Aumentano le temperature globali, così come aumenta il numero di cittadini dell’Unione europea che vogliono assicurarsi che i propri investimenti non danneggino l’ambiente. Uno studio del 2023 condotto dall’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (Esma) ha evidenziato come la domanda di fondi che pubblicizzano il proprio impatto positivo sulle questioni ambientali, sociali e di governance (ESG) abbia superato gli altri tipi di fondi negli ultimi sei anni.
Questo ha portato
a un enorme cambiamento nei flussi finanziari. Alla fine dell’anno
scorso, il 60% degli investimenti europei era detenuto in fondi “sostenibili”,
secondo il fornitore di dati finanziari Morningstar. Ciò equivale a circa 5mila
miliardi di euro, più del doppio del bilancio dell’Ue per l’azione sul
clima dal 2021 al 2027.
Per Follow
the Money, il 40% dei fondi sostenibili è a rischio greenwashing
Scegliere in
quale fondo investire può essere molto complicato. Ci sono migliaia di
opzioni che promettono di fornire rendimenti mentre salvaguardano
l’ambiente. Per la precisione, sono più di 2.300 fondi in Europa, di cui 1.277
disponibili per essere analizzati. A offrirli, piccoli fornitori così come
grandi nomi del calibro di UBS, HSBC e BlackRock. Di fronte a così tante
opzioni, non sorprende che la maggior parte delle persone prenda le proprie
decisioni semplicemente in base a come un fondo si presenta.
Un ragionamento
logico ma anche pericoloso. La piattaforma Follow the Money, insieme al gruppo
investigativo olandese Investico, ha scoperto che quattro fondi su
dieci (quindi il 40%) che si pubblicizzano come sostenibili detengono
invece investimenti in aziende che si occupano di combustibili fossili. E ciò
succede in aperta violazione delle nuove regole che entreranno in vigore in
tutta l’Unione europea quest’anno.
I tentativo
dell’Unione europea di fermare il greenwashing
A Bruxelles,
si sta tentando di porre un freno al greenwashing. Ovvero alle
pratiche con cui le aziende presentano le proprie operazioni o i propri
prodotti come ambientalmente sostenibili quando non lo sono.
Nel 2021,
l’Unione europea ha introdotto il regolamento sull’informativa di sostenibilità dei servizi finanziari
(SFDR).
L’obiettivo è quello di rendere il profilo di sostenibilità dei fondi più
comparabile e di facile comprensione per gli investitori. Eppure, come hanno
dimostrato le indagini di Follow the Money e dei suoi partner, queste
regole si sono rivelate inefficaci. La Commissione europea, quindi, sta ora
considerando un nuovo sistema per rendere più chiaro quali aziende appartengano
a un fondo sostenibile e quali no.
In questa
direzione sta lavorando l’Esma, che ha fatto leva sulle leggi sulla protezione
dei consumatori per istruire gli enti regolatori nazionali su come affrontare
il greenwashing. Per esempio, le nuove linee guida che entreranno in vigore
quest’anno stabiliscono cosa significa sostenibile in termini più
concreti, con tanto di parametri numerici. I fondi che si descrivono
“sostenibili” non potranno investire in aziende che traggono più dell’1% del
loro fatturato dal carbone, più del 10% dal petrolio o più del 50% dal gas.
L’indagine
di Follow the Money sul greenwashing dei fondi ESG
Follow the
Money e Investico hanno indagato su quanti fondi dovranno allinearsi a
queste nuove regole. I giornalisti hanno raccolto dati su circa 1.300 fondi
elencati nel database di Morningstar che usano termini legati alla
sostenibilità ambientale. Hanno quindi analizzato quasi 300mila investimenti
effettuati da questi fondi, per un totale di 525 miliardi di euro. E li hanno
messi a confronto con le regole dell’Esma.
I risultati
non sono stati positivi. Più del 40% di questi fondi sostenibili detiene
investimenti in aziende che traggono ricavi significativi dai combustibili
fossili. Nei Paesi Bassi, più della metà dei fondi destinati ai consumatori
viola le nuove regole. In Danimarca, Svizzera, Spagna e Italia la percentuale
sfiora il 50%.
I due
maggiori “colpevoli” sono il gigante degli investimenti statunitense BlackRock e
il gestore patrimoniale francese Amundi. Ciascuno di essi ha
pubblicizzato circa 40 fondi utilizzando termini come “ESG” e “sostenibile”,
nonostante detenessero azioni di aziende petrolifere. BlackRock ha investito
più di due miliardi di euro in questi fondi spacciati per green. Gli
investimenti di Amundi invece superano i 575 milioni di euro, comprese le
azioni della compagnia petrolifera statale saudita Saudi Aramco.
Le compagnie
fossili più popolari tra i fondi sostenibili
La compagnia
petrolifera più popolare è TotalEnergies. Quasi un quarto dei fondi
“verdi” che detengono azioni in aziende petrolifere, del carbone e del gas
investono in Total, compreso il “sostenibile” fondo azionario europeo di BNP
Paribas. In tutto, sono 143 fondi che investono complessivamente 1,1 miliardi
di euro in una delle più grandi compagnie fossili al mondo.
Ma
TotalEnergies è in buona compagnia. I fondi ESG della banca olandese ABN Amro
investono in Shell, quelli di Swiss Life in ExxonMobil e
quelli della statunitense Northern Trust in ConocoPhillips. La
tedesca DWS offre fondi ESG che investono in Pembina Pipeline
Corporation, società che costruisce oleodotti utilizzati per l’estrazione
di sabbie bituminose negli Stati Uniti. Infine, i giganti bancari HSBC e UBS detengono
azioni di Aker BP, una compagnia petrolifera norvegese che sta
cercando nuovi giacimenti di petrolio e gas nelle zone incontaminate dell’Artico.
In Italia,
la metà dei fondi sostenibili investe nelle fonti fossili
Il problema
riguarda anche l’Italia. Come ripotato da IrpiMedia (che ha partecipato
all’inchiesta), nel nostro Paese ci sono 493 fondi di investimento che si
definiscono ESG. Di questi, circa la metà (240, per la
precisione) mantiene nel proprio portafoglio investimenti in aziende fossili.
Parliamo di circa 68 milioni di euro dedicati a investimenti fossili su un
totale di 2 miliardi e 20 milioni.
«Ma, per
quanto la quota di investimento nei fossili sia bassa, il problema sta in
quello che questa percentuale rivela. Le industrie in cui questi fondi
investono sono infatti Chevron, TotalEnergies, Shell, OMV, Eni, Marathon
Petroleum, Repsol, Engie: tutti colossi dell’energia fossile» scrive
IrpiMedia.
Cosa vuol
dire davvero “sostenibile” nel mondo della finanza
«Molto deve
ancora cambiare», ha dichiarato a Follow the money Joost Schmets,
del gruppo di difesa European Investors-VEB, dopo aver esaminato i risultati
dell’inchiesta. «Ci sono ancora troppi gestori di fondi che pensano: “Attirerò
le persone con termini come ESG senza cambiare nulla del mio portafoglio”. Ma
chi cerca un fondo ESG non vuole investire in società di combustibili
fossili».
Secondo gli
esperti, gran parte del problema è dovuto alle ampie definizioni di
“verde” o “sostenibile” e ai modi in cui le istituzioni finanziarie
possono distorcerle per adattarle ai propri scopi. Gli investitori utilizzano
il termine “sostenibile” in maniera troppo vaga e per indicare qualsiasi tipo
di impegno. Le linee guida dell’Esma dovranno risolvere questo dilemma una
volta per tutte.
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