Viaggio in Liguria, dove si combatte
contro le privatizzazioni.
Stiamo attraversando il periodo più pericoloso da quando abbiamo
abbandonato la nostra sovranità popolare per essere venduti come merci alle
multinazionali. Lo stiamo vivendo giorno per giorno con queste direttive
europee che stanno trasformando la nostra libertà di scelta e di azione. Le
multinazionali hanno già messo le mani su tanti settori pubblici, spinte dai
nostri politici che considerano il privato come miglior gestore dei servizi e
ritengono in tal modo di sollevare il bilancio dello stato da questi oneri; ma
se veramente questi servizi comportano solo spese, che interesse hanno le
aziende private ad accollarseli? Il caso emblematico è la gestione dell’acqua
pubblica: è ancora veramente pubblica? Un referendum indetto nel 2011 si era
espresso contro la privatizzazione del servizio idrico e la remunerazione per
il capitale investito dal gestore del servizio idrico.
Certo, un referendum dove gli interessi privati erano esclusi non poteva
passare inosservato e, infatti, Mario Draghi inviò una lettera indirizzata al
Primo Ministro italiano con la quale il direttivo della Banca Centrale
affermava:
“È necessaria una
complessiva, radicale e credibile strategia di riforme, inclusa la piena
liberalizzazione dei servizi pubblici locali e dei servizi professionali.
Questo dovrebbe applicarsi in particolare alla fornitura di servizi locali
attraverso privatizzazioni su larga scala”.
A dicembre 2011 il Governo Monti, col decreto cosiddetto “Salva Italia”
convertito nella legge n. 214/11, trasferiva all’Autorità per l’Energia e il
Gas ARERA le funzioni di regolazione e di controllo dei servizi idrici, con i
medesimi poteri attribuiti all’Autorità stessa dalla legge n. 481/1995: “Norme
per la concorrenza e la regolazione dei servizi di pubblica utilità.
Istituzione delle Autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità“.
Da quel momento prese l’avvio una sistematica privatizzazione in quanto questo
organismo ARERA (autorità di regolazione per energia reti ed ambienti) opera in
piena autonomia rispetto alla politica del Governo e decide autonomamente tutto
ciò che riguarda i settori essenziali per la vita dei cittadini (acqua, gas,
energia elettrica, rifiuti e teleriscaldamento).
Da questo momento il SII – Servizio Idrico Integrato – passa sotto il
controllo di ARERA, che inizia a mettere in atto tutta una serie di
disposizioni che vanno in senso contrario alla vittoria referendaria. Per il
2012/2013 vara un nuovo metodo tariffario che non applica la normativa
residuale, come da referendum, ma inserisce nuovamente la remunerazione del
capitale investito (utile) con la denominazione “risorsa finanziaria” e, con
tutta una serie di meccanismi artificiosi, considera il “profitto” come una
voce di “costo” della gestione del servizio idrico. Tutto ciò porta ad un
aumento delle tariffe che non corrisponde ad un miglioramento del servizio e a
questa negazione dell’esito del referendum i cittadini cercano di opporsi
ricorrendo anche al TAR. Nascono in tutta Italia vari comitati acqua che
cercano coraggiosamente di difendere un bene che è demaniale; in Liguria
nascono i comitati “La voce dei cittadini uniti per il bene comune”, “Resistere
x Essere#Ionondimentico”. La lotta però è impari se si resta isolati,
soprattutto nei piccoli comuni in cui i sindaci non hanno gli strumenti per
procedere ad un affidamento diretto e devono quindi sottostare alle scelte
imposte con la scusa che, in teoria, una gestione unica garantisce la qualità
del servizio ma, all’atto pratico, garantisce solo l’inserimento di privati che
non perdono nulla del capitale investito.
Quando la gestione dei servizi è concentrata in mano di pochi la voce del
cittadino resta muta nonostante le apparenze di trasparenza delle autorità
coinvolte.
Attualmente l’Italia è divisa in 62 ATO, Ambiti Territoriali Ottimali
perimetrati dalle Regioni, con 334 operatori attivi sul territorio nazionale.
Gli enti locali ricadenti sotto ciascun ATO hanno l’obbligo di aderire al
corrispondente EGATO, che rappresenta l’unico soggetto all’interno del quale
vengono esercitate le funzioni di organizzazione dei servizi, di scelta della
forma di gestione, di determinazione delle tariffe all’utenza (per quanto di
competenza), di affidamento e controllo della gestione.
Per quanto riguarda
gli aspetti operativi, la gestione del servizio idrico può essere affidata
secondo una delle seguenti modalità:
• esternalizzazione a terzi mediante procedure ad evidenza pubblica sulla base
delle disposizioni in materia di appalti e concessioni di servizi;
• affidamento diretto a società cosiddetta “in house” dell’ente affidante,
purché sussistano i requisiti previsti dall’ordinamento comunitario e vi sia il
rispetto dei vincoli normativi vigenti;
• società mista pubblico-privata, la cui selezione del socio privato avvenga
mediante gara c.d. “a doppio oggetto”.
