Mentre veniamo inondati da resoconti di varia
credibilità sulla guerra istigata da USA/NATO contro la Russia che si sta
combattendo in Ucraina, e che provoca giustificabili torcimenti di mani per le
vane perdite di vite, la minaccia di un Armageddon nucleare e insperati sempre
crescenti profitti ai fabbricanti di armi, faremmo bene a badare un po’ più a
Haiti, base primaria di resistenza contro il colonialismo e l’eccezionalismo
occidentali.
Giusto un fugace guizzo sul radar dei mass media, ci
capita di vedere brevi rapporti di agitazioni a Haiti che travisano la vera
portata e natura dell’attuale
insurrezione. La
popolazione di Haiti è scesa in strada in moltitudine crescente, esigendo il
rispetto dei propri diritti umani e democrazia, nonché la fine della corruzione
e del saccheggio di risorse pubbliche. Nonché la fine dell’occupazione USA/ONU
e del regime di destra del Partito Tét Kale Haitian (PHTK) capeggiato da Ariel
Henry.
Chiede invece un governo transitorio di salute
pubblica (Sali Piblik) per creare le fondamenta per
elezioni libere ed eque, e il ritorno a norme democratiche. Esigono la fine del
terrore inflitto dalla Polizia Nazionale Haitiana e dai paramilitari, ivi
compreso lo squadrone della morte G-9 agli ordini dell’ex-ufficiale di polizia
Jimmy Cherizier, che coopera col regime del PHTK. Vogliono la fine della
proliferazione di rapimenti, stupri, uccisioni poliziesche e massacri per tutto il paese, come
l’orripilante massacro
di Lasalin.
Tipicamente, gli USA, che hanno sostenuto Henry e
fornito armi alle gang violente, adesso propongono
una reazione cinica al caos che hanno scatenato: che i piromani cerchino di
spegnere l’incendio mandandoci altri militari stranieri a reprimere la protesta
e mantenere sotto controllo gli haitiani, mossa enfaticamente respinta dagli
stessi.
Riferendoci alla crisi in Ucraina, il capo della
politica estera UE Josep
Borrell ha
recentemente mostrato i veri colori dell’Occidente, esponendo con arroganza la
posizione privilegiata dell’Europa come ‘un giardino di democrazia liberale, di
buone prospettive economiche e di solidarietà sociale’ circondato da ‘la
giungla’. Beh, benvenuta al club, Russia. Ora fai parte de ‘la giungla’ anche
tu, una designazione condiscendente — con altri nomignoli volgari scelti con
cura — che i leader occidentali hanno affibbiato a Haiti fin dal suo inizio.
Haiti non è un paese povero; è un paese derubato. La
gente di Haiti e le sue preziose risorse naturali sono state sfruttate nei 500
anni scorsi con gli effetti di schiavitù, razzismo, colonialismo, imperialismo,
isteria anti-comunista, militarismo, cleptocrazia, globalizzazione aziendale e
libero scambio imposti dalle potenze occidentali. Se vi siete mai meravigliati
dello splendore di Parigi con i suoi magnifici palazzi, monumenti imponenti e
grandi viali, richiamate alla mente che tutto ciò è stato finanziato col
sangue, sudore e lacrime di gente schiavizzata al lavoro nei campi di canna da
zucchero di Saint Domingue (ora Haiti), in
un capitolo precoce del commercio globale delle spezie, essendone quella di
eccellenza a quel tempo lo zucchero, in precedenza raro.
L’atteggiamento insofferente degli schiavizzati e la
loro determinazione ad asserire la propria dignità condusse alla
Rivoluzione Haitiana del 1791-1804 culminante nell’istituzione della prima
repubblica libera dell’emisfero occidentale. Ebbero immediatamente il
sopravvento estorsione, cooptamento e sabotagggio da parte delle potenze
occidentali, che frustrarono il completamento della visione rivoluzionaria, ma
gli haitiani non hanno mai cessato di tenere d’occhio il premio agognato.
Nel 1915, col crescere del movimento di rigetto del
giogo di élite corrotte col patrocinio occidentale, Woodrow Wilson inviò i
marines USA per sedare le masse in agitazione per i propri diritti. I militari
USA occuparono Haiti per 19 anni, assumendo pieno controllo dell’erario
nazionale, riscrivendo le costituzione, istituendo un esercito per reprimere il
popolo, ed istituendo nuovamente la schiavitù sotto forma di lavoro forzato per
costruire strade, al servizio degli interessi militari e commerciali. Durante
la “fifa rossa” [l’isteria anticomunista maccarthista – ndt] della metà del 20°
scolo, gli USA ricompensarono magnanimamente gli spietati dittatori Duvalier
per il loro tenere a bada “il comunismo”.
La fioritura più recente dell’autodeterminazione a
Haiti fu in seguito all’emergere del movimento Lavalas nei tardi anni 1980. Per
parecchi anni fra il 1990 e il 2004 (interrotti dal violento colpo di stato del
1991 sostenuto dalla CIA e relativa truce repressione), gli haitiani sotto la
guida Lavalas fecero notevoli
progressi nel
sollevare le condizioni dei poveri riguardo a istruzione, sanità, livello
salariale, diritti infantili, status femminile, infrastrutture, giustizia e
diritti umani, democrazia politica, libertà religiosa, contrasto a traffico di
droga e corruzione, e rapporti internazionali. Tutto ciò con un’incessante
guerra economica degli USA, che cercavano di riguadagnare il controllo della
forza lavoro e delle risorse naturali di Haiti.
