Hanno cominciato a costruire la loro università popolare nella quale saranno in tanti e tante a insegnare, ad esempio le levatrici e chi nelle comunità si occupa di salute, per proporre studi anticoloniali. Intanto hanno moltiplicato gli “orti medicinali”. Hanno soprattutto scelto di vivere un’agricoltura senza chimica orientata da principi e pratiche di sovranità alimentare. Tutti questi aspetti, in un angolo del mondo devastato dalle multinazionali dell’olio di palma e che non smette di pensare a Berta Cáceres, tante comunità boicottano ogni giorno la disperazione: non lo fanno pensando a come abbattere il capitalismo ma scoprendo che possono vivere relazioni sociali alternative, possono creare vita
“L’albero rimarrà al centro dell’edificio dell’università”, dice Miriam
indicando con il braccio, sotto il sole cocente di mezzogiorno a Vallecito. A
partire da quest’albero Victor prese tutte le misure dell’università per
costruire un edificio rotondo in mattoni con tetto di tegole. “Sono tre anelli
concentrici. Il più esterno avrà sale per i docenti e i giovani potranno
lavorare e fare ricerca collaborando tra loro, per esempio alla costruzione di
tamburi. Poi ci sono i diversi corridoi e nel punto in cui si trova l’albero ci
sarà un cortile interno”. La costruzione dell’università Garifuna avanza per
mano di una decina di uomini giovani guidati da Victor, il più anziano del
gruppo di costruttori. Miriam racconta che la costruzione circolare fa sì che
“le sale siano connesse e gli studenti possano transitarvi senza che ci sia una
netta separazione. Tutto è relazionato. Vogliamo qualcosa di integrale, non
parzializzato come quelle aree specialistiche che servono solo a guadagnare un
sacco di soldi”.
La proposta è che l’università possa essere utile a tutto il popolo
Garifuna e che gli studenti delle 48 comunità possano venire qui a studiare pur
lavorando. Sarà aperta anche a membri di popolazioni indigene come i Miskito,
perché la casa degli studi sarà partecipata e ovviamente anticoloniale, aperta
sia nella struttura fisica che nel modo di funzionare.
“A insegnare sarà la gente della nostra comunità che possiede le
conoscenze più antiche; le levatrici, chi si occupa di salute, chi realizza
tamburi, perché i giovani possano rafforzare la cultura del popolo Garifuna”,
ribadisce Miriam.
Capitalismo, violenza e distruzione
“Le piantagioni di palma da olio avanzano a passi da gigante in America
Latina, portando con sé l’espulsione delle comunità dai loro territori,
deforestazione, violenza e povertà. In Honduras si registrano circa 210 mila
ettari di palma. L’espansione della palma è in atto su territori indigeni e
afrodiscendenti, in particolare sulle comunità Garifuna e del Bajo Aguan.
Queste comunità subiscono violenza, abusi e minacce da parte dei militari e dei
gruppi paramilitari legati ai politici del paese”, racconta un testo della ONG
ambientalista Grain1.
Vallecito è il ritratto vivente di quel breve racconto. Le monoculture non
solo danneggiano l’ambiente ma distruggono anche il tessuto sociale. I giovani
motociclisti che lavorano nelle coltivazioni di palma intorno alle comunità,
nel tempo libero lavorano come guardie del corpo per gli “impresari” dediti al
traffico, che gli assegnano i compiti più rischiosi.
L’espansione della palma da olio è inarrestabile. “Il consumo di olio di
palma è aumentato negli ultimi trent’anni dal 2 per cento al 41 per cento della
produzione totale di olio del mondo, sostituendosi alla soia come olio vegetale
più consumato in assoluto”, spiega Grain. Allo stesso modo la
superficie seminata è aumentata 3,5 volte con conseguenza l’estrema povertà e
l’aumento della violenza.
