Le guerre infieriscono sul mondo e la crisi ecologica causa disastri devastanti. Cornel West spiega perché la lotta per la giustizia climatica deve unirsi al più presto a un movimento per la pace
Nel 1992, quattro poliziotti bianchi sono stati assolti dalla giuria dopo
aver assaltato Rodney King, un uomo afroamericano, nonostante l’esistenza di un
filmato che li riprendeva mentre costringevano King, disarmato, a terra, e lo
picchiavano. Il verdetto ha scatenato una serie di proteste anche violente,
ormai conosciute come Los Angeles riots. Questi disordini hanno
secondo l’opinione comune dato grande forza al libro più influente di Cornel
West, Race Matters, pubblicato l’anno
successivo.
West è uno degli studiosi moderni più illustri nel campo di razza, di
teoria culturale afroamericana, pensiero critico, musica, religione e
filosofia. Ha scritto numerosi testi seminariali, tra cui Democracy
Matters (2004) e il più recente Black Prophetic Fire (2014). West è stato
professore associato di diverse università, tra cui Harvard e Princeton.
La settimana scorsa, Srećko Horvat, membro del consiglio di Internazionale
Progressista, ha parlato con West di internazionalismo, solidarietà in un mondo
multipolare, e dei pericoli di un clima in rapido cambiamento.
Hai tratto ispirazione e hai scritto molto di internazionalismo, di Franz
Fanon, Ali Shariati, Karl Marx, Rosa Luxemburg, Emma Goldman, Martin Luther
King e non solo. Quindi la mia prima domanda è, cosa hai imparato da loro? Cosa
ci possono insegnare oggi? Quali sono le idee rivoluzionarie più potenti e
pertinenti di cui l’internazionalismo ha bisogno oggi per essere più che una
parola vuota?
Per me l’internazionalismo è sempre il punto di partenza, perché senza di
esso sarebbe molto difficile prendere le misure di certe cose, come i limiti e
le mancanze del tuo governo, specialmente quando si parla di politica estera e
interna.
Oggi, il nazionalismo è l’ideologia più forte di un mondo moderno in cui
gli stati-nazione sono il fulcro della vita della gente. Detiene il monopolio
della violenza e delle istituzioni dell’amministrazione pubblica, e
condizionando il modo in cui le persone interpretano la propria quotidianità
indirizza le discussioni politiche. Il nazionalismo, secondo me, rappresenta
spesso un ostacolo che non ci permette di vedere come gli stati nazionali sono
connessi gli uni agli altri e agli imperi.
L’internazionalismo è un punto di partenza, non soltanto in campo morale e
spirituale ma a livello di analisi storica, strutturale, psicologica. Comincia
con la comprensione delle forze in gioco nel globo, e dei momenti chiave di uno
specifico periodo storico, come l’età dell’Europa (1492-1945) e l’età degli
Stati uniti (1945—).
Al momento, l’impero statunitense non è altro che il portatore di gravi
problemi come disintegrazione, decomposizione, decadenza, come l’avidità
organizzata al governo e il terrore istituzionalizzato monopolizzato da diversi
politici. La situazione attuale vede da un lato il neofascismo e dall’altro il
neoliberalismo.
Dobbiamo offrire un’alternativa. Ed è questo il punto della solidarietà
multinazionale e internazionale. Senza la capacità di andare al di là delle
nazioni, anche le visioni internazionali più spettacolari rimangono astratte.
Queste visioni devono incarnarsi, devono essere messe in atto, e devono essere
istituzionalizzate.
Negli ultimi anni, con la pandemia, la ritirata dall’Afghanistan, la guerra
in Ucraina e quella tra gli Stati uniti e la Nato e la Russia, l’influenza
dell’impero statunitense è in declino, sta marcendo. L’ordine mondiale che si è
creato dopo la Seconda Guerra Mondiale, costruito intorno agli Stati uniti come
maggiore potenza, è anch’esso in rovina. Ci troviamo davanti un mondo multipolare.
Il ruolo della Cina diventa sempre più importante, con la possibilità che
nascano nuovi conflitti nel Pacifico. La mappa geopolitica è in rapido
cambiamento. Secondo te come si svilupperà quest’ordine multipolare
nell’immediato futuro, e come si presenterà il declino degli Stati uniti?
Il futuro rimane sempre incompiuto, incompleto, aperto. Le tendenze
dominanti sembrano essere in tutto il globo profondamente neofasciste. Detesto
dover essere così tetro proprio adesso, ma non esistono piattaforme o proposte
convincenti di intervento progressista, internazionalista e di sinistra.
D’altronde il neoliberalismo è ormai stato così screditato che la sua
legittimità è stata radicalmente messa in dubbio, se non infranta. Ci sono una
disparità economica grottesca, una disgustosa xenofobia e una depressione
incredibile, e questo mentre gli effetti della pandemia si fanno ancora
sentire. La gente vuole un’alternativa all’ordine neoliberale degli Stati uniti
e alle sue espressioni internazionali.
Negli Stati uniti, se le tendenze dominanti restano in atto, dovremo
gestire una coalizione neofascista costruita sul potere di grandi somme di
denaro e dell’irrefutabile xenofobia militare. Si tratta ovviamente di
supremazionismo bianco, ma anche di antisemitismo, arabo-fobia, islamofobia,
rifiuto dell’immigrazione, misoginia, omofobia, lesbofobia, transfobia.
