Sono
sconcertato con me stesso: mi tocca dar ragione al berlusconiano Vittorio
Sgarbi, però ultimo vero paladino di un un ambientalismo razionale e rispettoso
dell’uomo e dei territori, non travolto e connivente con il neodogma del
lucroso Rinnovabilismo.
Buona parte
delle associazioni ambientaliste si sono prostrate al nuovo dogma
religioso.
1.
TRANSIZIONE, ecologica?!? La Terra, la superstite
terra fertile, non è Res nullius, né, ancora, derelicta;
non è illimitata e non va consumata e umiliata con aggettivi che di ecologico
hanno solo la sfacciataggine.
Milioni di
km di sovrastrutture (già definiti indispensabili) hanno occupato, tombato e
impermeabilizzato in una sola generazione il 28% delle campagne.
Un’anarcoide rincorsa al cemento si è accanita sui più fertili ma scarsi
terreni di pianura, e ancora lì si pretende spazio per il fotovoltaico
(175 000 ettari secondo il PNRR, come la scomparsa di intere
province granarie, e di grano ne manca tantissimo e sempre più ne mancherà).
Gravissima è
la delegittimazione in corso delle
Sovrintendenze, ultimo
baluardo a difesa del Patrimonio ambientale e culturale italiano, additate
al pubblico ludibrio come responsabili di colpevoli ritardi alla pretesa rapida autorizzazione invece di palesi scempi.
Con tecnica
da basso marketing imbonitore si chiamano ipocritamente “parchi”
questi invasivi oltraggi alla Bellezza. E malinconica e surreale è la
prezzolata pretesa di far digerire queste schifezze come nuovo moderno
paesaggio.
2. Migliaia
di capannoni fatiscenti, scheletri di serre, strade superflue, disordinate e
sparse periferie, seconde case, pacchiani villoni abusivi,
parcheggi di faraonici centri commerciali e, ora, enormi depositi dei
giganti della logistica, sono la desolata immagine del Bel Paese fu
della secolare armonia multifunzionale dei borghi rurali.
Dopo gli
allarmanti dati 2019, con coperture di 57 milioni mq, oltre 2 mq al secondo (rapporto sul consumo del suolo
ISPRA 2019), le colate
di cemento non rallentano nel 2020, nonostante il lockdown,
e consumano altri 60 kmq, impermeabilizzando ormai oltre il 7% del
territorio (rapporto sul consumo del suolo
ISPRA 2020).
Con una
media di 19 ettari al giorno, il valore più alto negli ultimi
dieci anni, e una
velocità che supera i 2 metri quadrati al secondo, il consumo di suolo torna a
crescere e nel 2021 sfiora i 70 km2 di nuove coperture artificiali in un solo
anno. Il cemento ricopre ormai 21.500 km2 di suolo nazionale, dei quali 5.400,
un territorio grande quanto la Liguria, riguardano i soli edifici che
rappresentano il 25% dell’intero suolo consumato (rapporto sul consumo del suolo
ISPRA 2021).
Non si
consumi allora altro prezioso, miracolosamente superstite, territorio rurale!
Si
riconvertano quei km di obbrobri fatiscenti dotandone i tetti (i TETTI !!) di
pannelli fotovoltaici. Ce n’è per chilometri e sarà anche occasione per un
salvifico maquillage urbanistico. I tetti degli edifici extra-urbani sono
circa 3 500 kmq, ISPRA stima che sarebbe possibile
installarli su almeno 700 kmq. Si raggiungerebbe una potenza fotovoltaica
fra 59 e 77 gigawatt, il doppio di quanto previsto dal PNIEC,
che individua un obiettivo di incremento di 30 gigawatt al 2030.
Poi ci sono
i parcheggi, varie infrastrutture, aree dismesse, cave esaurite, e, comunque
vastissime aree GIÀ CONSUMATE.
3. Le
emissioni climalteranti di CO2 non sono poi una costante immodificabile
che costringe inevitabilmente ad agire esclusivamente sul COME produrre
energia. Il fabbisogno si può ridurre e la CO2 si può abbattere
soprattutto con un razionale e coscienzioso risparmio
modificando drasticamente molte incancrenite pessime abitudini favorite da
una fin troppo facile ed economica disponibilità di pratiche energivore:
case e uffici in inverno a 24°C, in estate a 18°, basterebbe invertire le
pretese; condizionatori ormai di gran moda, vero status symbol, ma unica
causa dei blackout elettrici fino ad oggi; abuso di auto in città con motori accesi
in fila per ore anche per spostamenti facilmente ciclopedonali; consumo
abitudinario e acritico di cibi fuori stagione, ecc.…
Non è colpa
dell’inamovibile destino cinico e baro ma, appunto, di
incancrenite pessime abitudini da eccesso facile di comodità energivore se
quindi un cittadino del Qatar emetta mediamente 39 tonnellate di CO2
l’anno, uno statunitense e australiano 16, mentre un italiano scende a 5 e
ancor meno in Francia, Svezia e Svizzera con 4 tonn./pro capite, dove
certo il regime di vita non è da eremiti nelle grotte (dati da Banca mondiale, 2016).