In parallelo si assiste all’espansione delle Zone Speciali di Sviluppo
Economico (ZEDE), che possiamo definire come stati dentro uno stato poiché sono
dotate di un regime legale speciale che permette agli investitori di occuparsi
della politica fiscale, di sicurezza e risoluzione dei conflitti2.
Come le monoculture e gli investimenti nel turismo, le ZEDE provocano
trasferimenti forzati, perché il capitale finanziario che promuove questi
progetti ha bisogno di controllare sempre più territori, in una guerra infinita
contro i popoli che lascia tracce di morte e sparizioni, di emigrazione e
sfollamento.
“Esiste una politica di svuotamento delle nostre comunità che colpisce
soprattutto i giovani, per consegnarli sconfitti al narcotraffico”, dicono
le donne di Vallecito. Migrazione e comunità sommerse dalla droga sono secondo
loro due facce dello stesso progetto di sterminio del popolo Garifuna e
dell’insieme di popoli originari.
Resistere creando vita
La Casa Ceremonial o Gayunari, situata al centro della comunità Vallecito,
è un’enorme costruzione di terra con tetto di palme che accoglie decine di
persone che danzano al suono di tamburi e maracas. Sarebbe un errore
confondere spiritualità e religiosità. Nelle religioni occidentali i fedeli
sono meri destinatari delle idee e dei costumi promossi dai sacerdoti. Nella
spiritualità Garifuna, al contrario, esiste una pluralità di soggetti che si
relazionano senza la mediazione di un’autorità a indottrinarli o a dirigerne il
culto. Si tratta di pratiche collettive che rafforzano l’identità comunitaria e
contribuiscono alla salute fisica ed emotiva delle persone. “La spiritualità
Garifuna non è un aspetto isolato nella dinamica di vita quotidiana, è legata a
tutto quello che succede all’individuo, alla famiglia e alla comunità in
generale. È un tutto”, spiega la psicologa Garifuna Tesla Quevedo in un
articolo sulla spiritualità3.
Nella stessa direzione vanno le Casas de Salud Ancestral, considerate come
un asse organizzatore del popolo Garifuna. Nove case sono operative e altre
quattro stanno per aprire, però durante la pandemia operavano fino a 33 centri
di salute, quasi uno per comunità.
Melissa Martínez racconta che convocano gli “abuelitos” per imparare da
loro e disimparare i saperi inculcati dal sistema. “Recuperiamo le
conoscenze ancestrali di erbe e piante, affrontiamo i problemi principali di
salute come diabete, ipertensione e violenza domestica su bambini e bambine in
base ai propri saperi, perché la pandemia ci ha mostrato che noi popoli
abbiamo conoscenze che sono state negate dall’industria farmacetica “.
Miriam ricorda che i Garifuna sono “un popolo malato” e che “devono
affrontare la salute in maniera integrale. Perciò stanno diversificando
la produzione di alimenti, con il cocco come coltivazione centrale da cui
estrarre olio nella loro fabbrica, che poi consegnano alle Casas de Salud e
alle altre comunità, compresi i Miskito. Cercano di evitare le medicine
industriali e stanno moltiplicando gli “orti medicinali”, a carico
delle donne che sono il cardine delle cure comunitarie e della
spiritualità. Hanno aperto anche club di danza nelle Casas de Salud,
secondo la loro visione integrale del benessere.
Durante la visita abbiamo potuto osservare il pollaio, l’allevamento di
maiali, le coltivazioni di yucca, fagioli, banane e anguria, che di solito
vengono lavorati collettivamente. Alcune di queste iniziative, come la
lavorazione dell’olio di cocco con metodi tradizionali, sono state comprate con
il sostegno dell’OFRANEH (Organización Fraternal Negra Hondureña),
per cui oggi arriva anche gente da altre comunità a lavorare per produrre
l’olio.