Le funzioni di regolazione e controllo dei servizi idrici sono attribuite
all’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (ARERA) che, oltre a
svolgere un ruolo rilevante in materia di controllo e monitoraggio, definisce
regole-quadro che gli enti competenti declinano in funzione delle
caratteristiche dei diversi contesti locali, con ricadute sull’organizzazione,
la pianificazione, la tariffazione e la gestione del servizio.
Alla fine del 2023 sono scaduti molti affidamenti diretti della gestione
(in house providing) del Servizio Idrico Integrato: la privatizzazione incombe.
Sintomatico il caso della provincia di Imperia in Liguria dove il gestore
Rivieracqua S.p.A prospetta la necessità di far entrare dei soci privati con la
scusa di risanare il debito contratto negli anni (forse per cattiva gestione
?). Rivieracqua S.p.A. è attualmente gestita dal Commissario ad acta Claudio
Scajola che sta predisponendo gli atti per trasformarla da società “in house” a
società mista, a maggioranza pubblica ma con gestione affidata ad un socio
privato da individuarsi a seguito di una gara europea (nota bene: europea).
Tutto ciò per risanare una società che, nel corso degli anni, non ha saputo
organizzare un servizio efficiente ma ha danneggiato gli stessi utenti.
Sono anni ormai che i vari comitati cittadini si sono mobilitati in
difesa di una risorsa importante ed essenziale alla vita di tutti
denunciando questa cattiva gestione. Lucia Canepa, portavoce del
gruppo “Resistere x Essere#Ionondimentico”, ha contattato la nostra
redazione evidenziando la gravità della situazione che già da tempo i comitati
cittadini cercano di denunciare. Come ci riferisce Lucia:
“Nel giugno del 2023,
sapendo che da mesi la parte alta del paese dove vivo ha l’acqua solo per poche
ore al giorno, decido di attivarmi e vado a parlare con il sindaco. Scopro così
che i paesi sopra i 1000 abitanti sono stati praticamente costretti ad entrare
a far parte di un ambito in cui diventano tutti soci di minoranza, almeno i piccoli
centri, con un migliaio di azioni ogni mille abitanti. Per i comuni
piccoli significa, praticamente, che devono assumersi gli oneri dell’essere
soci ma non hanno più potere decisionale. Con il mio gruppo, Resistere X
Esistere, decido di interessarmi, della problematica. Anche perché si inizia a
parlare di aumenti delle tariffe con l’intenzione di applicare la retroattività
dall’anno 2022, oltre al voler fare entrare soci privati per coprire i debiti
dell’ azienda. In questi mesi ho avuto tre incontri con il sindaco del mio
paese. Con il mio gruppo e il rappresentante del gruppo unitiperilbenecomune,
oggi candidato sindaco con quella che è diventata una lista civica( di cui
faccio parte anche io e alcune altre persone del mio gruppo) abbiamo fatto un flash
mob a dicembre, per farci dare delucidazioni sulla tariffa unica che è poi
entrata in vigore a gennaio. In quell’ occasione siamo stati anche a colloquio
con il sindaco di Sanremo. A gennaio io e il suddetto Luca De Pasquale siamo
andati a parlare con l’amministratore delegato di Rivieracqua e la dirigente
Angela Ferrari. Anche loro ci confermano che c’è una volontà politica dietro
alla creazione di quest’ambito. Ci siamo recati anche presso la Confesercenti
per dimostrare il nostro sostegno al loro ricorso al Tar per il discorso
dell’illegalità della retroattività. Iniziamo ad aiutare a raccogliere le firme
da loro promossa. A nostra volta iniziamo la petizione per chiedere al
commissario idrico che non si facciano entrare investitori privati (il bando è
addirittura aperto agli stranieri). Ultimamente siamo stati a parlare con il
sindaco di Cipressa che, assieme ad un altro borgo dell’ entroterra, ha un
contenzioso aperto con Rivieracqua. Il loro consorzio ha fornito l’acqua ai
loro paesi e anche ad Imperia. Ciò nonostante i cittadini devono pagare le
bollette, pur avendo accumulato un credito di circa 600.000 euro che l’azienda,
visti i suoi 80 milioni di debito, dichiarati, non può saldare. Sembra sia
stata fatta pressione dicendo loro che se continuano a voler portare avanti
questa cosa gli toglieranno il consorzio senza dar loro nulla. Questa azienda
avrebbe dovuto essere dichiarata fallita mentre sembra essere straprotetta da
tutte le istituzioni della provincia. Un ombrello sotto cui presidente della provincia,
prefetto, giudici e avvocati l’hanno posta da anni. Normalmente una società
così indebitata viene liquidata in 3/6mesi…, questa continua ad esistere e
sembra pronta ad accogliere investitori privati al 48 %. Sarebbe anche da
capire chi possa aver interesse ad investire in un gestore così indebitato, che
per legge non può produrre guadagni visto che dovrebbe poter percepire dagli
utenti solo ciò che sono i costi di fornitura. Mi sorge una domanda spontanea.