4. La terra
non può essere svilita a fabbrica di corrente per incancreniti capricci, ma
DEVE innanzitutto continuare a fornire alimenti, anche se il cibo a prezzi
stracciati e senza stagionalità ha fatto perdere questa ancestrale e sacra
percezione. L’Italia è infatti fortemente deficitaria di quasi ogni materia
prima e OGNI SPICCHIO DI TERRA ANDREBBE COLTIVATO (e lo sarebbe se i redditi
fossero dignitosi).
La Pace fra
le Nazioni, poi, è fenomeno storicamente raro, e i facili
scambi commerciali, che oggi mascherano e suppliscono i gravi deficit,
potrebbero interrompersi in caso di conflitti (scritto prima del conflitto
ucraino) E l’aria che tira fra i grandi blocchi non è la migliore.
Un problema
grave per l’Italia con un pesante deficit produttivo
agroalimentare: mancano il 64% di frumento tenero, il 40% del duro (e relative
difficoltà a garantire una pasta totalmente italiana) il 50% di mais, il
70% di soia…e anche la carne, il pesce (Ismea) e quasi tutte le altre
materie prime, anche le più impensabili come le noci (-75%) o le nocciole
(-30%), malgrado la fiorente industria dolciaria italiana.
5. Dal 2012
“il suolo ormai consumato non ha potuto offrire 4 milioni di quintali
di prodotti agricoli” (Coldiretti, dicembre 2022). Solo per il grano duro in Italia
si è passati in pochi anni da 1.700.000 ha a 1.200.000 ha (ISTAT): la
perdita di mezzo milione di ettari equivalgono ad un’intera Regione, e
l’improvvisa impennata dei prezzi tutt’ora in corso evidenzia il precario
e pericoloso equilibrio del commercio mondiale.
Ma oltre al
cibo, l’agricoltura da millenni svolge la fondamentale funzione
di sistemazione e regimazione idraulica dei territori. Sebbene
misconosciuta, questa costante opera di tutela ha impedito o almeno
attenuato i disastri dovuti alla rottura dell’equilibrio idrogeologico.
Questa drammatica realtà di dissesto che coinvolge con intensità e
luttuosità crescente ormai il 90% dei comuni italiani (ISPRA) è dovuta principalmente
all’abbandono dell’agricoltura locale e successive cementificazioni.
Un ulteriore
carico di strutture artificiali potrebbe aumentare i già alti rischi per quei
territori.
6. Territori
che farebbero volentieri a meno delle ricorrenti ipocrite geremiadi televisive
con i volti affranti di caduti dal pero per le reiterate luttuose
calamità.
Le suadenti
sirene che sibilano a demotivati coltivatori facili redditi derivanti dal
fotovoltaico a terra (almeno 3000 €/ha! Impensabili con qualsiasi coltura,
almeno fra quelle legali), dovrebbero confrontarsi con gli operatori del
turismo per l’irreversibile degrado paesaggistico arrecato per chilometri.
Aree che proprio con un abbinamento tra armonico paesaggio agricolo
e itinerari lenti (cammini e ciclovie) ed enogastronomici, grazie ai
redditi derivanti da crescenti frequentazioni anche internazionali stavano
resistendo all’abbandono con opportunità di lavoro agroturistico ai
giovani locali. Sperando che nessuna coppia neocollodiana li
possa convincere a seminar zecchini d’oro, ferendo a morte la nostra madre
terra conficcandole in grembo lugubri paramenti funebri.
“…gli insulti al paesaggio e alla
natura, oltre a rappresentare un affronto all’intelligenza, sono un
attacco alla nostra identità…” (Sergio Mattarella, Capo dello Stato, garante
della Costituzione, e specificamente dell’art. 9).
Grazie a chi
ha avuto la pazienza di leggere.
Fabrizio Quaranta, laureato in Scienze Agrarie,
si occupa di cerealicoltura
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