I dati del rapporto dell’Ocse. Criticità anche sul numero degli infermieri
e sui fattori di rischio per la salute. Risultati positivi sull'aspettativa di
vita e le cura delle urgenze
Gli ospedali reggono, spesso grazie all’abnegazione e alla
preparazione dei professionisti. Il territorio invece cede,
incapace di intercettare precocemente i bisogni dei cittadini prima che
diventino emergenze. Il quadro dell’Italia che emerge dal
rapporto Health at a Glance 2025 dell’Ocse – che
analizza i sistemi sanitari di 38 Paesi
industrializzati – è quello di uno Stato che ha smesso di investire nel
proprio sistema sanitario, scaricando costi e responsabilità sul personale rimasto
e sui cittadini. L’Italia spende per la sanità 5.164
dollari pro capite, ben sotto la media Ocse (5.967), un terzo in meno
della Francia (7.367) e oltre il 40% in meno della Germania (9.365).
Una scelta politica che ha delle conseguenze: le famiglie italiane
sono tra quelle che pagano di più di
tasca propria per la loro salute in tutta Europa. La spesa sanitaria “out of
pocket” incide per il 3,5% sui consumi domestici. Contro
il 2% della Francia e il 2,5% della Germania. Il 48% di questa spesa privata è
dedicato all’assistenza ambulatoriale. È il secondo valore più alto
dell’area, contro una media Ocse del 22%. Quello che dovrebbe essere garantito
dal pubblico, dunque, è sempre più un bene acquistato, anche per via delle
lunghe liste d’attesa che spingono chi può verso
il privato, e chi non può verso la rinuncia. Facendo scivolare il Servizio
sanitario nazionale verso un modello sempre più frammentato e diseguale.
Criticità sui fattori di rischio per la salute
Anche per quanto riguarda i fattori di rischio per
la salute, il rapporto identifica e misura le criticità del sistema italiano.
Nel nostro Paese vengono prescritti più antibiotici rispetto
alla media Ocse ed esiste un serio problema di sedentarietà e
di abitudini nocive, soprattutto tra i giovani: siamo terzi per prevalenza
di fumatori tra i 15enni (circa il 15%, dopo
Ungheria e Bulgaria) e secondi per consumo di alcol tra
gli adolescenti, dietro solo alla Danimarca. Per quanto riguarda l’attività
fisica, il 45% degli adulti non ne fa abbastanza (la media Ocse è del 30%)
e gli adolescenti italiani risultano i meno attivi dell’intera area, con un
dato in deciso peggioramento negli ultimi dieci anni. A questi fattori di
rischio si aggiunge l’inquinamento: l’esposizione media al Pm 2,5 è di
14,3 microgrammi per metro cubo, anche in questo caso sopra la media Ocse di
11,2 microgrammi.
La crisi degli infermieri
Altro punto critico identificato dal rapporto è quello del personale, in
particolare gli infermieri: l’Italia ne ha 6,9 per mille
abitanti, contro una media Ocse di 9,2. In Francia sono 11 e in
Germania 13. Una carenza gravissima che indebolisce ospedali, Rsa, servizi
domiciliari e sanità territoriale. Senza infermieri non possono esistere
le Case di Comunità, così come non può
essere garantita un’adeguata assistenza domiciliare o
la corretta presa in carico dei pazienti cronici. Il problema, oltreché legato
alle condizioni lavorative, è economico: negli altri Paesi Ocse gli
infermieri guadagnano in media il 20% in più del salario medio
nazionale. In Italia, al contrario, guadagnano meno della
media dei lavoratori a tempo pieno. Una condizione che rende la
professione poco attraente per i giovani e spinge
molti professionisti a emigrare all’estero o a
spostarsi nel privato. In futuro la situazione non migliorerà:
negli ultimi dieci anni, mentre nei Paesi Ocse il numero di nuovi infermieri
cresceva, in Italia i laureati in infermieristica sono
diminuiti del 20%. La professione è percepita come faticosa, rischiosa e
scarsamente retribuita. Tanto che i posti nelle università restano vacanti a
causa della mancanza di candidati.
L’assistenza a lungo termine
Il rapporto fotografa inoltre una fragilità profonda nell’assistenza a
lungo termine: il nostro Paese conta solo 1,5 operatori ogni 100 over 65,
contro una media Ocse di 5. Un dato che pesa ancora di più se pensiamo che il
nostro è uno dei Paesi più anziani al mondo.
Critico anche il dato sui posti letto: gli ospedali
italiani ne hanno 3 posti ogni mille abitanti, contro i 4,2 della media Ocse e
i 5,4 francesi e i 7,7 tedeschi.
Gli indicatori positivi
Nonostante le carenze strutturali, la poca prevenzione e un crescente
ricorso alla spesa privata, l’Ssn, con il suo approccio universalistico, mostra
ancora dei risultati eccellenti su alcuni
indicatori. Il nostro Paese, infatti, continua a figurare tra quelli con la più
alta aspettativa di vita al mondo
(83,5 anni, ovvero 2,4 in più rispetto alla media) e con un sistema ospedaliero
capace di garantire ottimi risultati nella cura delle urgenze,
nonostante la profonda crisi in cui versano i pronto soccorso:
le mortalità post-infarto e post-ictus sono più basse della
media Ocse, così come la mortalità prevenibile e quella curabile.
Ma, come evidenzia il report, senza un’inversione di rotta – soprattutto per
quanto riguarda gli investimenti sul personale, la prevenzione e il
rafforzamento del territorio – l’Italia comprometterà presto anche questi
indicatori positivi, che oggi la collocano tra i Paesi più longevi e
clinicamente efficaci dell’Ocse.
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