Non è che si è portati i comuni in una situazione, spesso, così esasperata per
far sì che desiderino l’ingresso di privati nella speranza che possano tornar
loro i soldi che gli vengono e che al contempo si siano falsificati i bilanci
per far sembrare maggiore il debito in modo che qualcuno possa mettere le mani
su un bene primario come l’acqua senza destare troppi sospetti? Ma questa,
ovviamente, è solo una supposizione.. In un periodo come questo in cui, tra le
varie emergenze liberticide, si parla sempre più spesso di emergenza idrica chi
ha potere sull’acqua può imporre qualsiasi cosa ai cittadini di una nazione”
Lucia ci ha anche specificato che a Ceriana, il comune dove vive (e dove Rivieracqua S.p.A. non ha ancora risarcito il comune del costo dei pozzi ma chiede comunque il pagamento del servizio), il sindaco ha dovuto far scavare, a proprie spese, due pozzi per poter ripristinare la fornitura dell’acqua alla parte alta del paese in quanto quasi inesistente, per oltre 1 anno e mezzo e per poche ore al giorno. Altro esempio eclatante di disservizio quello della rete di distribuzione dell’acqua di Andora, che riceve acqua salata invece di acqua potabile e non per un solo giorno ma per un anno intero, con gravi danni anche e soprattutto alla salute degli utenti, che hanno infatti manifestato varie patologie. Dopo un così grave disservizio, il 29 dicembre il Comune di Andora ha presentato un ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, contestando il decreto relativo all’approvazione degli aggiornamenti tariffari e pianificazione territoriale.
Emblematico il caso del Consorzio presieduto dal sindaco di Cipressa,
costretto a ricorrere ad un contenzioso in quanto Rivieracqua non ha pagato il
trasporto dell’acqua che passa attraverso le condotte idriche di proprietà del
Consorzio, formato da 520 soci tra privati ed enti pubblici tra cui il comune
di Costarainera. L’assurdo è che ora il Consorzio si trova ad affrontare un
debito di oltre 500 mila euro, somma che doveva ricevere da Rivieracqua e che
per questo motivo non è in grado attualmente di pagare le bollette.
Come si è arrivati a
questo? Il Sindaco ha riferito che “La situazione è precipitata dopo che il
Commissario dell’ATO Idrico Claudio Scajola ha firmato un decreto con il quale
ha dichiarato nulla la Convenzione siglata tra il Consorzio e Rivieracqua.
Convenzione per altro avallata dallo stesso Scajola nel consiglio provinciale
del 15 marzo 2021. Come Consorzio abbiamo presentato ricorso al Tribunale delle
Acque, a Torino. Di fatto il decreto di Scajola ha dato la possibilità a
Rivieracqua di continuare a non pagare”.
Ultimo atto scandaloso è stato l’aumento delle tariffe, con la scusa di
cercare di arginare il deficit di bilancio, retroattive al 2022. Nel comune di
Ceriana la tariffa attuale di 1,51 €/mc è passata alla tariffa
unica di 2,80 €/mc, con un notevole aumento dei costi anche in considerazione
del fatto che si sono aggiunti i conguagli dal 2022, tanto che la società ha
tramesso una lettera agli utenti per la possibile rateizzazione e scusandosi
per l’aumento necessario a risanare il bilancio e coprire i costi di gestione.
Contro i vari decreti relativi alla pianificazione tariffaria e ai
corrispettivi per il servizio idrico integrato si stanno mobilitando in tanti.
Sempre nei confronti di Scajola la Confesercenti ha presentato un ricorso al
tribunale amministrativo regionale per la Liguria, che potete visionare qui
(1) Confesercenti_ricorso_Commissario_ATO_ovest[1]
Anche Mario Robaldo, consigliere comunale di Sanremo, contesta la gestione
di Rivieraqua che già a suo tempo aveva cercato di contrastare quando subentrò
all’unica azienda totalmente pubblica funzionante da più di 115 anni, l’Amaie
Spa.
A questo punto non è chiara la manovra politica di strenua difesa di un
azienda che ha un debito catastrofico e difficile da risanare; sembra che tutto
ciò sia stato deliberatamente gestito per favorire l’ingresso delle
multinazionali. Attualmente i ricorsi sono ancora in atto e forse
una forte e unita mobilitazione può ancora impedire che un bene essenziale come
l’acqua cada in mano a privati che non lavorano certo al nostro servizio ma
solo a quello del mero utile finanziario.
NOTE
https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2023/03/06/23G00025/sg
https://www.reteambiente.it/normativa/53281/delibera-arera-28-dicembre-2023-n-6392023ridr/
https://www.acquabenecomune.org/attachments/article/4280/Appello_scadenza_affidamenti_def.pdf
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