Aggiungendo al danno la beffa, appena gli haitiani
avevano celebrato con partecipazione senza precedent il bicentenario dell’indipendenza
il 1 gennaio 2004—avvenimento di capitale importanza per tutti gli amanti della
libertà, scandalosamente ignorato da quasi tutti i media negli USA — USA,
Francia e Canada cospirarono per attuare un colpo di stato il 29 febbraio 2004,
col rapimento del presidente Aristide e sbarcando i marines USA,
successivamente sostituiti da forze multinazionali ONU; con una brusca frenata
sull’ulteriore attuazione della politica Lavalas d’inclusione, partecipazione e
trasparenza.
Il presidente Aristide aveva sovente affermato con
enfasi che il problema era/è l’esclusione e la soluzione l’inclusione, dove
ognuno ha un posto a tavola, che smuove la gente dalla miseria alla povertà
dignitosa e oltre.
Il regime insediato dagli USA rigettò molta parte
della popolazione nella miseria e represse violentemente il partito Fanmi
Lavalas, come annotato nella sua recente dichiarazione:
“…dal rapimento/ colpo di stato del 29 febbraio 2004, l’occupazione
del paese ha causato altra corruzione, altri massacri nei quartieri popolari /
della classe lavoratrice, più impunità, più fame, più miseria, più attori nel
settore economico alleatisi con bande che aumentano le sepolture quotidiane.
Sono stati spesi molti miliardi di dollari per l’occupazione [militare], e per
che cosa? La situazione ha continuato a peggiorare, come possiamo tutti
testimoniare. Questa calamità è il risultato del colpo di stato del 2004…”
Eppure la resistenza del popolo haitiano allo
sfruttamento continua, coe visto nelle mobilitazioni crescenti. La
dichiarazione del Lavalas prosegue asserendo:
“la soluzione per Haiti è nelle mani dei haitiani…è
giunto il tempo di trovare insieme come fermare la macchina dell’insicurezza
che sta spargendo morte ovunque nel paese. Sì, non è troppo tardi. Il futuro di
Haiti è nelle nostre mani, Popolo Haitiao. Insieme, salvaguardiamo la nostra
dignità”.
Per i non-haitiani che chiedono: che cosa posso fare
per aiutare? Se vivete nella UE, in Canada o USA (come me), educate i
vostri compatrioti e ditelo ai vostri capi in termini decisi.
Smettete di vedervi più illuminati, più democratici,
più capaci di risolvere i problemi, più meritevoli di comodità materiali che la
gente di Haiti. Liberatevi della vostra coazione a controllare altri fingendo
di “salvarli”. Fatela finite con l’immischiarvi a livello economico, politico e
militare a Haiti e altrove. Non in mio nome e non con le mie tasse. Accettate
di non poter sempre dire agli altri che cosa fare e abituatevi a rispettare le
altre nazioni e a interagire con loro in modo collaborativo.
Se vivete in altre parti del mondo (altrimenti dette
‘la giungla’), dite ai vostri capi di respingere la pressione USA ad inviare
soldati a Haiti, [pur] in veste di peacekeeper con
fucile ed elmo blu.
Gli haitiani hanno bisogno che gli si garantisca
l’opportunità di una piena partecipazione nel plasmare il proprio futuro. Haiti
respinge l’assistenza delle armi e non ha bisogno del “dono” di prestiti che
creano debito oneroso. Non ha bisogno che le venga detto che cosa piantare o a
chi fornire manodopera sfruttata, o a chi si debbano travasare le sue vaste
risorse naturali. I bambini haitiani meritano di essere nutriti e accuditi, non
resi orfani e privi di tutto, maturi per venire trafficati.
Haiti non dev’essere costretta a lottare per le briciole al tavolo del
banchetto mondiale. Tale ingiustizia è già durata troppo.
Nelle mie varie visite a Haiti dopo il colpo di stato
del 2004, ho visto gli haitiani associarsi per risolvere problemi nelle spire
della vita quotidiana. Ho assistito al loro impegno per i veri valori della
democrazia. Il popolo haitiano ha conquistato la propria libertà 200 anni fa, e
insiste nel voler plasmare il proprio futuro. Ormai è tempo che le istituzioni
globali si facciano da parte lasciando che Haiti si goda la libertà per cui il
suo popolo ha combattuto, è morto e ha sofferto tanto. Mi sono sentita
mortificata ad interagire con tante persone con una determinazione ancora ben
viva; che rifiutano di lasciar perdere il proprio sogno e la visione di una
Haiti in cui siano soddisfatti i bisogni elementari di ognuno e dove lo spirito
umano possa prosperare.
Come fin troppo chiaro, il ladrocinio e l’arroganza
occidentali non sono diretti solo a Haiti. Basta sostituire haitiani nei paragrafi precedenti russi etnici nel
Donbass, palestinesi, etiopi,
eritrei, congolesi, yemeniti, siriani, cubani, etc., e unire i puntini. Dobbiamo stare con
la gran massa della famiglia umana sul lato a valle [della
giostra globale] nel correggere a modo i loro avidi parenti.
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