mercoledì 7 dicembre 2022

Una corsa contro il tempo - Extinction Rebellion Italia

 

Extincton Rebellion Italia (XR) ringrazia per il supporto espresso da Enrico Euli ai movimenti di disobbedienza civile nonviolenta. Il sostegno è sempre apprezzato: essere attivista è un lavoro faticoso e spesso poco gratificante in termini di risultati raggiunti. Il movimento sente però il bisogno di integrare alcune riflessioni esposte nell’articolo. Tra queste: ricondurre le lotte per la giustizia climatica unicamente ai giovani e valutare come opinabili o mediocri le scelte strategico-operative attuate dagli attivisti.

 

La giustizia climatica è un tema cruciale oltreché universale. Vincolarlo alle nuove generazioni è miope e contribuisce a distorcere il quadro narrativo. La crucialità del collasso ecoclimatico investe tutte e tutti, a prescindere[i] da origine, sesso, età. La trasversalità anagrafica è un valore all’interno dei movimenti e di XR in particolare. Anche chi non ha figli sente, in questo momento, una profonda responsabilità per la pesantissima eredità in termini di crisi eco-climatica che si sta lasciando alle generazioni future.

Si agisce per la sopravvivenza della razza umana e degli ecosistemi, per rivendicare il diritto a un futuro sostenibile e per smentire l’indifferenza e la sufficienza di chi sbeffeggia l’attivismo. La disobbedienza civile nonviolenta non è un capriccio giovanile, un desiderio di ribellione alle autorità o, peggio, mero vandalismo.

Vanessa Nakate scrive:

“Serve veder coinvolta gente di tutte le origini e di tutte le età, con il più ampio ventaglio possibile di competenze, di tutte le estrazioni socioeconomiche, da tutta la Terra. Proprio come non esiste un solo attivista o un modo ‘giusto’ di essere attivisti, limitare il movimento per il clima a una sola categoria anagrafica o a una sola forma di protesta o a una sola parte del globo, vuol dire ridurre la portata della forza potenziale ed effettiva della nostra energia collettiva, delle nostre capacità e voci condivise e sottovalutare l’urgenza delle sfide che siamo chiamati ad affrontare”.

 

Le sfide universali che Nakate cita, confliggono con quella narrativa reiterata, che fa pelo e contropelo alle azioni promosse dai movimenti ambientalisti, e che tralascia sempre di includere nell’analisi il problema reale: l’inazione della classe politico-dirigenziale, quella con potere legislativo. Un potere, ad oggi, rivolto altrove, completamente scollato dalla fragilità sociale e ecologica che abita il Pianeta.

Pertanto sì, accogliamo chi scende in strada a bloccare le auto, lancia zuppe sui quadri, blocca i jet privati negli aeroporti: non sono persone che hanno manie di protagonismo, con l’agenda degli impegni vuota o le spalle coperte da qualcun altro. No, sia chiaro. Banalmente è gente disperata, inascoltata nel messaggio che porta, della Scienza con i suoi dati e della Natura con le sue lacrime salatissime.

Gli attivisti ad oggi prendono solo sanzioni, amministrative e penali, critiche e stigmatizzazioni. Allora l’invito, sincero e spontaneo, è a unirsi. Perché non c’è una soluzione, c’è l’intelligenza collettiva dove tutte e tutti possono contribuire, per crescere, per vincere, non per affossare.

 

Le azioni individuali sono importanti ma non salveranno il mondo finché le grandi lobby industriali (alimentare, bellica, energetica, logistica…) godono della copertura politica che consente loro di continuare a inquinare, senza scrupoli, mantenendo fermo l’unico interesse di cui sono portatrici: la crescita dei profitti.

Dall’alto non arriveranno segnali concreti di lungimiranza perché lungimiranza oggi vuol dire sacrifici, rinunce, frugalità. E il famoso 1 per cento della popolazione non intende rinunciare proprio a nulla, men che mai agli agi e alla connivenza politica.

Allora, piuttosto, aiutate i movimenti in questa corsa contro il tempo: occorre agire immediatamente.

La critica riempie un vuoto ed è comodamente articolata da casa: è il tempo dell’azione. Unitevi!

https://comune-info.net/aiutateci-in-questa-corsa-contro-il-tempo/


 

restare in ascolto, vedersi in azione – Enrico Euli

Lo ammetto: ero rimasto basito -ed anche un po' ferito- da alcuni commenti ricevuti sul mio ultimo post pubblicato, relativo alle azioni contro il silenzio omertoso (o le false parole) che -colpevolmente e collettivamente- attornia la catastrofe climatica.

Questo intervento di XR mi rincuora e mi stimola a scrivere ancora su questo tema, che sento decisivo per le nostre vite e per le sorti di quel che ancora potremmo provare a chiamare 'politica'.

Vedo che -almeno da parte loro- non sono stato frainteso.

Lungi da me l'idea che le azioni dirette di disobbedienza civile non servano e non siano legittime ed auspicabili.

Credo anzi che da tempo non ci sia più nulla da aspettarci dai potenti di turno, dai partiti e dalle istituzioni.

E che non abbia senso quindi continuare a chiedere loro qualcosa (attraverso petizioni o appelli) o a protestare in forme convenzionali e ritualizzate (quali cortei o manifestazioni di massa su appelli generici e superati dagli eventi).

L'azione diretta nonviolenta (anche illegale) è l'unica possibilità che la nonviolenza propone quando la situazione risulta bloccata e compromessa come quella attuale.

Spero che ne nascano molte, diverse e tali da permettermi di prendervi parte in prima persona.

Appartengo a quella minoranza di persone adulte che pensa ancora di poterselo permettere, anche a costo di apparire ingenui, adolescenziali o semplicemente 'fuori'.

Ho qualcosa da perdere anch'io, e non è facile confrontarsi con il mondo adulto, anche da sessantenne quale ormai sono.

Ma non avrei paura e non mi sentirei a disagio in azioni rischiose e illegali, se potessi condividerle con altri (giovani o meno).

Il mio dubbio -lo voglio chiarire per una volta ancora- riguarda dove e come inserire queste azioni, se vogliamo creare intorno ad esse un clima favorevole ed un sostegno più ampio (e quindi favorire la possibilità di un consenso che le protegga almeno in parte dai forti rischi che esse comportano per chi le compie).

Fatta salva quindi la possibilità, la necessità e l'urgenza che qualcuno le faccia, resta da chiedersi cosa potrebbero fare le maggioranze silenziose che sinora assistono ad esse -più o meno distratte, inquiete o ambivalenti- senza che queste azioni le stimolino ad agire a loro volta.

Non credo sia probabile che queste ultime possano passare immediatamente dall'inazione simpatizzante alla disobbedienza civile illegale.

Ma potrebbero compiere azioni potenti di non collaborazione attiva all'interno di una campagna più ampia, che preveda al suo interno un'integrazione tra atti legali ed illegali.

Oppure esse potrebbero almeno trovare il modo di manifestare in forme più evidenti il loro sostegno (legale, politico, economico, sociale) alle azioni illegali in corso ed a chi coraggiosamente sceglie di compierle a suo rischio e pericolo.

Quel che conta è che si rigeneri un ponte tra le generazioni, animato da un comune senso di urgenza e disperazione, ma anche da un vero dialogo che -non rimuovendo il valore delle esperienze pregresse- sappia però aprirsi alle novità che la nonviolenza ha sempre dimostrato di saper far emergere nella sua storia.

http://satur-nous.blogspot.com/2022/12/restare-in-ascolto-vedersi-in-azione.html

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