Come sono strane le parole degli umani, dal punto di vista degli animali, quasi quanto la loro stessa vita, le assurde azioni e ossessioni.
Prendete Kiska, l’ultima orca vissuta in cattività in Canada, prima
di morire la scorsa settimana per un’infezione
batterica a circa 47 anni.
Almeno quaranta di questi ultimi, la nostra, il cui nome viene associato all’aggettivo assassina,
in inglese killer whale, li ha trascorsi rinchiusa in una vasca, a
far spettacolo morente, più che il contrario, per quei maledetti bipedi fissati
con le prigioni, i confini, i lager e tutto ciò che può costringere la vita in
una scatola, possibilmente dalle pareti trasparenti.
Gli ultimi 12 è rimasta sola, dopo la morte del suo compagno, facendole
guadagnare – si fa per dire – il titolo di orca più solitaria del mondo.
Una solitudine resa ancor più dolorosa dal quotidiano affollarsi di sguardi
curiosi e divertiti oltre le vetrate che delimitano la frontiera tra chi è
libero di far del male a tutto e tutti e chi è condannato a subire impotente
ogni pena immaginabile.
Lungo la sua esistenza virtuale a nuotare in una boccia di vetro enorme per
tutti tranne che per lei, Kiska ha visto scomparire da un giorno all’altro
affetti e amori preziosi con cui perlomeno condividere l’iniqua sentenza degli
umani.
Come Keiko, compagna di sventura al momento dell’ingiusto rapimento
da parte di questi ultimi, la quale ha avuto la consolazione di vivere da
protagonista almeno in un film, ovvero Free Willy. Dal successo del
cinema a un parco di divertimenti, sino alla libertà che entrambe non avevano
teneramente mai smesso di sognare. Perché anche le orche sognano, pure quelle
assassine che non hanno mai ucciso nessuno, casomai è il contrario, e sono
sogni semplici, roba normale, la natura che ci spetta e che era già perfetta
così prima delle nostre imperdonabili intromissioni.
Tuttavia, il dolore per tale separazione non credo sia paragonabile al veder
morire uno dopo l’altro ciascuno dei cinque figli messi al mondo, per quanto
costretti in una cella che si finge oceano. È stato un inganno anche quello,
l’illusione di poter vivere una vita normale, dove essere perfino madre,
creatrice di vita nonostante il mondo ci si metta davvero di impegno per
svilirla e soffocarla.
E così se n’è andata anche Kiska, sola a danzare per decenni per il godimento
di ragazzini urlanti e adulti fotografanti, il solito, ma ha lasciato un dono,
dicono.
Pare che è proprio grazie a lei se quattro anni addietro in Canada si è deciso
di proibire una volta per tutte con una legge la cattività e l’allevamento di
balene, delfini e focene.
Be’, che il cielo o chi per lui benedica quella specie, popolazione, comunità o
anche singola vita, animale o meno, che non avrà bisogno di trascorrere
la maggior parte della propria esistenza in un carcere per veder
bandita l’ottusa perfidia degli esseri chiamati umani.
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