Un’area definita ad
“elevato rischio di crisi ambientale” nella quale una raffineria di petrolio è
circondata da altri impianti industriali, allevamenti intensivi, una centrale a
turbogas e un aeroporto si prepara ad accogliere l’ennesimo polo logistico
Amazon. Poco importa se aumenterà il traffico pensante su una rete stradale già
congestionata, se ci sarà un rincaro del mercato immobiliare e se crescerà il
lavoro precario… Accade nelle Marche. Scrive Leonardo Animali: “L’impatto più
pesante di Amazon in questo territorio, non sarà tanto quello ambientale e
paesaggistico, ma quello culturale… Non emerge nessun altra riflessione, se non
quella dell’impossibile riconversione di questi territori all’industria del
turismo…”
Ottimismo ed entusiasmo. Sono questi i sentimenti che si percepivano alla
Coppetella il 28 marzo, durante l’attesa del viceministro alle Infrastrutture
Galeazzo Bignami. La Coppetella è una zona della bassa Vallesina, attraversata
dal fiume Esino. Quello che l’imperatore Federico II di Svevia, nato a Jesi il 26
dicembre 1194, propose alle autorità jesine del tempo, in un gesto di
riconoscenza per i natali avuti, di trasformare in un canale navigabile, dalla
foce fino a Jesi; così almeno narra la storia mista a leggenda. Una moderna
infrastruttura per quel tempo, capace di dare una impulso commerciale ed
economico alla città, e di competere con la portuale Ancona. Ma gli jesini del
Basso Medioevo, scelsero l’altra opzione che lo “Stupor Mundi” mise sul piatto:
il conferimento del titolo prestigioso di “Città Regia”. Sarà per questa scelta
di quasi mille anni fa, che i marchigiani hanno sempre avuto un desiderio di
riscatto da quella rinuncia, tanto da continuare a voler costruire ancor
oggi strade inutili.
Mentre a Jesi, con la giunta di destra, qualche anno fa, l’identitario
titolo di “Città Regia”, è stato persino inserito nello Statuto Comunale, al
pari del valore costituzionale dell’antifascismo. Ma dal XIII secolo, la
Vallesina rimasta senza canale navigabile, fino al boom industriale del secondo
Novecento, fu nota a livello economico per le piantagioni di cavolfiori e
carciofi, che crescevano sui campi pianeggianti a ridosso dell’asta fluviale;
non a caso nei generi ortofrutticoli, si distinguono il “carciofo precoce Jesi”
e “il cavolfiore precoce Jesi”, del cui antico seme, non manipolato
geneticamente dalla Monsanto, sarebbe gelosa custode certamente Vandana Shiva.
Ma poi con lo sviluppo industriale, il territorio un tempo a vocazione
agricola, ha lasciato il posto al manifatturiero, all’industria agroalimentare,
e alla meccanica, che hanno fatto del contadino un lavoratore di serie B. E
oggi, dall’estuario dell’Esino fino alla montagna della Gola della Rossa verso
il fabrianese, lungo il fiume si susseguono solo segni di un’attività antropica
fortemente impattante, che fanno di questo territorio da Ancona fino a
Jesi, una zona AERCA (Area ad Elevato Rischio di Crisi Ambientale).
Partendo dalla foce del fiume, troviamo la raffineria
API (una mini-Ilva di Taranto), zone artigianali ed
industriali, gli allevamenti avicoli intensivi di Monteroberto,
Jesi e Falconara Marittima del gruppo Fileni, l’aeroporto delle
Marche, l’Interporto Marche, i 30 ettari da bonificare dell’ex zuccherificio
Sadam del gruppo Maccaferri, la centrale Turbogas di
cogenerazione a metano della Edison (oggi spenta), e tra poco il primo impianto
delle Marche “End and waste” per rifiuti pericolosi e contaminati a Jesi. Si
arriva così, risalendo circa 50 chilometri di fiume, a Serra S.Quirico, dove
fino al 2048 le montagne verranno spolpate dalle cave di calcare
massiccio. E tra un anno, proprio alla Coppetella, verrà
inaugurato il nuovo totem del rilancio occupazionale di questo
territorio, perno di quella che il presidente della Regione Acquaroli definisce
la “transizione economica”: l’undicesimo polo logistico italiano Amazon,
la cui struttura di staglia già visibile in mezzo alla pianura, con i suoi 25
metri di altezza e 66 mila mq di superficie, e 300 metri di
lunghezza.
Sotto un cielo da Triduo Pasquale, ad attendere il viceministro
Bignami, c’era davvero tutta la cosiddetta classe dirigente di questo
territorio, per la stretta di mano e la foto opportunity. I venti sindaci
dei Comuni della Vallesina, capitanati da quello di Jesi Lorenzo Fiordelmondo,
mezza giunta regionale, il presidente della Provincia e quello della Camera di
Commercio delle Marche, il Presidente dell’Interporto Marche Massimo Stronati,
vero artefice della concretizzazione dell’arrivo di Amazon, con i due
componenti del cda, tutto di nomina regionale a marchio Fratelli d’Italia-Lega,
Roberta Fileni vicepresidente dell’omonimo gruppo industriale leader degli
allevamenti avicoli, e Gilberto Gasparoni, segretario regionale di
Confartigianato. Non c’è nessuna autorità religiosa, come peraltro già avvenuto
in occasione della posa della prima pietra del cantiere l’anno prima; perché,
come spiegarono i vertici Amazon, essendo la multinazionale laica, non invitano
mai i rappresentanti religiosi del Paese in cui mettono fondamenta.
