“Non possiamo fare a meno del servizio sanitario pubblico”. Ma “oggi i dati dimostrano che è in crisi: arretramento di alcuni indicatori di salute, difficoltà crescente di accesso ai percorsi di diagnosi e cura, aumento delle diseguaglianze regionali e sociali”. Molto “si può e si deve fare sul piano organizzativo, ma la vera emergenza è adeguare il finanziamento del Servizio sanitario nazionale agli standard dei Paesi europei avanzati (8% del Pil). Ed è urgente e indispensabile, perché un Ssn che funziona non solo tutela la salute, ma contribuisce anche alla coesione sociale”. E’ l’appello a difesa della sanità pubblica di 14 tra i più importanti scienziati italiani, tra i quali il premio Nobel Giorgio Parisi.
“Dal 1978,
data della sua fondazione, al 2019 il Ssn in Italia ha contribuito a produrre
il più marcato incremento dell’aspettativa di vita (da 73,8 a 83,6 anni) tra i
Paesi ad alto reddito”, si legge nel documento che sottolinea come oggi il
sistema sia invece in crisi. “Questo accade perché i costi dell’evoluzione
tecnologica, i radicali mutamenti epidemiologici e demografici e le difficoltà
della finanza pubblica hanno reso fortemente sottofinanziato il Ssn, al quale
nel 2025 sarà destinato il 6,2% del Pil (meno di vent’anni fa). Il pubblico
garantisce ancora a tutti una quota di attività (urgenza, ricoveri per acuzie),
mentre per il resto (visite specialistiche, diagnostica, piccola chirurgia) il
pubblico arretra, e i cittadini sono costretti a rinviare gli interventi o
indotti a ricorrere al privato”.
Continuare
“su questa china, oltre che in contrasto con l’articolo 32 della Costituzione,
ci spinge verso il modello Usa – avvertono i firmatari – terribilmente più
oneroso (spesa complessiva più che tripla rispetto all’Italia) e meno efficace (aspettativa
di vita inferiore di 6 anni). La spesa sanitaria in Italia non è grado di
assicurare compiutamente il rispetto dei Livelli essenziali di assistenza (Lea)
e l’autonomia differenziata rischia di ampliare il divario tra Nord e Sud
d’Italia in termini di diritto alla salute. E’ dunque necessario un piano
straordinario di finanziamento del Ssn e specifiche risorse devono essere
destinate a rimuovere gli squilibri territoriali. La allocazione di risorse
deve essere accompagnata da efficienza nel loro utilizzo e appropriatezza
nell’uso a livello diagnostico e terapeutico, in quanto fondamentali per la
sostenibilità del sistema”.
Per i 14
scienziati, il Servizio sanitario nazionale “deve recuperare il suo ruolo di
luogo di ricerca e innovazione al servizio della salute. Parte delle nuove
risorse deve essere impiegata per intervenire in profondità sull’edilizia
sanitaria, in un Paese dove due ospedali su tre hanno più di 50 anni e uno su
tre è stato costruito prima del 1940. Ma il grande patrimonio del Ssn è il suo
personale: una sofisticata apparecchiatura si installa in un paio d’anni, ma
molti di più ne occorrono per disporre di professionisti sanitari competenti,
che continuano a formarsi e aggiornarsi lungo tutta la vita lavorativa.
Nell’attuale scenario di crisi del sistema, e di fronte a cittadini/pazienti
sempre più insoddisfatti, è inevitabile che gli operatori siano sottoposti a
una pressione insostenibile che si traduce in una fuga dal pubblico,
soprattutto dai luoghi di maggior tensione, come l’area dell’urgenza”.
E’ evidente
che “le retribuzioni debbano essere adeguate, ma è indispensabile affrontare
temi come la valorizzazione degli operatori, la loro tutela e la garanzia di
condizioni di lavoro sostenibili. Particolarmente grave è inoltre la carenza di
infermieri (in numero ampiamente inferiore alla media europea). Da decenni si
parla di continuità assistenziale (ospedale-territorio-domicilio e viceversa),
ma i progressi in questa direzione sono timidi. Oggi il problema non è più
procrastinabile: tra 25 anni quasi due italiani su cinque avranno più di 65
anni (molti di loro affetti da almeno una patologia cronica) e il sistema, già
oggi in grave difficoltà, non sarà in grado di assisterli”.
Infine,
rimarcano i firmatari, “la spesa per la prevenzione in Italia è da sempre al di
sotto di quanto programmato, il che spiega in parte gli insufficienti tassi di
adesione ai programmi di screening oncologico che si registrano in quasi tutta
Italia. Ma ancora più evidente è il divario riguardante la prevenzione
primaria; basta un dato: abbiamo una delle percentuali più alte in Europa di
bambini sovrappeso o addirittura obesi, e questo è legato sia a un cambiamento
– preoccupante – delle abitudini alimentari sia alla scarsa propensione degli
italiani all’attività fisica. Molto va investito, in modo strategico, nella
cultura della prevenzione (individuale e collettiva) e nella consapevolezza
delle opportunità, ma anche dei limiti della medicina moderna”. A firmare il
documento: Ottavio Davini, Enrico Alleva, Luca De Fiore, Paola Di Giulio,
Nerina Dirindin, Silvio Garattini, Franco Locatelli, Francesco Longo, Lucio
Luzzatto, Alberto Mantovani, Giorgio Parisi, Carlo Patrono, Francesco Perrone,
Paolo Vineis.
Fonte:
AdnKronos
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