domenica 19 maggio 2024

La scandalosa tresca - Bayo Akomolafe

 

Denunciare la profondità dei danni causati dalla Grande Partizione tra natura e cultura e dall’imponenza egemonica delle filosofie occidentali e dalle politiche eurocentriche non è mai superfluo, ma su queste pagine lo abbiamo fatto moltissime volte. Mettere in guardia dalla tentazione di ritirarsi nel “cuore” e archiviare “la testa”, così come suggeriscono oggi, non solo sui social, certe tutt’altro che ingenue esaltazioni dell’emozione è altrettanto salutare. Significa, peraltro, rafforzare la stessa architettura illuministica mostrando condiscendenza verso culture “altre”, per lo più ritenute povere, arretrate e inferiori. È solo una delle grandi questioni che pone questa breve ma densa nota di Bayo Akomolafe – poeta, filosofo, psicologo clinico e pensatore transnazionale nato in Nigeria da genitori yoruba – di cui in questi giorni esce in libreria il prezioso “Queste terre selvagge di là dallo steccato, recensito qui ottimamente da Rebecca Rovoletto (sotto l’articolo trovate le 4 date di maggio delle presentazioni in Italia). In questo suo ultimo saggio. Akomolafe raccoglie lettere destinate alla figlia, una bambina di tre anni, sulla possibilità di “trovare casa” sulla terra, una terra viva. Si tratta, tra le molte altre cose, di un invito a cambiare il modo di sentire-pensare, un concetto fondante del suo pensiero. Una delle chiavi per provare a farlo è certo il rifiuto del binarismo che di solito delimita, classifica e separa il cuore dalla testa ignorando la scandalosa tresca dei corpi che è sempre esistita tra le sfere del pensiero e quelle del sentimento. Una tresca? Di relazioni intriganti, e perfino illecite, che non amano la luce del sole è piena la vita. I cambiamenti in atto oggi, scrive Bayo, non sono dualizzanti: sono gesti trasversali, secanti, incrociati, che mostrano con evidenza come il cuore sia sempre stato intrecciato alla testa. E viceversa. Quei cambiamenti, per fortuna, malgrado i fiumi di miserie che avviliscono il presente, sono ancora in grado di aprire concetti, suscitare curiosità e passioni e formulare interrogativi essenziali (per ora) senza risposte. Uno dei più rilevanti dei quali pone, dal nostro punto di vista, la domanda delle domande: come abitare le crepe del mondo tra le rovine del dominio capitalista? Siamo ben lontani dal capirlo, ma Bayo Akomolafe a noi sembra indicare alcune tracce originali di un cammino improbabile e insieme possibile, tracce che fanno davvero bene al cuore e alla mente

 

C’è un sottile ma pervasivo anti-intellettualismo che a malapena si registra al di sopra del frastuono discorsivo controculturale e della ritrovata affinità per tutto ciò che è indigeno e non occidentale. Tuttavia è degno di nota. Questo anti-intellettualismo è un rifiuto (o una diffidenza) nei confronti della ‘testa’ e del suo dominio sul ‘cuore’. Probabilmente non se ne parla abbastanza, ma ora siamo tutti fatti di sentimenti e sensi e intuizione e altre forme di conoscenza. Che chiamiamo ‘cuore’.

C’è un buon motivo per questa scelta: con la metafisica occidentale, ancora in gran parte radicata nell’eredità illuministica che privilegia la razionalità al di sopra e al di là di altre modalità di conoscenza – e con l’evidenza di sempre maggiori connessioni tra l’intellettualismo illuminista e le crisi preoccupanti in cui ci troviamo oggi – molti si stanno muovendo verso la spiritualità, riconnettendosi con la terra e guardando con sospetto tutto ciò che suona o sembra rigore intellettuale. Quando diventa troppo impegnativa, un’idea viene spesso etichettata come una questione di ‘testa’. Il ‘cuore’ – strettamente associato alla cultura, ai mondi indigeni, al sacro, all’incanto, al femminile, allo ‘spirito’, all’’energia’ e in generale al tipo di approccio che ci sentiamo chiamati ad assumere oggi – è invece il posto in cui risiede questa energia. Il mondo accademico, preso dalle sue economie di autoreferenzialità e dal consueto ignaro sguardo all’ombelico, ha prodotto conoscenze e linguaggi che ne alienano e allontanano le persone. Quindi il sacro è solitamente dissociato dall’intelletto. Quando entra la filosofia, la gente esce. Troppe parole.