La ragione della convocazione del 28 marzo, con gli onori di casa fatti
dall’ad di Amazon Italia Logistica Lorenzo Barbo, era la
visita al cantiere avviato il 24 maggio del 2023, con lo scopo non solo di
illustrare lo stato dei lavori, ma anche di ribadire che per questo territorio
Amazon sarà la panacea di tutti i mali, un farmaco del capitalismo
senza alcuna controindicazione. La vicenda industriale è iniziata nel 2021,
quando il Comune di Jesi era amministrato dal sindaco “civico” Massimo Bacci ma
che, per la prima volta, dal 2012 portò sotto evolute spoglie, gli eredi del
Movimento Sociale Italiano al governo della città per dieci anni, scalzando
dopo decenni la sinistra. Un lungo tira e molla tra Regione, già a trazione
meloniana, Comune e Interporto Marche (proprietario della stragrande
maggioranza delle aree), guidato allora da un cda espressione della giunta
regionale del Pd. Un percorso amministrativo con notevoli e complessi problemi
urbanistici, che ad un certo punto fu sul punto di far fallire l’operazione,
con le classiche accuse da ‘tutti contro tutti” tra i diversi protagonisti, che
portarono Amazon a minacciare di dirottare la propria scelta verso la Spagna.
Ma le malelingue della politica, narrano che ci furono diversi movimenti in
Regione per provare a spostare il polo Amazon verso il piceno, forte roccaforte
meloniana, e zona in forte crisi occupazionale. Ma, i meglio informati,
raccontano che a premere sulla Regione per far saltare l’arrivo a Jesi del
colosso di Seattle fondato da Jeff Bezos, sia stato il “sempreverde” potere
industriale fabrianese, sostenitore elettorale del presidente di Fratelli
d’Italia. La ragione molto semplice: la preoccupazione, considerata la
strutturale depressione economica, sociale e occupazionale di Fabriano,
iniziata dal 2009 e mai arrestatasi, per una migrazione verso la Vallesina alla
ricerca di nuovo lavoro, con una conseguente forte flessione demografica di una
città che da anni sta perdendo abitanti a causa della situazione occupazionale.
Ma oramai è fatta.
“In tre anni – ha illustrato dentro l’esoscheletro del costruendo edificio
l’ad Lorenzo Barbo – verranno creati mille posti di lavoro, con una
retribuzione di 1780 € lordi mensili, più benefit aggiuntivi; in particolare
daremo spazio al 35% di occupazione femminile, una quota molto più elevata
della media del 22% del settore. All’interno di questo polo impiegheremo le più
recenti tecnologie di robotica, e verrà sviluppato un ambiente di lavoro
inclusivo, con annessa la mensa e un parcheggio con mille posti auto dotato di
colonnine per la ricarica elettrica dei veicoli. Per Amazon il rapporto con il
territorio, la transizione ecologica e la sicurezza sul lavoro sono coordinate
prioritarie”. Infatti proprio l’estate scorsa, a 2 mesi dalla posa della prima
pietra del cantiere, il 20 luglio qui alla Coppetella ha perso la vita Ciro
Adinolfi, operaio specializzato di 75 anni che lavorava nel cantiere
per conto di una ditta esterna, a seguito di un malore fatale dovuto al forte
caldo di quelle giornate. Chissà poi se il lavoro sarà come quello annunciato
dall’amministratore delegato, o come quello raccontato dal giornalista Andrea Rossi su La Stampa qualche mese fa? O se chi sta troppo in bagno verrà sanzionato? Tre anni fa, alla
notizia dell’arrivo di Amazon, la politica “sparava” la notizia di qualche
migliaio di posti di lavoro, ma ora i posti di lavoro sono stati ridimensionati
a 1000 in tre anni. Ma nella “processione” istituzionale dentro al cantiere,
il pourparler degli amministratori locali era perlopiù rivolto
alle prossime elezioni amministrative del 9 giugno, che vedrà molti di loro
ricandidati o meno, rieletti o meno.
Quello di cui non si è parlato, ma sono le questioni che più preoccupano
gli abitanti del territorio è l’aumento del traffico pesante rispetto alla rete
infrastrutturale già fortemente congestionata, compreso il casello A14 Ancona Nord, a
pochi chilometri dal polo Amazon. Una rete stradale già ritenuta insufficiente
rispetto all’aumento dei carichi di traffico pesante, e di quello veicolare,
considerato che i mille nuovi occupati, non avranno alcuna alternativa
per raggiungere il luogo di lavoro, se non l’automobile. Durante la visita
al cantiere è stato fornito il dato di 18 camion all’ora in entrata e in uscita
da Amazon. Una cifra comunque molto diversa da quella fornita due anni fa
dall’amministrazione comunale jesina a guida Bacci, che parlava di 100 camion
al giorno, perché quello illustrato il 28 marzo scorso alla Coppetella equivale
invece a 432 camion giornalieri.
