martedì 21 maggio 2024

Dobbiamo fermare i nuovi OGM - Riccardo Troisi

 

In trent’anni di storia, non hanno mantenuto le promesse di sfamare il mondo o arricchire gli agricoltori. Eppure sono nuovamente qui, alle porte d’Europa, dopo essere stati respinti da consumatori e movimenti sociali. Gli organismi geneticamente modificati vengono oggi promossi come risposta al cambiamento climatico e alla crisi dell’agricoltura da multinazionali, governi, organizzazioni di categoria e scienziati in conflitto di interessi. Mentre si profila un cambiamento irreversibile, un libro appena uscito offre spunti per opporsi ai nuovi OGM

 

L’emersione di nuove tecniche di ingegneria genetica, le cosiddette New genomic techniques, ha portato le istituzioni europee a proporre la deregolamentazione dei nuovi OGM che ne derivano. Con gravi pericoli per ambiente, salute e diritti. Stefano Mori e Francesco Panié, del Centro Internazionale Crocevia, lo raccontano in un’analisi approfondita che mette in luce pericoli, retroscena e interessi. Il libro, intitolato: Perché fermare i nuovi OGM”, esce in libreria per Terra Nuova Edizioni il 22 maggio.

«Con la falsa pretesa che si tratti di biotecnologie meno invasive, un blocco di interessi consolidati tenta di far passare una supposta equivalenza tra prodotti di laboratorio e piante coltivate nei campi» scrivono Panié e Mori.

 

Il libro arriva proprio nel corso di una mobilitazione che vede, in Italia e in Europa, movimenti contadini e associazioni del biologico impegnati nel contrastare la deregolamentazione europea, che cancellerebbe gli obblighi di tracciabilità, etichettatura e valutazione del rischio per i nuovi OGM. Ribattezzate in Italia con il rassicurante nome di Tecniche di Evoluzione Assistita (TEA), le “nuove” biotecnologie per la modificazione genetica sono sperimentate per la prima volta in un campo prova in provincia di Pavia, dove un riso geneticamente modificato potrebbe arrivare sulle tavole degli italiani senza etichetta e contaminare i campi degli agricoltori circostanti se andrà in porto il tentativo di deregulation. Gli stati infatti non potranno più nemmeno vietare i nuovi OGM sul loro territorio.

Un’operazione rischiosa per molti motivi: uno di questi è la sicura biocontaminazione dei campi non geneticamente modificati, che porterebbe nientemeno che alla fine dell’agricoltura biologica, incapace di garantire filiere libere da OGM. Altro potenziale problema viene dagli effetti collaterali delle biotecnologie di modificazione del genoma, che secondo l’Agenzia francese per la salute e la sicurezza alimentare potrebbero perfino portare le piante a produrre tossine e allergeni non previsti. Nuove tecnologie, vecchi problemi verrebbe da dire.

Cosa racconta “Perché fermare i nuovi OGM”

Dopo il fallimento degli OGM di prima generazione, raccontato nel primo capitolo, «si tenta oggi di aggiornare la narrazione, promettendo nuovi OGM indistinguibili dai prodotti dell’agricoltura contadina, e che si vorrebbe quindi far arrivare sulle nostre tavole senza più valutazione del rischio, né tracciabilità né etichettatura, oggi obbligatorie per legge» spiegano gli autori. 

Il secondo capitolo smonta ogni pezzo «di questa grande menzogna, che ha lo scopo di radere al suolo il principio di precauzione, realizzando appieno il sogno di imprese multinazionali, governi conniventi e biotecnologi in cerca di gloria e finanziamenti» si legge nell’introduzione del volume.

Il terzo capitolo è dedicato «a raccontare l’evoluzione che le scienze della vita stanno attraversando, in un tentativo di estendere il dominio sui sistemi alimentari dichiarando l’uguaglianza tra natura e tecnica, tra biotecnologia e agroecologia, secondo una filosofia dell’indistinzione scippata ai movimenti sociali e reinterpretata in chiave estrattiva. Una “santa alleanza”, quella tra scienza e capitale, che vediamo espressa plasticamente nel sistema dei brevetti, il pilastro attorno al quale ruota la possibile deregulation dei nuovi OGM». 

Quarto e quinto capitolo analizzano «la storia e la modalità con cui il brevetto consente l’appropriazione e la privatizzazione della biodiversità agricola e del cibo. La strategia mira a trascinare i contadini sotto l’influenza di un’industria sementiera che, per sostenere la propria continua espansione, non si fa scrupoli a scaricare sulla collettività i rischi di tecnologie pericolose e imprevedibili». 

Che fare, dunque, di fronte a questo mostro silenzioso che trasforma in merce ogni forma di vita, azzannando ogni spazio di autonomia e sputandoci in faccia le scorie? Nel sesto e ultimo capitolo vengono descritte «sul fronte delle pratiche e su quello della lotta politica, le strade che portano verso direzioni emancipative» e che vedono i due co-autori impegnati in una coalizione europea di cui fa parte il Centro Internazionale Crocevia, ONG da decenni schierata insieme ai contadini di tutto il mondo per il diritto alle sementi e contro la proprietà intellettuale sulle risorse genetiche.

 

Un richiamo alla mobilitazione di tutti

«Abbiamo voluto scrivere questo libro per dare una voce sul tema dei nuovi OGM a chi subirà le conseguenze più pesanti di queste tecnologie – spiega Stefano Mori, coordinatore del Centro Internazionale Crocevia – La mancanza di informazione sui nuovi OGM rischia di impedire alle persone di conoscere il peso di una possibile deregolamentazione di organismi geneticamente modificati che finirebbero nei loro piatti e nei campi degli agricoltori. Non possiamo permetterlo.

Da decenni difendiamo l’agroecologia contadina e la sovranità alimentare e attraverso le loro voci abbiamo raccontato quali sono i problemi dei nuovi OGM e quali sono le soluzioni alle conseguenze dei cambiamenti climatici dall’ottica dei movimenti di tutto il mondo».

«Il libro tiene insieme diversi elementi – dettaglia Francesco Panié, responsabile della comunicazione di Crocevia – Intrecciamo il racconto dell’evoluzione storica nel campo della modificazione genetica, con un piano di analisi delle politiche e di denuncia delle relazioni tossiche tra multinazionali, istituzioni e scienziati.

Ma oltre a sviluppare la critica, proviamo anche a offrire degli spunti per cercare altre strade, che portino verso l’agroecologia e i diritti dei contadini alle sementi, fermando la brevettazione del vivente e la contaminazione dei campi e dei corpi». 

Intrecciando storia della biologia, inchiesta giornalistica e testimonianze dai movimenti, il libro accende una luce sugli enormi interessi e le relazioni pericolose tra multinazionali, politica e scienziati che rischiano di compromettere la vera transizione agroecologica, i diritti dei contadini sui semi e quelli dei consumatori a una scelta informata.

da qui

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