 

Ma persiste un binarismo inutile nel delimitare la testa e il cuore, come se l’intelletto fosse qualcosa di separato dall’affettoO come se l’unico modo per comprendere il lavoro intellettuale fosse attraverso le pratiche e i prodotti dell’accademia occidentale. Ci sono altre filosofie e storie non occidentali, eredità e discipline rigorose non meno intellettuali e non meno sacre. Queste sono in gran parte rese invisibili dalla “imponenza” delle filosofie occidentali.

Forse la cosa più importante da osservare è che il pensiero non è antispirituale o antitetico rispetto agli shift che stiamo notando oggi. I non-occidentali non possono permettersi il lusso di abbandonare il ‘buon pensiero’. Abbiamo bisogno di pensare in modo potente; dobbiamo pensare eticamente; dobbiamo pensare con un occhio per i nostri figli e i nostri antenati. Bisogna pensare bene e attentamente a come pensiamo in merito a queste cose. Il lavoro di decolonizzazione – di prestare attenzione ad altre posizionalità che perturbano le rivendicazioni moderne di singolarità e stabilità – avrà bisogno non solo dei nostri corpi, delle tecnologie indigene, delle canzoni e dei giochi. Avrà bisogno di idee e concetti potenti, alcuni dei quali ci sfideranno.

Sì, possiamo rilevare come le epistemologie e le filosofie dell’Illuminismo tagliano fuori il corpo e il nonumano, centralizzando il soggetto umano pensante. La testa. Tuttavia, ritirarsi nel ‘cuore’ e archiviare la ‘testa’ significa rafforzare la stessa architettura illuministica che oggi sembra così problematica. È trattare con condiscendenza gli ‘indigeni’ supponendo di offrire loro il massimo rispetto. I cambiamenti in atto oggi non sono dualizzanti: sono gesti trasversali, secanti, incrociati, che mostrano come il cuore sia sempre stato intrecciato alla testa. E viceversa. Forse è nell’intestino che si incontrano entrambi.

Ferme restando le differenti e specifiche esigenze che emergono nei diversi contesti, spero sinceramente che le nostre comode pratiche di distinguere il cuore dalla testa siano irte di più difficoltà di quanto non lo siano attualmente. E che si arrivi a conoscere la scandalosa tresca che è sempre esistita tra pensiero e sentimento.


Testo originale: https://www.facebook.com/adebayo.c.akomolafe/posts/pfbid02junpZWKxYquzbEfzwuxzwuFJgVqfFUY5rwwzgdwttGqephB1cz8L9KhmT7GgoFAvl

Postactivism

Questo testo fa parte di una serie di brani di Bayo Akomolafe tradotti in italiano e pubblicati sulla piattaforma postactivismPostactivism – che è la contrazione di “compost-activism” – nasce dal bisogno di raccogliere voci e tematiche che stanno emergendo nel vasto mondo dell’attivismo, della militanza, dell’impegno civico e in alcune galassie culturali. Voci che, dopo molti anni di ricerca e attivismo, si interrogano sull’efficacia e sulla postura della propria azione nel-con il mondo.
Postattivismo non significa un “dopo” lineare secondo i criteri della modernità. Non significa la dismissione di quanto, come attivist3, conosciamo e facciamo. Non è un’altra ricetta o un nuovo manifesto. È sostare con le domande che un’epoca così complessa ci pone: lasciarle fermentare, lasciarle agire come lieviti. È interrogarsi sul “luogo” dal quale stiamo guardando il mondo e se, come e quando la nostra reazione al sistema rafforza il sistema. L’auspicio è che i contenuti e gli/le autori/autrici proposti possano invitare a dialoghi e riflessioni all’interno di gruppi e comunità, stimolare assemblaggi e alleanze, toccare un mondo immensamente vitale e sorprendente.
Leggi 
qui per saperne di più.

da qui

Nessun commento:

Posta un commento