venerdì 2 dicembre 2022

Costa Rica e Groenlandia vogliono vietare esplorazioni di gas e petrolio - Claudia Vago

«La Costa Rica sta per scrivere la storia: il Congresso discute della possibilità di vietare in maniera definitiva l’esplorazione e lo sfruttamento di petrolio e gas», twittava Christiana Figueres, ex segretaria esecutiva dell’Unfccc, la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, tra il 2010 e il 2016. Facendo appello a unirsi alla battaglia.

L’invito è stato raccolto Mark RuffaloGael Garcia BernalJane Fonda. E il premio Nobel per l’economia Joseph Stiglitz, che sottolinea come perseguire una ripresa economica “pulita” sia la cosa più sensata da fare.

Il progetto di legge discusso in Parlamento

L’impegno della Costa Rica per vietare l’esplorazione dei combustibili fossili è iniziato nel 2002 sotto la presidenza di Abel Pacheco. Allora venne stabilito un divieto temporaneo la cui scadenza, fissata al 2014, è stata prorogata fino al 2050. Il nuovo disegno di legge, sostenuto dall’amministrazione del presidente Carlos Alvarado, si spinge oltre, vietando in modo permanente esplorazioni e sfruttamento di gas e petrolio.

«Un divieto permanente manderebbe un messaggio molto potente al mondo intero», ha dichiarato alla Reuters la parlamentare Paola Vega. «La preoccupazione», sottolinea Christiana Figueres, «è che un giorno possa esserci un governo che pensa sia una buona idea tornare all’utilizzo di combustibili fossili».

C’è un movimento a favore delle esplorazioni

Il dibattito parlamentare si sta svolgendo in queste settimane. E anche per questo Christiana Figueres e altri attivisti stanno usando i social network per sollevare l’attenzione del mondo intorno al progetto di legge. Tuttavia, diversi parlamentari costaricani ritengono che il voto arriverà solo a ottobre.

Fin dal 2019 un movimento pro-esplorazione ha cercato senza successo di ottenere un referendum sull’esplorazione di petrolio e gas. Il disegno di legge ha incontrato l’opposizione di alcuni politici che sostengono che le risorse potrebbero aiutare il Paese a riprendersi da un calo dell’8,7% del Pil nel 2020 dovuto alla pandemia di coronavirus.

Non è provato che le riserve di cui dispone la nazione centroamericana siano redditizie da un punto di vista commerciale. «Probabilmente non vedremmo profitti prima di almeno 10-15 anni, quando la domanda di petrolio e gas sarà effettivamente ancora inferiore a quella attuale», ha dichiarato Figueres.

Anche la Groenlandia vieta le esplorazioni

A metà luglio è stato il governo ambientalista della Groenlandia ad annunciare la sospensione dell’attuale strategia e la fine alle future esplorazioni petrolifere sul proprio territorio. Come riporta il quotidiano francese Novethic, secondo l’American Institute of Geophysics, più di un quinto delle riserve petrolifere non scoperte si trova a nord del Circolo Polare Artico. Rappresentano il 13% delle risorse petrolifere mondiali. Le acque groenlandesi conterrebbero così 51 miliardi di barili di petrolio.

Le ragioni che hanno spinto il governo a questa decisione sono essenzialmente due. Da un lato, analisi economiche della redditività delle esplorazioni mostrano che i rendimenti sono due volte inferiori rispetto a quanto si aspettano le compagnie petrolifere. Dall’altro, ovviamente, l’impatto sull’ambiente e sul clima.

È una decisione soprattutto simbolica, sottolineano esponenti del governo. Già da alcuni anni le esplorazioni petrolifere sono in stallo. La principale campagna di esplorazione offshore, condotta dalla Scottish Cairn Energy intorno al 2010-2011, era stata un fallimento.

Stop anche alle esplorazioni di uranio

Eppure il governo, per mantenere le sue promesse elettorali, non si fermerà. Attualmente è allo studio un progetto di legge per vietare l’esplorazione e lo sfruttamento di uranio. «La popolazione della Groenlandia ha basato per secoli il proprio sostentamento sulle risorse naturali del Paese» sottolinea il governo. Per il quale, quindi, le attività economiche e commerciali devono tenere conto della natura e dell’ambiente.

Abbandonare i combustibili fossili è un dovere

«Questo rapporto deve suonare una campana a morto per carbone e combustibili fossili, prima che distruggano il nostro Pianeta», ha dichiarato Antonio Guterres, segretario generale delle Nazioni Unite commentando la pubblicazione del più recente rapporto dell’IPCC. «Se uniamo le forze ora, possiamo evitare la catastrofe climatica. Ma, come chiarisce il rapporto, non c’è tempo per indugiare e non c’è spazio per scuse».

Il rapporto presentato lunedì 9 agosto è stato redatto dal Gruppo di lavoro I il cui scopo è concentrarsi sugli aspetti scientifici del sistema clima e dei cambiamenti climatici. Centinaia di scienziati hanno passato al vaglio migliaia di studi per fornire un quadro delle conoscenze nell’ambito del clima e dei cambiamenti climatici.

Il verdetto è chiaro: i cambiamenti climatici dipendono dalle attività umane e si stanno verificando molto più velocemente di quanto succederebbe naturalmente. La strada per centrare l’obiettivo di contenere l’aumento della temperatura media globale entro l’1,5° è sempre più stretta. E va imboccata con coraggio, cominciando dall’abbandono di quelle cha sappiamo essere la principale causa di emissioni di gas ad effetto serra: i combustibili fossili.

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