eolico e fotovoltaico) ci hanno consentito,
nel 2021, di coprire solo il 3,4% dei consumi finali di energia (1,79 Mtep di
eolico e 2,14 Mtep di fotovoltaico), e che questo sforzo si è rivelato
inadeguato di fronte all’emergenza. Si è rivelato inutile anche per la
diminuzione delle emissioni climalteranti, che anzi sono aumentate se
calcoliamo le emissioni da carbone della filiera del solare”.
Il territorio non è un banale contenitore per centrali di
produzione energetica da fonti più o meno realmente rinnovabili (per esempio,
non lo è certamente la biomassa ottenuta dal taglio
selvaggio di boschi di mezza Europa).
La grande ricchezza del Bel Paese è data
proprio dalla straordinaria ricchezza dei valori naturalistici, ambientali,
paesaggistici e storico-culturali.
Mancanza di seria pianificazione energetica, carenza di governo
pubblico delle proposte di centrali energetiche da fonti rinnovabili
provenienti da privati, presenza ancora
insufficiente di vincoli e piani paesaggistici.
Gli esempi dati dall’autentico Far West
della speculazione energetica nella Tuscia e dalla
pura follìa determinata della prossima sovrapproduzione di
energia da fonti rinnovabili assolutamente inutilizzabile della Sardegna
rendono palese la necessità di un efficace esercizio delle competenze statali e
regionali di tutela del paesaggio, che significa anche tutela dell’identità
storico-culturale e dell’attrattiva turistica dei territori.
Nella Tuscia, secondo dati non aggiornati, siamo di
fronte a ben 51 progetti
di campi fotovoltaici presentati, in parte approvati e solo in
minima parte respinti in pochi anni, complessivamente oltre 2.100
ettari di terreni agricoli e boschi. Analogamente sono ormai
svariate decine i progetti di centrali eoliche presentati o già in esecuzione.
In Sardegna, se fossero approvati tutti i progetti di centrali per la
produzione di energia da fonti rinnovabili, vi sarebbe un’overdose di
energia prodotta, pagata dallo Stato, ma inutilizzabile.
Infatti, a oggi in Sardegna non esistono impianti di conservazione
dell’energia prodotta.
Con la realizzazione del Thyrrenian Link, il nuovo doppio cavo
sottomarino di Terna s.p.a. con portata 1000 MW, 950 chilometri di lunghezza
complessiva, da Torre Tuscia Magazzeno (Battipaglia – Eboli) a Termini Imerese,
alla costa meridionale sarda. Dovrebbe esser pronto nel
2027-2028, insieme al SA.CO.I. 3,
l’ammodernamento e potenziamento del collegamento fra Sardegna, Corsica e
Penisola con portata 400 MW, che rientra fra i progetti
d’interesse europeo.
Al termine dei lavori, considerando l’altro collegamento già esistente,
il SA.PE.I. con portata
1000 MW, la Sardegna avrà collegamenti con una portata complessiva di 2.400
MW. Non di più.
In Sardegna, al 20 maggio 2021, risultavano presentate ben 21 istanze di
pronuncia di compatibilità ambientale di competenza nazionale o regionale per
altrettante centrali eoliche, per una potenza complessiva superiore a 1.600 MW,
corrispondente a un assurdo incremento del 150% del già ingente comparto eolico
“terrestre” isolano.
Complessivamente dovrebbero esser interessati più di 10 mila ettari di
boschi e terreni agricoli da. un’ottantina di richieste di autorizzazioni per
nuovi impianti fotovoltaici.
Le istanze di connessione di nuovi impianti presentate a Terna s.p.a.
(gestore della rete elettrica nazionale) al 31 agosto 2021 risultavano
complessivamente pari a 5.464 MW di energia eolica + altri 10.098 MW di energia
solare fotovoltaica, cioè 15.561 MW di nuova potenza da fonte rinnovabile, a
cui devono sommarsi i tredici progetti per centrali eoliche offshore finora
presentati,che dichiarano una potenza pari a 8.321 MW.
In tutto sono 23.382 MW, cioè più di undici volte i 1.926 MW esistenti
(1.054 MW di energia eolica + 872 di energia solare fotovoltaica, dati Terna,
2021).
Significa energia che non potrà essere tutta utilizzata in Sardegna, non
potrà esser trasferita verso la Penisola, non potrà essere
conservata.
Significa energia che dovrà esser pagata dal gestore unico della Rete (cioè
lo Stato, cioè la Collettività di tutti noi) per essere in buona parte sprecata.
Gli unici che guadagneranno in ogni caso saranno le società energetiche.
Sotto il profilo strettamente energetico sono casi diversi quelli dei
progetti di centrali eoliche offshore direttamente collegati alla rete
elettrica delle Penisola, perché entrano nella rete presso il polo energetico
di Tor Valdaliga (Civitavecchia).
Per il resto, una vergognosa speculazione energetica con
un bel po’ di soldi pubblici e incentivi, tanto per cambiare.
Cosa ben diversa sarebbe se fosse lo Stato a pianificare in base ai reali
fabbisogni energetici le aree a mare e a terra dove installare gli impianti
eolici e fotovoltaici e, dopo coinvolgimento di Regioni ed Enti locali e
svolgimento delle procedure di
valutazione ambientale strategica (V.A.S.), mettesse a bando di gara
i siti al migliore offerente per realizzazione, gestione e rimozione al termine
del ciclo vitale degli impianti di produzione energetica.
Su queste problematiche FAI, Legambiente e WWF non dicono una parola. E
spiace.
Paesaggio, identità storico-culturali, casse pubbliche non sono in
svendita al peggiore offerente.
Gruppo d’Intervento
Giuridico (GrIG)
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