“Produciamo l’olio con la spremitura a freddo, perché conservi le sue
proprietà. Abbiamo 18 mila piante di cocco nei vivai che poi seminiamo. Non
usiamo prodotti tossici, lo facciamo in giornate in cui compagni solidali
che vengono ad aiutarci, abbiamo circa 115 manzanas di cocco
coltivate. Una manzana è un po’ più di mezzo ettaro. L’idea è
di arrivare a 500, e abbiamo una parte con banane e agrumi, oltre ai maiali,
per arrivare ad avere una varietà di alimenti perché la questione del cibo
diventerà insostenibile e ci servono alimenti per le 150 persone che mangiano
qui”, continua Miriam.
Università per la vita
L’avvocato Garifuna Rony Castillo assicura che Vallecito “è un centro di
identità, di sovranità alimentare e di spiritualità per la rinascita del nostro
popolo”. L’università è parte di questa vasta realtà al centro dell’esistenza
di Vallecito. Per questo popolo l’università è “la comunità intera” e non solo
quello che accade in aula. Come la salute, anche l’educazione è integrale e
comunitaria. In questo modo si stanno affermando nella loro resistenza al
sistema, perché tutti questi aspetti fanno ri-scoprire che esistono
alternative al capitalismo.
La questione dell’educazione genera dibattiti. “Lottiamo contro i maestri”
dice Melissa. Miriam aggiunge:”Se non cambiamo, se non ci spogliamo di ciò che
ci trasciniamo dietro, è finita, perché abbiamo raccolto un sacco di spazzatura
dall’esterno”. Si tratta, dicono, di una “lotta che parte da dentro” in cui si
gioca il destino del popolo Garifuna. Sono frasi che si possono ascoltare in
molti popoli originari del nostro continente.
“L’educazione statale strappa e deforma i nostri figli”, dice il buyei (leader
spirituale) Selvin nella penombra della sera. “Per questo uno dei nostri grandi
problemi sono i maestri”. L’obiettivo è che i maestri Garifuna
“insegnino secondo il piano di vita del nostro popolo”, che è il loro modo di
“decolonizzare l’educazione”.
Sulla base della convergenza di salute e educazione proprie della
spiritualità Garifuna, si vanno a creare proprio le autonomie territoriali che
il sistema si impegna a smantellare.
La colla verde
Dopo che Miriam è stata vittima di diversi attentati, la comunità ha deciso
di farla proteggere da cinque soldati dell’esercito hondureño, che la seguono
come un’ombra. Una decisione polemica che genera perplessità in chi arriva
dalla città. Tuttavia è stata una decisione collettiva perché il popolo
Garifuna ancora non è in grado di proteggersi da solo.
L’importante è che Miriam e gli altri comuneros siano aperti al dibattito,
riconoscono che si tratta di una contraddizione e iniziano a conoscere
esperienze di autodifesa come la Guardia Indígena nasa del Cauca colombiano.
Per noi è un’esigenza di rispetto perché non sono le nostre vite a essere in
pericolo.
La complessa realtà e il terribile precedente dell’omicidio di Berta
Cáceres, fanno sì che la “colla verde”, come la chiama Miriam, non sia
motivo di orgoglio ma un promemoria delle azioni da compiere come popolo.
1 “La palma da olio in America Latina: monocultura e violenza”, 17
Marzo 2024 su https://desinformemonos.org/la-palma-de-aceite-en-america-latina-monocultivo-y-violencia/
2 Thelma Gómez, “C’è un piano genocida contro il popolo Garifuna”,
Mongabay Latam, 13 Ottobre, su https://es.mongabay.com/2021/10/honduras-amenazas-pueblo-garifuna-entrevista-premio/
3 Tesla Quevedo, “Spiritualità Garifuna: una fonte di benessere”,
su https://www.revistas.una.ac.cr/index.php/tdna/article/view/17430/25909
Pubblicato su desinformemonos.org. Traduzione per Comune di Leonora
Marzullo. Nell’archivio di Comune tutti gli articoli di Raúl Zibechi sono
leggibili qui
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