L’Aeronautica militare e il ministero dell’Istruzione e del Merito hanno
invitato le scuole “di ogni ordine e grado” a partecipare il prossimo 16 aprile
a una gita d’istruzione presso la base militare di Ghedi (Brescia), al fine di
“scoprire i valori che ispirano il servizio al Paese” e di fornire ai giovani
“uno spunto per l’orientamento della scelta professionale ed occupazionale”.
L’iniziativa, dal titolo “Mettiamo le ali ai nostri sogni”, ha provocato la
rivolta dei docenti, con 200 tra maestri e professori che hanno sottoscritto
una lettera di protesta, redatta dalla docente Patrizia Londero
dell’Istituto Bazoli-Polo di Desenzano e indirizzata al ministro
dell’Istruzione, Giuseppe Valditara. Chiara la denuncia della missiva: “Mentre
assistiamo impotenti allo sgretolarsi del diritto umanitario in numerose zone
del mondo (…) vediamo un fiorire di iniziative che esortano le scuole a far
partecipare gli alunni a mostre d’armi, basi militari, parate, addestramenti,
alza-bandiera e incontri con l’esercito”, in una logica che nulla a che fare
con valori come la “convivenza pacifica, democratica, centrata sul confronto e
sul dialogo” che dovrebbero essere al centro dell’istruzione scolastica. Gli
insegnanti chiedono quindi l’annullamento della gita a Ghedi, così
come di ogni intrusione dell’immaginario bellico nella formazione dei bambini e
dei ragazzi.
La finalità “ufficiale” dell’iniziativa, come viene messo nero su bianco
dalla circolare firmata dal
direttore Ufficio Scolastico Regionale per la Lombardia, Giuseppe Bonelli, e
dal Ministero dell’Istruzione e del Merito, è quella di “far conoscere e
promuovere sul territorio, insieme alla cittadinanza, alle Scuole, alle
Istituzioni, i valori che ispirano il servizio al Paese, le tradizioni e la
cultura dell’eccellenza italiana nel Mondo ed il patrimonio di storia, cultura
aeronautica con le professionalità espresse dall’Aeronautica Militare”. Netta
la presa di posizione dell’autrice della lettera di protesta, che ha ottenuto
l’appoggio formale di duecento colleghi: “La comunicazione che nella mia scuola
è stata inoltrata a tutti i docenti, dà conto di una capillare diramazione
informativa che per i contenuti e l’ufficialità suona come un’ingiunzione
dall’alto che non può non stridere con quanto per anni ho cercato di
costruire nei percorsi di Educazione Civica a scuola con i ragazzi, quando
l’attenzione in primis era posta all’art.11 della Costituzione, che stimolava
discussioni su culture di sopraffazione, di violenza che portano direttamente a
quella delle armi”, si legge nella lettera, in cui si ricorda
come la base di Ghedi, meta della gita in programma, non sia “un posto
qualunque”, bensì una “base militare da cui più volte si sono alzati in
volo aerei supersofisticati con il loro carico di morte da riversare
su Paesi cosiddetti ‘canaglia’ (Iraq 1991, Serbia 1999)” e “dove sono notoriamente
custodite armi a testata nucleare, che gli F35 dislocati nella base sono
abilitati a trasportare ed utilizzare”.
I firmatari attaccano poi direttamente il ministro Valditara: “Di che
emozioni e sogni parla il ministro? Sono forse i brividi adrenalinici
dell’incolumità a rischio che dovrebbero suscitare emozioni? Ma per la
gloriosa pattuglia acrobatica non sta bene parlare di rischio. Sono troppo
bravi. Fanno sognare. Stupefacente se non fosse inaccettabile la chiosa
metaforica finale: ‘Mettere ali al proprio futuro’. Non solo si dovrebbero
prelevare i ragazzi da scuola per trasferirli a Ghedi, ma il ministro vorrebbe
che da questa visita traessero ispirazione per la loro futura professione.
Verso quali orizzonti di gloria li vorrebbe spingere?”. “Non resta che
solidarizzare unendosi a tutti coloro che condannano questa pericolosa
proliferazione di proposte formative a sfondo militare, per dichiarare con
forza l’urgenza della costruzione di scuole di Pace, coltivando con
i ragazzi occasioni di solidarietà con chi vive in zone di guerra, di
conoscenza del dramma della guerra e delle sue vittime, di progettazione di
aiuti concreti per coloro a cui la guerra ha distrutto tutto – si legge nella
parte conclusiva della missiva -. Curare le ferite, aiutare a ricostruire. Ci
sarebbe bisogno di leggere circolari che parlino di questo”.
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