L’altro aspetto che preoccupa è quello del rincaro del mercato immobiliare, specie per le
locazioni, a Jesi e paesi limitrofi. Una lievitazione dei canoni già iniziata
all’arrivo delle centinaia di lavoratori delle ditte coinvolte nel cantiere, ma
che aumenterà in vista dell’arrivo da fuori della nuova occupazione. Quello
che sconcerta è che dalla politica marchigiana, in questi tre anni non si è levata
una voce di perplessità sulle diverse “controindicazioni” dell’arrivo di
Amazon. Neanche da sinistra, se non qualche mugugno dentro la maggioranza
politica jesina, ma debitamente soffocato in nome della ‘ragion di
stato’. Eppure, l’esperienza dello stabilimento di Castelguglielmo in
provincia di Rovigo, aperto nel 2020, dovrebbe far sorgere qualche inquietudine,
considerati i risvolti in tutto quel territorio dopo due anni e mezzo
dall’apertura: l’aumento esponenziale del numero di precari che ha superato
quello dei lavoratori con contratto stabile; contratti rinnovati di tre mesi in
tre mesi, l’impiego di maestranze in lavori poco qualificati unito a un
ricambio continuo di lavoratori; lì a cinque mesi dall’apertura, i lavoratori a
somministrazione arrivati tramite agenzia interinale erano l’84% degli
occupati, un anno dopo il 53%. Anche lì l’aumento del 30% del prezzo degli
affitti, e la difficoltà a trovare alloggi a cifre abbordabili in tutta la
provincia, in cui una stanza singola è arrivata a costare fino a 400 euro.
Da ricerche fatte, nelle aree di insediamento Amazon in Italia, il reddito
medio è compreso tra i 14 e i 20mila euro, mentre nelle Marche, nel 2022 il
reddito medio dichiarato è stato 21.345 euro. Quindi, come dimostrato
in altre zone d’Italia, l’arrivo di Amazon con la tipologia di contratti che
applica, porta a un impoverimento generale del territorio. Ma tutti a Jesi
sperano che l’economia marchigiana, grazie ad Amazon, torni a correre. Sono già
ora nella regione 600 le imprese presenti sullo store Amazon,
con circa 30 milioni di euro di vendite all’estero nel 2023. La visione della
politica rispetto a questa operazione, può essere riassunta in un passaggio
dell’intervento del sindaco di Jesi (Pd), durante il sopralluogo sul cantiere:
“Sono convinto che Amazon ci aiuterà ad immaginare il nostro territorio in modo
diverso. La scelta di Jesi dimostra che siamo un territorio attrattivo, si
realizzerà un’occupazione non solo quantitativa, ma qualitativa, attenta alla
differenza di genere, e soprattutto dal forte valore sociale, perché per molti
soggetti ai margini e svantaggiati, rappresenterà un ascensore sociale e la
realizzazione di un’aspettativa di vita”. Una riflessione che stride non poco,
pensando alla storia del lavoro e delle lotte dei lavoratori che per decenni
hanno fatto di questo territorio un esempio in termini di diritti, di
emancipazione, di fierezza nei confronti dei padroni e dei loro capitali, e che
ha visto sindaci bloccare i binari delle ferrovia assieme agli operai durante
storiche crisi aziendali. Si, perché poi in fondo, l’impatto più
pesante di Amazon in questo territorio, non sarà tanto quello ambientale e
paesaggistico, ma quello culturale. La vicenda di Jesi è la prova che la
visione della classe dirigente per il futuro del lavoro dei prossimi decenni,
non va oltre quella messa sul piatto da Amazon. Non emerge nessun altra
riflessione, se non quella dell’impossibile riconversione di questi territori
all’industria del turismo. In una regione che tra il 2020 e il 2021, in
meno di due anni, ha visto 16.000 marchigiani under 35 trasferirsi
definitivamente all’estero o in altre regioni: come se all’improvviso nelle
Marche fosse sparita una città grande come Porto S.Giorgio; anche il dato del
2023 non è migliore o più rassicurante, rispetto al saldo migratorio generale,
e non solo giovanile. E questa classe dirigente, sintomo allarmante, quasi da
TSO, pensa davvero che l’approdo di Amazon frenerà l’emorragia demografica, o
che il sogno dei propri figli e nipoti, per i quali magari hanno fatto
sacrifici economici perché abbiano ottimi livelli formativi, sia quello di
restare nelle Marche perché c’è Amazon.
Ad ascoltarli, e anche nel vederli in azione, questi personaggi che
svolgono funzioni pubbliche importanti e delicate nelle istituzioni, non si può
non pensare al titolo di un album di Giorgio Gaber, “Anche per oggi non si
vola”. Ad voler essere generosi con loro, ma quasi offensivi con Giorgio Gaber.
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