Il caporedattore della rivista che lo pubblicò, Martin van Den Berg, spiega le ragioni della scelta: "I dipendenti della Monsanto potrebbero aver contribuito alla scrittura dell’articolo" senza essere citati
A 25 anni dalla sua pubblicazione, la rivista scientifica Regulatory Toxicology and Pharmacology ritira lo studio, pubblicato nel 2000, secondo cui il glifosato, potente erbicida commercializzato dalla Monsanto con il nome di Roundup, non era dannoso. Autori dello studio, intitolato ‘Valutazione della sicurezza e valutazione del rischio del roundup di erbicidi e del suo ingrediente attivo, glifosato, per gli esseri umani’ sono Gary Williams del New York Medical College, l’unico tuttora in vita, Robert Kroes dell’Università di Utrecht (Olanda) e Ian Munro, che lavorava per la società di consulenze canadese Cantox, oggi Intertek. Nel documento, giungevano alla conclusione che l’erbicida a base di glifosato della Monsanto non rappresentava alcun rischio per la salute umana, né per quanto riguarda il cancro, né per eventuali effetti negativi sul sistema riproduttivo ed endocrino. E quel documento è stato citato, negli anni, da centinaia di ricerche successive (ma anche da autorità di regolamentazione come l’Agenzia per la protezione ambientale, ndr). Tanto da diventare, come dichiarato dalla stessa rivista che lo aveva pubblicato “una pietra miliare nella valutazione della sicurezza del glifosato”. Dopo “un’indagine approfondita”, il caporedattore della rivista, Martin van Den Berg, ha ritirato lo studio e ha spiegato le ragioni di questa scelta. In sintesi, “gravi preoccupazioni etiche riguardanti l’indipendenza e la responsabilità degli autori di questo articolo e l’integrità accademica degli studi sulla cancerogenicità presentati”.
Il nodo dell’autorizzazione in Unione Europea
Resta, ora,
il dubbio sul peso che ha avuto per un quarto di secolo anche nelle valutazioni
delle autorità che hanno regolato l’utilizzo del glifosato per il quale l’Unione
europea ha rinnovato nel 2023 l’autorizzazione (Leggi l’approfondimento). Giova ricordare,
inoltre, che il 19 novembre scorso, la Corte di giustizia dell’Unione
europea ha stabilito che la Commissione Ue non può concedere proroghe
delle autorizzazioni per i pesticidi in modo automatico, in caso di ritardi nel
processo di rivalutazione. La Corte si è espressa sui ricorsi presentati dalla
ong Pollinis France contro la proroga del periodo di
approvazione del boscalid, da Pan Europe per
la dimossistrobina e da Aurelia Stiftung per
il glifosato. In questo contesto, arriva la decisione presa
da Regulatory Toxicology and Pharmacology di ritirare lo
studio, indicando le motivazioni, anche alla luce del fatto che il
co-autore Gary M. Williams non ha fornito alcuna spiegazione
alle domande poste da Martin van Den Berg. Tra le ragioni (e le
relative domande rimaste senza alcuna risposta), anche documenti
aziendali della Monsanto venuti alla luce negli ultimi anni, durante
i contenzioni intentati da cittadini statunitensi che si sono
ammalati di cancro.
Studio incompleto e dubbi sull’indipendenza degli
autori
Come
riportato nella nota del capo redattore della rivista, le conclusioni
dell’articolo ora ritirato si basano esclusivamente su studi inediti
della Monsanto. Nel corso della stesura, tra l’altro, sono stati ignorati
diversi studi sui temi della tossicità cronica e della cancerogenicità
pure già disponibili. Non solo: alcuni documenti e e-mail inviate da
dipendenti della Monsanto venuti alla luce negli ultimi anni
“suggeriscono che gli autori dell’articolo non erano gli unici responsabili
della scrittura del suo contenuto”. Quella corrispondenza, anzi, rivela che “i
dipendenti della Monsanto potrebbero aver contribuito alla scrittura
dell’articolo” senza essere citati come coautori. E la mancanza di
chiarezza su quali parti sono state scritte dai dipendenti della Monsanto
crea incertezza sull’integrità delle conclusioni tratte. Non è
poco, dato che l’articolo afferma l’assenza di cancerogenicità associata al
glifosato o alla sua formulazione tecnica, Roundup. Ergo: “Non è
chiaro quanto delle conclusioni degli autori siano state influenzate da
contributi esterni di Monsanto”. “Questa mancanza di trasparenza –
scrive Martin van Den Berg – solleva serie preoccupazioni
etiche riguardanti l’indipendenza e la responsabilità degli autori di questo
articolo e l’integrità accademica degli studi sulla cancerogenicità
presentati”. Di fatto, esiste altra corrispondenza divulgata durante un
contenzioso che indica come gli autori potrebbero aver ricevuto un
“risarcimento finanziario” da Monsanto per il loro lavoro su questo
articolo. “Il potenziale compenso finanziario – scrive sempre il caporedattore
della rivista – solleva significative preoccupazioni etiche e
mette in discussione l’apparente obiettività accademica degli autori in questa
pubblicazione”.
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