Solo il
sensazionalismo mediatico sembra gettare luce su condizioni di degrado
sanitario ed umano che sono quotidiane, immanenti, inevitabili, preparate e
volute ma non casuali.
Cosi come non
si improvvisano la gestione delle cure intensive, cosi lo sprofondo documentato
al San Raffaele non è un incidente casuale: è invece il
portato di scelte gestionali a sua volta originate da un’idea di
sanità piegata al profitto.
Al San Raffaele
si consuma l’atto finale di una deriva del SSN che con le lotte degli anni ’60
e ’70 si voleva universale e gratuito.
Con l’irruzione
di un capitalismo sui generis che anziché investire risorse proprie ha
fagocitato le risorse pubbliche ed ha fatto della salute un territorio per le
sue scorrerie affaristiche.
La
salute da non mercanteggiare, la salute da preservare
per tutti e soprattutto dei più poveri è un
principio che a Milano ma poi in tutta Italia va sostituendosi con la logica del “ti
curi se hai i soldi”.
Una sanità non
uguale più per tutti ma a misura di portafoglio.
Ed ecco che lo
scadimento assistenziale si raccorda con il cinismo del capitale che stabilisce
prezzi e tariffe a secondo delle disponibilità individuali.
Ed ecco che la
sanità diventa preda di ditte fintamente onlus, fintamente
religiose, fintamente cooperative.
Ma la
concorrenza tra i predoni, progressivamente, fa emergere società di taglia
sempre più grande. La concentrazione dei capitali opera anche in
questo settore e fa emergere colossi come il Gruppo San Donato SPA che
controlla a sua volta il San Raffaele.
L’appalto alle cooperative ha il vantaggio dei costi contenuti del personale, rispetto ad un personale professionale che ha lo svantaggio di costare di più. La qualità assistenziale è deprezzata di conseguenza.
La gestione del
San Raffaele ha solo portato alle estreme scelte proprie
del registro Profitti e Perdite.
Ed ecco che il
concentramento, voluto dalla direzione del San Raffaele, delle
cooperative nei reparti che si occupano, guarda caso, dei malati “non
paganti” ma bisognosi di cure intensive, non è un blackout momentaneo
è un lucido disegno di un capitale che non ha coscienza sociale. La sua
coscienza si misura in quote di capitale che devono essere crescenti.
A conferma di
ciò alle dimissioni dell’Amministratore Unico Francesco Galli (che passa a
dirigere altre strutture sanitarie e ad assumere quindi altre cooperative),
subentra un ingegnere, Marco Centenari con una formazione non certamente
sanitaria ma certamente più attrezzato a limitare le spese (del personale) e
massimizzare i guadagni societari della Spa.
Man mano che il
clamore della caotica giornata va spegnendosi e le luci natalizie si accendono
l’assessore alla Sanità Guido Bertolaso rassicura che il
San Raffaele è “ un vero fiore all’occhiello della sanità italiana ed è
fisiologico che ogni giorno possano presentarsi criticità"
Tra i fiori
critici bisogna annoverare: la terapia delle ore 18 somministrata alle 24, la
terapia antibiotica non somministrata, gli esami del sangue non effettuati,
allo squillare del campanello l’infermiere (può arrivare) dopo mezzora e il
medico dopo due ore e mezzo che nel frattempo si rende conto che gli esami
ematici del mattino non sono stati fatti, gli esami vengono eseguiti
a mezzogiorno ma a mezzanotte si scopre che alcune provette si sono perse.
Un’infermiera della cooperativa rivela di che non aver mai fatto
l’affiancamento, un’altra dichiara che non sapeva dove cercare i farmaci né di
saper caricare gli esami né di saper gestire la ventilazione assistita …
l’elenco potrebbero continuare! Ma può bastare,
Per fortuna “la
Madonnina che brilla da lassù” questa volta ha scongiurato drammi
ancora più gravi.
Ma
intanto è Natale e la stella cometa riposa sul San Raffaele. Ma non brilla!
Sindacato
Intercategoriale Cobas
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