Dal 9
al 12 marzo scorso una delegazione di giudici del Tribunale
Internazionale dei Diritti della Natura ha visitato lo Yucatan ed il
Quintana-Roo in Messico, per incontrare le comunità che subiscono l’impatto
della costruzione del megaprogetto del Tren Maya e per svolgere una udienza
pubblica che serve a valutare le violazioni sui diritti della Natura e quelli
dei popoli indigeni.
Il progetto
prevede la costruzione di 1500 kilometri di ferrovia attraverso foreste,
territori ricchi di tesori archeologici, e comunità locali. Si prevede anche la
costruzione di una ventina di nuovi insediamenti urbani (Polos de Desarrollo)
come volano per lo “sviluppo” economico e produttivo di tutta la regione.
L’infrastruttura
è connessa al Corridoio Trans-istmico che attraverserà la lingua di terra di
Tehuantepec, e già oggetto di forti proteste locali, ed al Plan Puebla Panamà.
Seppur venga promosso come progetto di valorizzazione turistica di tutto lo
Yucatan le cifre svelano un’altra storia: sui convogli che saranno lunghi in
media mezzo chilometro solo il 20% del carico sarà composto da turisti, il
resto da materie prime o prodotti di esportazione, come la carne di maiale
verso la Cina.
Da tempo gli
impatti ambientali, culturali, sociali e sui diritti dei popoli indigeni sono
denunciati pubblicamente ma invano, visto che il presidente AMLO punta su
questo megaprogetto come il “segno” distintivo del suo mandato in scadenza, e
non esita a militarizzare il territorio per imporne la costruzione.
Non a caso
la costruzione di metà del tragitto della ferrovia – che dovrebbe essere
ultimata entro fine anno – è in mano ai militari che controlleranno anche la
società nella quale confluiranno le rendite del progetto, e che verranno poi
redistribuite come pensioni ai militari in pensione.
A Piste’,
nei pressi di Chichen Itza’ i giudici (Maristella Svampa, Padre Raul Vera,
Francesco Martone, Yaku Perez, Alberto Saldamando) hanno raccolto le
testimonianze di lavoratori ed artigiani del settore turistico, poi a Señor,
dove hanno toccato di prima mano il clima di intimidazione da parte delle forze
armate: poche ore prima i militari erano andati casa per casa a minacciare chi
era stato invitato a partecipare ad una assemblea pubblica con i giudici.
All’appuntamento
comunque si sono presentate una decina di persone che hanno raccontato della
deforestazione e degli impatti ambientali del Treno e dei megaprogetti
infrastrutturali connessi, allevamenti intensivi di suini, taglio di
indiscriminato di alberi di specie preziose, risarcimenti mai concessi.
Eppoi a
Tihosuco dove sono state raccolte testimonianze sull’impatto devastante di
monoculture di mais transgenico, sistemi di asservimento dei piccoli produttori
alla produzione forzata di cibo per le catene alberghiere e per l’esportazione
in una sorta di “megamaquiladora” a cielo aperto, dell’impatto devastante sulla
produzione tradizionale di miele o quello delle megacentrali eoliche e solari
destinate a alimentare i resort turistici che verranno costruiti.
Il giorno
seguente a Valladolid si è tenuta una udienza pubblica con interventi di leader
di comunità maya, movimenti per la difesa del territorio, accademici e
ricercatori che hanno fornito ulteriori prove di quello che si sta prefigurando
come un vero e proprio etnocidio, ed ecocidio.
Un rischio
ormai evidente come nel caso dei “cenote” (specchi d’acqua sotterranei che
rappresentano la fonte principale di acqua potabile nonché importanti siti
sacri per la cosmologia Maya) del tragitto 5 della ferrovia a Playa del Carmen,
oggetto di un sopralluogo da parte del Tribunale.
I giurati
hanno potuto constatare come la costruzione di piloni di cemento per le rotaie,
conficcati nel terreno vanno ad impattare in maniera devastante sui “cenote”
oltre a essere destinati a sprofondare nel terreno friabile che caratterizza
tutta la regione.
