Esiste in Sardegna e in Italia un allarme per la crisi del Servizio Sanitario Nazionale. Tanti operatori sanitari, comitati di cittadini, Consigli comunali lanciano un SOS, per chiedere l’adozione di misure urgenti e programmatiche che permettano di dare risposte concrete all’emergenza del SSN: la grave carenza del personale dipendente ospedaliero e nel settore della prevenzione, la progressiva carenza dei medici di base e pediatri convenzionati col SSN, medici di continuità assistenziale e medici specialisti.
Se non si fa una corretta diagnosi non si può proporre
una adeguata ed efficace terapia. I finanziamenti del PNRR prevedono importanti
fondi per la sanità (Missione 6) per l’edilizia e tecnologia, non prevedono
interventi per il personale. La programmazione dell’assistenza territoriale,
secondo il Piano sanitario regionale e il DM 77, con gli atti aziendali,
dovrebbe arrivare in Commissione sanità per l’esame del Consiglio regionale,
auspichiamo una pubblica discussione, nella massima istituzione regionale.
Nel suddetto piano si utilizzano dati del 2019 ormai
superati dalla situazione attuale. In particolare non si fa riferimento alla
mancanza di personale che sta portando allo stremo e al collasso le strutture
sanitarie territoriali e ospedaliere.
In tutti i comuni della Sardegna mancano medici di
medicina generale a causa del pensionamento degli stessi (largamente
prevedibile) e dell’abbandono anticipato. Centinaia di comuni sono senza medico
di base e continuità assistenziale. Nella maggior parte degli ambiti
territoriali i concorsi vanno deserti. In Sardegna le località carenti per la
medicina generale sono 431 a febbraio 2023. Ciò significa che oltre
quattrocentomila persone (un quarto della popolazione sarda) oggi sono senza
medico di base; è negato loro l’accesso alle cure.
Disastrosa è la situazione dei Centri di salute
mentale che a causa della mancanza di medici e infermieri, non possono più
svolgere il ruolo di servizio pubblico. I Livelli essenziali di assistenza
(LEA) non sono garantiti. È sorprendente che in tale situazione le iscrizioni
alla facoltà di medicina siano ancora ridotte, nonostante il recente, tardivo e
insufficiente incremento.
Gli atti aziendali recentemente approvati, non evidenziano
questa emergenza, anzi la nascondono, nella migliore delle ipotesi fotografano
la situazione esistente sulla carta, senza verificare l’effettiva scarsità di
personale. La Commissione sanità ha chiesto, da mesi, di conoscere le
condizioni reali delle piante organiche, che non sono state fornite. Le Case e
Ospedali di comunità, le stesse ASL sono delle scatole vuote senza personale.
L’assessore Doria in una recente intervista al
Quotidiano Sanità Sardegna afferma che il SSN che abbiamo conosciuto non esiste
più, parla al passato di un mitico SSN tra i migliori al mondo, che ebbe il
riconoscimento della OMS. Si dimentica che il suo primo compito istituzionale è
difendere il SSN, in grave crisi ma ancora esistente. Vogliamo ricordare l’art.
1 della L. 833/1978: La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto
dell’individuo e della collettività mediante il servizio sanitario
nazionale.
La crisi del SSN non impone la sua abolizione, anzi
necessita di interventi straordinari di rafforzamento. L’OMS riconosce sempre,
a maggior ragione dopo la pandemia, la superiorità dei sistemi sanitari
universalistici in termini di efficienza ed efficacia. I sistemi privatistici
sono diseguali e meno efficienti per la collettività, poiché l’accesso alle
cure non è garantito a tutti e gli indicatori di salute sono peggiori. Nei
sistemi sanitari privatistici, infatti, consistenti strati di popolazione sono
esclusi dai sistemi sanitari. Le politiche sanitarie degli ultimi decenni sono
state sbagliate e disastrose; vanno corrette radicalmente. Il SSN è
incompatibile con le politiche dei tagli e privatizzazioni sfrenate. Non
possiamo inseguire il modello americano che è tra i più diseguali al mondo e
che impedisce a milioni di persone l’accesso alle cure. Il SSN deve essere
sostenuto e rafforzato, come primario compito delle politiche sanitarie.
Se non si interviene con un piano straordinario di
assunzioni rischiamo di perdere il SSN a causa delle politiche sbagliate
passate e attuali, che vorrebbero trasformare la sanità in servizio che eroga
solo prestazioni. Nel piano sanitario regionale si parla di diritto del
cittadino ad eseguire le prestazioni dove vuole , senza indicare una corsia
preferenziale per il servizio sanitario pubblico.
Il SSN va sostenuto, incentivato e ripristinato dove è
carente. Le ASL non possono essere solo dei committenti che
rimborsano le prestazioni eseguite in strutture pubbliche, private, regionali
ed extra regionali, determinando e spesso incoraggiando un ingente e corruttivo
trasferimento di risorse economiche dal pubblico al privato.
La sanità privata in Italia è sempre esistita, ha
svolto una funzione integrativa e complementare, ma non può essere sostitutiva
della sanità pubblica; la sua crescita ha determinato la crisi del servizio
pubblico, attraverso le potenti lobby che operano in sanità a livello
regionale, nazionale e internazionale, condizionando le scelte istituzionali.
Il blocco degli ingressi a medicina e delle assunzioni, la corsa alle
privatizzazioni ed esternalizzazioni della sanità negli ultimi decenni hanno
determinato la radicale riduzione di servizi, personale e la crisi del SSN.
La mancanza di personale sanitario costituisce
un’emergenza nell’emergenza, pertanto si rende necessario un piano
straordinario di assunzioni di personale nel SSN con adeguate retribuzioni; un
piano di formazione di medici, specialisti e personale sanitario, una adeguata
programmazione dell’accesso alla facoltà universitarie, e alle specializzazioni
in base alle reali esigenze del paese e permettere l’esercizio della
professione ai medici specializzandi e al corso di cure primarie.
Auspico che le istituzioni regionali e nazionali, gli
enti locali, tutte le organizzazioni sindacali si facciano carico di tali
richieste.
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