L’Istat ha presentato il suo rapporto annuale 2024, ricchissimo di dati sul nostro paese. Uno dei dati sicuramente il più preoccupante riguarda i nostri giovani: che stanno letteralmente sparendo.
Non è una novità, il calo demografico è fenomeno in atto da molti anni, ma i numeri sono d'avvero impressionanti.
Ecco i dati
reali:
GIOVANI
18-34enni IN ITALIA
Nell' anno
1994 erano
15milioni183mila990
Nell'anno
2023 si sono ridotti a
10milioni331mila631
CALO
PERCENTUALE -32.3%
CALO
NUMERICO -4milioni852mila359
Il fenomeno
riguarda l’intera Unione Europea ma il caso italiano è assolutamente il più
grave e marcato, solo la Bulgaria ha una percentuale di giovani sulla
popolazione generale più bassa di quella italiana.
La
diminuzione è notevolissima e diffusa in tutte le regioni italiane. Al sud i
giovani sono percentualmente più numerosi ma è anche la zona più pesantemente
colpita dalla flessione (la percentuale resta più alta della media nazionale
perché si partiva da una quota altissima di giovani, ma appunto sta calando
rapidamente). Le conseguenze della mancanza dei giovani sono tante.
Un esempio?
La difficoltà di reperimento di giovani per certe attività lavorative: spesso
si addebita ad altri motivi (pensate ai commenti assolutamente inadeguati e
ingiusti tipici che troviamo sui social “non hanno voglia di lavorare”).
Il
punto fondamentale è che proprio i giovani non ci sono proprio: non sono
nati. In Italia da anni si parla di inverno demografico.
Alcune
ricerche ci dicono che vi è il giudizio di insufficienza sulle attuali
politiche a supporto della famiglia che viene dato da più di un italiano su due
(52%). L’insoddisfazione è omogenea in tutto il paese.
Il confronto
con il panorama europeo fa emergere un giudizio ancora più critico: per quasi 7
italiani su 10 (66%) le politiche italiane di sostegno alla famiglia e alla
genitorialità sono inferiori alla media europea, opinione espressa, in
particolare, da chi ha figli (73%).
Tra le
iniziative anti-denatalità, l’assegno universale per i figli a carico e il
rafforzamento delle politiche di sostegno per spese educative e scolastiche
sono le più apprezzate dagli italiani (ciascuna con il 58%). A seguire la
riforma dei congedi parentali e il supporto ad un maggiore protagonismo degli
under 35 (ciascuna con il 55%).
Interessante
notare come le aziende possono avere un ruolo nel favorire la natalità: per 6
italiani su 10 una maggiore flessibilità lavorativa a favore dei lavoratori
potrebbe favorire la genitorialità in Italia. In particolare, vengono
apprezzate la flessibilità di orario di entrata e uscita (29%), il lavoro da
remoto integralmente o in parte (26%) e la settimana lavorativa corta
(24%).
Istituire
un asilo nido all’interno dell’azienda piace al 30% degli italiani
Molti
risultati di varie ricerche evidenziano come tra chi non ha figli prevalga il
desiderio di averne (36%).
Tutte le
ricerche concordano su un dato: tra coloro che rimandano o non progettano di
avere figli, la motivazione principale sia lavorativa (35%), soprattutto nel
Sud e Isole (44%). Nel dettaglio, la mancanza di un lavoro stabile (17%) e
l’inconciliabilità tra carriera e desiderio genitoriale (16%) sono i principali
deterrenti.
A livello
nazionale, le ragioni economiche sono la seconda motivazione alla base della
decisione di non volere figli (34%), ma diventano il primo deterrente per il
Nord (37%), soprattutto a causa dell’aumento del costo della vita in relazione
al proprio reddito. Un piccolo giudizio personale mi fa concludere che la
mancanza di serie politiche sociali da parte dello Stato sono la prima causa
della denatalità nel nostro Paese.
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