Il rapporto Svimez 2025: il Pil regionale, pur
rallentando, resta positivo. Cresce l’occupazione. L’Isola però rimane nella
«trappola» della denatalità e dei neolaureati in fuga
L’economia
della Sardegna rallenta, ma resiste a crisi, dazi e altri sconvolgimenti
economici e finanziari. Ciò che invece desta sempre più preoccupazione è la
costante e pressoché inarrestabile fuga di giovani talenti.
È quanto
evidenzia il nuovo rapporto dell’agenzia per lo sviluppo del Mezzogiorno Svimez,
appena presentato.
Come
accennato, l’Isola non arretra: tra il 2021 e il 2024 il Prodotto
interno lordo regionale ha fatto registrare una variazione complessiva del
+8,4%, anche se il rallentamento dell’economia isolana è nei fatti. Se
nel 2021 il Pil regionale era infatti cresciuto dell’8,5%, nel 2022 si è scesi
a +6,2%, nel 2023 a 1,1% e lo scorso anno a 0,9%.
Le
performance migliori – sottolinea il report – sono soprattutto quelle
dell’industria e delle costruzioni. In apparenza bene anche l’agricoltura (4,8%),
che deve però fare i conti con un calo di occupati pari all’11,1%.
L’occupazione
in Sardegna è complessivamente in aumento (+5,1%), ma, come accennato, l’allarme
riguarda in particolare i giovani: il tasso di disoccupazione
giovanile nell’Isola nel 2024 era infatti pari al 23%, mentre tra 2022 e
2024 hanno lasciato la Sardegna ben 9.491 persone nella fascia d’età 25-34
anni, di cui 5.164 per trasferirsi al Centro-Nord e 4.327 per trasferirsi
all’estero.
Numeri ancor
più allarmanti se associati a quelli degli emigrati totali dall’Isola tra
il 2005 e il 2024 (20mila persone) e alla denatalità e al calo della
della popolazione, che solo lo scorso anno è stato pari a 9.152 unità.
II commento
di Svimez al fenomeno non lascia dubbi: la Sardegna, con Campania, Puglia,
Basilicata, Calabria, Molise e Sicilia è una «regione in trappola»,
perché «il calo della popolazione attiva è accentuato, le percentuali di
laureati sono nettamente inferiori alla media europea e la migrazione giovanile
è ormai una tendenza consolidata, a conferma della persistente fragilità
strutturale del Mezzogiorno».
Il Pil che
tiene oppure che cresce e l’occupazione che aumenta, con il contraltare della
fuga di giovani e di talenti, caratterizza infatti - rimarca il
rapporto - tutti i territori del Sud e delle Isole.
Anche in
questo caso i dati sono eloquenti: il Prodotto interno lordo del
Mezzogiorno ha registrato negli ultimi anni un balzo in avanti formidabile,
pari all'8,5% contro il +5,8% del Centro-Nord. Numeri quasi da record,
stemperati però dalle 175mila persone totali, soprattutto giovani, che hanno
lasciato il Meridione e le Isole per trasferirsi al Nord o all’estero.
«Per
trattenere i giovani – tira le somme il report Svimez -, il Sud deve
attivare filiere produttive ad alta intensità di conoscenza, rafforzare la base
industriale innovativa e integrare formazione superiore, ricerca e politiche
industriali. Senza un salto di qualità nella domanda di competenze, la
mobilità giovanile continuerà a essere una scelta obbligata».
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