Impatti
ambientali irreversibili che si accompagnano alla distruzione di luoghi
fondamentali per le culture ancestrali Maya, già sotto attacco dalla crescente
industria del turismo di massa. Non è infatti un caso che la
“securitizzazione” dello spazio pubblico, attraverso la militarizzazione, la
dichiarazione del Tren Maya come opera di sicurezza nazionale, la repressione o
la delegittimazione delle proteste e delle legittime richieste delle comunità
interessate dal Treno e dalle infrastrutture connesse, si accompagnino a una
strategia di stigmatizzazione, disprezzo e delegittimazione della cultura,
delle pratiche, delle misure di vita e delle conoscenze ancestrali del popolo
Maya.
Si tratta di
un’ulteriore forma di violenza che deriva dalla violazione dei diritti
bioculturali dei popoli a conferma di come il neo-estrattivismo si nutre di
morte e geneai morte, morte dei territori, degli ecosistemi, morte dei loro
popoli, delle loro culture, delle loro cosmologie, in una parola una
“necropolitica”.
Il Tren Maya
nella sua accezione più ampia si alimenta e si impone grazie ad un clima di
sospensione o violazione dei diritti o peggio ancora di privazione dei diritti,
di vuoto giuridico e legale, di violenza istituzionale o statale e di
violazione della dignità e dei diritti di un popolo che nel corso della storia
ha subito due estinzioni, la seconda come conseguenza della conquista e del
genocidio che ne è seguito.
Nonostante
questo debito storico, il popolo Maya sia ancora in piedi, dignitoso,
offrendoci un esempio di come recuperare un rapporto intrinseco con la nostra
Madre Terra, soggetto di dignità e diritti. E mostra al mondo che non ci può
essere territorio senza popoli e non ci possono essere popoli senza territori.
Il Treno
Maya e gli altri megaprogetti ad esso connessi come il Corridoio Transistmico
e i piani di estrazione mineraria e petrolifera pertanto non solo sono
estranei alla natura e al popolo Maya, ma rappresentano un modello criminogeno,
nel senso che generano crimini sistemici contro i diritti esistenziali della
Madre Terra e dei Popoli.
Di
seguito il testo tradotto della sentenza, che
chiede la sospensione immediata del Tren Maya e dei progetti
connessi, accusa lo stato messicano di violazioni dei diritti della
Natura e dei popoli, propone la creazione di una commissione indipendente
d’indagine, chiede il risarcimento dei danni ambientali e sociali,
esorta alla protezione e tutela dei difensori e difensore dell’ambiente sotto
minaccia, e chiede la promulgazione di leggi che riconoscano i diritti della
Natura come già fatto in alcuni stati messicani.
La sentenza
preliminare è stata tradotta in Maya e verrà diffusa in tutte le comunità, per
essere usata come strumento di rivendicazione e piattaforma di costruzione di
alleanze e collaborazioni a livello nazionale ed internazionale.
Il Tribunale
Internazionale dei Diritti della Natura è un Tribunale di opinione fondato
dalla GARN (Global Alliance on the Rights of Nature) nel 2014 con l’obiettivo
di promuovere i diritti della Natura e offrire uno spazio di denuncia e
rivendicazione sulle violazioni degli stessi e dei diritti di chi li difende.
Ha svolto
varie sessioni ed udienze, prima di questa sul Tren Maya una sull’Amazzonia
brasiliana nel giugno dello scorso anno in concomitanza con il Forum Sociale
Panamazzonico di Belem, nello stato brasiliano del Parà. Nei prossimi giorni
una delegazione del Tribunale si recherà in Patagonia Argentina, a Vaca Muerta
(il secondo giacimento di gas e petrolio di scisto più grande del mondo) per
indagare gli effetti del fracking sui diritti della natura e quelli del popolo
Mapuche
Per maggiori
informazioni:
www.rightsofnaturetribunal.org
per
materiali in italiano sulla missione del Tribunale in Messico:
https://ecor.network/articoli/il-tribunale-locale-dei-diritti-della-natura-contro-il-tren-maya/
Intervista a
Francesco Martone, membro della giuria del Tribunale per Radio Onda D’Urto:
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