Il caffè è la seconda bevanda più
consumata al mondo dopo il tè (e dopo l’acqua ovviamente), su
cui esiste un’ampia letteratura scientifica che attribuisce numerose proprietà
salutistiche, incluse quelle di ridurre l’infiammazione epatica e
lo sviluppo del Diabete tipo 2. Riducendo questi due fattori, si
abbassa al contempo anche il rischio di contrarre diverse altre malattie dato
che sia l’infiammazione del fegato che il diabete tipo 2 sono
precursori di problemi ancora più gravi nell’organismo.
Oltre la caffeina:
cosa c’è dentro al caffè
Il segreto delle proprietà nutraceutiche del caffè non risiede però nella
sostanza più conosciuta da tutti, la caffeina. I benefici della bevanda sono
invece attribuiti ai numerosi composti vegetali antiossidanti e antinfiammatori
presenti nel caffè come l’acido clorogenico, il cafestolo e
il caveolo ai quali si riconoscono anche funzioni
antitumorali. Al contrario, la caffeina, il principio attivo del caffè a
livello del sistema nervoso, sembrerebbe incidere poco in tal senso, dal
momento che anche chi beve caffè decaffeinato trae sostanzialmente gli stessi
benefici di chi lo beve nella sua versione naturale. Tali evidenze sono state
confermate anche da un recente studio nel Regno Unito che
ha stabilito un collegamento tra il consumo di caffè e un fegato più sano.
In questa indagine scientifica i ricercatori si sono basati sui dati
relativi a un vastissimo campione di 494 mila persone circa,
raccolti nella Biobank,
una grande indagine nazionale sulla salute della popolazione britannica. I
partecipanti sono stati interrogati, tra gli altri, su quanto e quale caffè –
decaffeinato, istantaneo, macinato o altro – consumassero. Gli individui sono
stati seguiti mediamente per un decennio e i dati sulle abitudini legate al
caffè sono stati incrociati con quelli concernenti l’insorgere o meno di
malattie al fegato come la steatosi, il carcinoma del fegato, epatiti e cirrosi
epatica. Gli studiosi hanno così stabilito che circa il 78% dei
partecipanti consumasse mediamente due tazzine di caffè al giorno. Rispetto ai
non bevitori di caffè, i bevitori di caffè avevano rischi ridotti
rispettivamente del 21% di patologie croniche del fegato e
del 49% di morire per malattie del fegato inclusi i tumori
(epatocarcinoma). Ciò è stato rilevato indipendentemente dal tipo di caffè
consumato, fosse esso solubile, macinato o decaffeinato. Questo studio non è di
certo una voce isolata nella letteratura scientifica e anzi concorda con
precedenti studi che generalmente riportano associazioni inverse tra consumo di
caffè ed esiti di patologia cronica del fegato, inclusi gli enzimi epatici
alterati, fibrosi, cirrosi,
e tumori al fegato.
Effetti protettivi del caffè sono stati inoltre registrati in pazienti che
avevano contratto un’epatite C di tipo virale.
Il consumo di caffè offre dunque un vasto effetto protettivo su
diversi tipi di patologie. Via libera dunque a qualche tazzina al
giorno di espresso o moka considerando che l’effetto protettivo di questa
millenaria bevanda è stato accertato oltre che per il fegato anche per
cervello, cuore e stomaco, in aggiunta alle proprietà di prevenzione dal
rischio di diabete e cancro. Espresso, alla moka, americano, alla turca. Ognuno beve
il caffè che preferisce e, contrariamente a quanto si possa pensare,
l’italianissimo espresso non è nemmeno il più forte e concentrato in caffeina e
altre sostanze antiossidanti, dal momento che una tazzina contiene
mediamente 25-35 ml di caffè a fronte dei circa 50 ml di
quello preparato in casa con la moka e dei circa 200-250 ml dei “bibitoni” in
tazza grande in stile americano e tedesco.
Il caffè protegge
anche dal Diabete di tipo 2
Consumare regolarmente tè e caffè può ridurre il rischio di
contrarre il diabete di tipo 2. Lo attesta un recente studio giapponese che si aggiunge
alla già ampia letteratura scientifica relativa all’efficacia degli
antiossidanti presenti in queste bevande nel contrastare l’eccesso di glucosio
nel sangue. In questo studio si è documentato un miglioramento
significativo dei parametri della glicemia e dell’insulina dopo i pasti nelle
persone che assumevano una bevanda apposita contenente alcune delle sostanze presenti
nel caffè e nel tè.
L’effetto protettivo, in particolare, è stato attribuito dai ricercatori ad
alcune sostanze specifiche caratterizzanti del caffè e del tè: le catechine (i
polifenoli antiossidanti del tè) l’acido clorogenico (presente
nel caffè) e la caffeina (presente nel caffè e anche nel tè
sotto forma di teina).
E’ importante conoscere meglio queste sostanze, anche se in estrema
sintesi, in quanto si tratta di preziosi alleati di salute che possiamo
ritrovare (strategicamente e consapevolmente) anche in alcuni altri alimenti,
oltre al caffè e al tè. Le catechine sono composti
polifenolici, appartenenti alla categoria dei flavonoidi, che si trovano nel
tè, nel cacao e nei frutti di bosco. Presenti soprattutto nel tè, in
particolare in quello verde, le catechine esercitano una forte azione
antiossidante contro i radicali liberi, riducendo il rischio non solo di
diabete, ma anche di malattie cardiovascolari, epatiche e
neurodegenerative.
Appartiene alla famiglia dei polifenoli antiossidanti anche l’acido
clorogenico presente nel caffè, nelle mele e nei frutti di bosco.
Oltre che per la capacità di rallentare l’assorbimento di zucchero nel sangue,
questa sostanza si distingue per spegnere l’infiammazione, elemento
chiave per lo sviluppo di tutte le malattie croniche, diabete incluso.
Chi non dovrebbe bere
o limitare il caffeina
Il caffè è invece controindicato in chi soffre di gastrite, ulcera peptica
e dispepsia, per il suo effetto di stimolo sulla produzione di acido
cloridrico. Inoltre, va evitato in presenza di aritmie, pressione alta non
controllata farmacologicamente e tachicardia, perché può causare transitorie
accelerazioni del battito cardiaco. Per la stessa ragione non è adatto agli
ansiosi. Non dimentichiamo poi che, essendo uno stimolante, può peggiorare i
sintomi dell’insonnia. Poiché la caffeina passa attraverso la placenta, il
caffè va assolutamente evitato in gravidanza per i possibili effetti nocivi sul
feto.
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