Questi sentimenti aggressivi stanno fomentando e motivando un numero
significativo dei miei concittadini, che sono estremamente fuorviati ma anche
spaventati; molti di loro si trovano in difficoltà economiche.
Recentemente il governo tedesco, per esempio, ha deciso di investire 100
miliardi di euro in armi, invertendo completamente quella che è stata la sua
linea politica dalla Seconda Guerra Mondiale. Oggi, persino i cosiddetti
pacifisti che si esprimono contro la guerra supportano l’industria bellica.
Altrove in Europa si continuano a costruire muri e gli investimenti
nell’esercito stanno salendo alle stelle. Cosa ne pensi della rapida
militarizzazione dell’Europa?
L’Europa continua a intensificare l’ansia per la propria sicurezza, ma
prima dovrebbe gestire i movimenti neofascisti interni, che sono solitamente
anti-immigrazione, visto il significativo movimento di preziose vite umane che
si darà presto a seguito di catastrofi in diverse parti del mondo.
In secondo luogo, l’Europa sembra indirizzarsi verso gli Stati uniti per la
propria sicurezza. È un lancio disperato, contro quello che sembra essere
l’espansionismo russo. Ora, io ritengo che l’invasione e l’occupazione
dell’Ucraina sia un crimine contro l’umanità, e su questo non c’è dubbio. La
Russia è controllata dalle proprie élite autoritarie e neofasciste, che
rimangono al potere e si preoccupano di mantenere un impero russo completamente
basato sul passato, un impero che nella loro visione comprende l’Ucraina,
un’Ucraina che non esiste. Si tratta del tipico linguaggio coloniale che si
poteva trovare agli inizi dell’era Europea: non ci sono persone lì, la terra è
nostra e così via.
Spero che l’Europa si rimetta anche in contatto con il suo glorioso passato
rivoluzionario e progressista. Penso sia molto importante che, guardando
all’era dell’Europa, non si vedano solo il colonialismo e l’imperialismo ma
anche le lotte anticoloniali e rivoluzionarie, le critiche all’imperialismo e
al capitalismo di Marx e Engels, e c’è molto da aggiungere. C’è una tradizione
che deve essere riscoperta e riappropriata, ma in solidarietà con i movimenti
anticoloniali e antimperialisti in Africa, in America Latina, in Asia e nella
mia stessa nazione imperialista, gli Stati uniti.
Per chiudere, qui in Croazia, da dove ti parlo, stiamo subendo numerose
ondate di caldo. In Francia, Spagna e Portogallo sono state registrate
temperature molto al di sopra della norma. Il mese scorso abbiamo visto
temperature in crescita e eventi climatici estremi anche in India e in
Pakistan, senza contare tutti gli altri sintomi della crisi climatica. Direi
che negli anni Settanta e Ottanta, quando c’era un forte movimento contro il
nucleare, si trattava al contempo di un movimento contro la guerra. Erano
connessi. Il movimento contro la guerra in Vietnam lavorava fianco a fianco con
l’organizzazione antinucleare. Ma oggi, il movimento ambientalista non è
necessariamente un movimento contro la guerra, e il movimento contro la guerra
non è necessariamente un movimento ambientalista. Come possono questi movimenti
diversi ma complementari unirsi per costruire un movimento più forte?
Hai centrato in pieno il punto. Dobbiamo fare in modo che il movimento
contro la guerra e il movimento ambientalista si alleino così che la lotta
contro le catastrofi climatiche vada di pari passo con il rifiuto categorico
del militarismo e del capitalismo predatorio, dell’ossessione per il profitto,
la tendenza a spremere la natura, i lavoratori, tutto quello che capita
sottomano, per poter generare un valore commerciale e di mercato.
Il mese scorso mi è stato chiesto di parlare al Mary House della grande
eredità di Dorothy Day, che ha fondato il movimento dei lavoratori cattolici.
Sua nipote Martha era appena uscita di prigione per aver versato del sangue sui
sottomarini nucleari; questo è un esempio di una lotta radicale contro la
guerra. Per questo gesto sono stati arrestati ed erano stati appena rilasciati.
C’è stato uno splendido festeggiamento. Quell’eredità di Dorothy Day, Philip
Berrigan e tanti altri che da sempre hanno compreso la relazione tra
antimilitarismo, antinucleare, antimperialismo, antirazzismo, antisessismo,
anticapitalismo… dobbiamo valorizzarla.
Sfortunatamente non hanno ricevuto l’attenzione che meritavano.
Ora, come sai, c’è la Poor People Campaign, e parte del
messaggio di questa campagna è una critica in stile Dorothy Day, in stile
Martin Luther King, sui modi in cui la catastrofe ambientale è legata a quella
economica e militare, e all’attacco a lavoratori e lavoratrici e ai movimenti
sindacali. È un tentativo di creare una solidarietà dalla visione
internazionale, con un’analisi globale e una forte prassi locale. E questo è
vero per la Croazia ed è vero qui, nella pancia del mostro, l’impero
statunitense, dove continuiamo a lottare. Ma la cosa più importante, fratello,
è che alla fine, sono le persone/i popoli ad avere l’ultima parola.
*Cornel West è un filosofo e attivista, lavora all’Harvard Divinity School.
Srećko Horvat è un filosofo e attivista croato. Questo articolo è uscito su JacobinMag. La traduzione è di
Valentina Menicacci.
Nessun commento:
Posta un commento