(Tratto da Altreconomia 270 — Maggio
2024)
Partecipando
alla prima conferenza internazionale sul vino, il ministro dell’Agricoltura e
della sovranità alimentare, Francesco Lollobrigida, ha denunciato l’esistenza
di “un’aggressione al sistema del vino”, uno dei simboli del made in
Italy. Che questo comparto rappresenti una voce importante dell’economia
italiana e sia “un gioiello per il nostro Paese”, per usare le parole del
ministro, nessuno lo mette in dubbio: le esportazioni valgono 14 miliardi di
euro e il settore impiega 1,3 milioni di addetti.
Ma non è
solo una questione economica. L’occasione della conferenza è servita a serrare
le fila dell’agguerrita lobby vinicola contro l’etichettatura
sanitaria sull’alcol proposta dall’Irlanda in sede europea. Nonostante i
violenti attacchi dei produttori di vino (soprattutto italiani) a maggio 2023
Dublino è diventato il primo governo al mondo ad approvare avvertenze sanitarie
complete per l’alcol.
Le nuove
regole -che entreranno in vigore a maggio 2026, per dare tempo alle aziende di
adeguarsi- prevedono l’indicazione obbligatoria in etichetta sul legame tra
alcol e cancro e sui rischi per la salute e quelli collegati al consumo in
gravidanza. “Un atto pericoloso”, ha commentato Filiera Italia, fondazione
impegnata a “valorizzare il cibo 100% italiano”. Mentre secondo la Società
italiana di alcologia è “un atto di civiltà”.
Anche
all’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) è stato approvato un piano di
azione 2022-2030 per sollecitare i governi a un’azione più energica volta a
ridurre il consumo di alcol nel mondo. L’iniziativa, che si fonda sulle ultime
evidenze scientifiche sugli effetti delle bevande alcoliche e sull’impennata
del consumo di alcolici durante la pandemia, aveva mandato su tutte le furie
l’Italia e le associazioni di categoria, che hanno incalzato con solerzia
l’ambasciata italiana a Ginevra, oltre che il ministero della Salute a Roma.
Non è la
prima volta che il nostro Paese si mette di traverso quando l’Oms tenta,
coerentemente con il proprio mandato, di intervenire su fenomeni globali
dannosi alla salute. Nel 2015, l’isteria diplomatica della delegazione
italiana, infiltrata da un rappresentante della Ferrero, si scatenò contro
l’agenzia delle Nazioni Unite quando propose nuove linee guida sugli zuccheri
semplici, per ridurne l’assunzione da parte di adulti e bambini. “Una decisione
che viola le nostre tradizioni gastronomiche”, ebbe a dire l’ineffabile
ministra della Salute, Beatrice Lorenzin.
Ma torniamo
al vino e alle bevande alcoliche. Le regolamentazioni sul marketing non
vengono fatte rispettare, sicché le pubblicità spopolano in televisione e
ancora di più su internet e i sociale network, dove
queste regole neppure esistono (e l’Italia non fa eccezione).
In un
rapporto del 2022 l’Oms descrive come i produttori di alcolici riescano ad
aggirare le norme nazionali sfruttando la rete, i social network e
il product placement per promuovere gli alcolici, in
particolare tra i giovani. Un altro importante target sono le
donne, che tradizionalmente consumano meno e quindi rappresentano
un’opportunità di espansione del mercato. I produttori utilizzano campagne
pubblicitarie in cui l’alcol è simbolo di emancipazione. Inoltre, organizzano
iniziative a supporto di temi di interesse femminile, come il cancro al seno e
la violenza domestica. Scelte paradossali, considerando che l’alcol è
cancerogeno e il suo abuso scatena spesso episodi di violenza.
Lo slogan “bere
responsabilmente” veicola l’impressione sbagliata che i produttori di alcolici
siano parte della soluzione piuttosto che una causa del problema. Il tono
moralistico del messaggio oscura i rischi insiti nel consumo di vino e di
alcol, facendo ricadere la responsabilità sui soggetti che non sono in grado di
controllarne l’assunzione. Ma dal 1995 la letteratura scientifica ha dimostrato
che nessun consumo può ritenersi sicuro.
https://altreconomia.it/la-lobby-vinicola-italiana-sul-piede-di-guerra/
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