mercoledì 22 marzo 2023

L’orca più sola al mondo - Alessandro Ghebreigziabiher

 

Come sono strane le parole degli umani, dal punto di vista degli animali, quasi quanto la loro stessa vita, le assurde azioni e ossessioni.

Prendete Kiska, l’ultima orca vissuta in cattività in Canada, prima di morire la scorsa settimana per un’infezione batterica a circa 47 anni.
Almeno quaranta di questi ultimi, la nostra, il cui nome viene associato all’aggettivo assassina, in inglese killer whale, li ha trascorsi rinchiusa in una vasca, a far spettacolo morente, più che il contrario, per quei maledetti bipedi fissati con le prigioni, i confini, i lager e tutto ciò che può costringere la vita in una scatola, possibilmente dalle pareti trasparenti.
Gli ultimi 12 è rimasta sola, dopo la morte del suo compagno, facendole guadagnare – si fa per dire – il titolo di orca più solitaria del mondo.
Una solitudine resa ancor più dolorosa dal quotidiano affollarsi di sguardi curiosi e divertiti oltre le vetrate che delimitano la frontiera tra chi è libero di far del male a tutto e tutti e chi è condannato a subire impotente ogni pena immaginabile.
Lungo la sua esistenza virtuale a nuotare in una boccia di vetro enorme per tutti tranne che per lei, Kiska ha visto scomparire da un giorno all’altro affetti e amori preziosi con cui perlomeno condividere l’iniqua sentenza degli umani.
Come Keiko, compagna di sventura al momento dell’ingiusto rapimento da parte di questi ultimi, la quale ha avuto la consolazione di vivere da protagonista almeno in un film, ovvero Free Willy. Dal successo del cinema a un parco di divertimenti, sino alla libertà che entrambe non avevano teneramente mai smesso di sognare. Perché anche le orche sognano, pure quelle assassine che non hanno mai ucciso nessuno, casomai è il contrario, e sono sogni semplici, roba normale, la natura che ci spetta e che era già perfetta così prima delle nostre imperdonabili intromissioni.
Tuttavia, il dolore per tale separazione non credo sia paragonabile al veder morire uno dopo l’altro ciascuno dei cinque figli messi al mondo, per quanto costretti in una cella che si finge oceano. È stato un inganno anche quello, l’illusione di poter vivere una vita normale, dove essere perfino madre, creatrice di vita nonostante il mondo ci si metta davvero di impegno per svilirla e soffocarla.
E così se n’è andata anche Kiska, sola a danzare per decenni per il godimento di ragazzini urlanti e adulti fotografanti, il solito, ma ha lasciato un dono, dicono.
Pare che è proprio grazie a lei se quattro anni addietro in Canada si è deciso di proibire una volta per tutte con una legge la cattività e l’allevamento di balene, delfini e focene.
Be’, che il cielo o chi per lui benedica quella specie, popolazione, comunità o anche singola vita, animale o meno, che non avrà bisogno di trascorrere  la maggior parte della propria esistenza in un carcere per veder bandita l’ottusa perfidia degli esseri chiamati umani.

da qui

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