martedì 16 aprile 2024

Distruggere o creare. Due mondi in disputa - Raúl Zibechi

 

Hanno cominciato a costruire la loro università popolare nella quale saranno in tanti e tante a insegnare, ad esempio le levatrici e chi nelle comunità si occupa di salute, per proporre studi anticoloniali. Intanto hanno moltiplicato gli “orti medicinali”. Hanno soprattutto scelto di vivere un’agricoltura senza chimica orientata da principi e pratiche di sovranità alimentare. Tutti questi aspetti, in un angolo del mondo devastato dalle multinazionali dell’olio di palma e che non smette di pensare a Berta Cáceres, tante comunità boicottano ogni giorno la disperazione: non lo fanno pensando a come abbattere il capitalismo ma scoprendo che possono vivere relazioni sociali alternative, possono creare vita

“L’albero rimarrà al centro dell’edificio dell’università”, dice Miriam indicando con il braccio, sotto il sole cocente di mezzogiorno a Vallecito. A partire da quest’albero Victor prese tutte le misure dell’università per costruire un edificio rotondo in mattoni con tetto di tegole. “Sono tre anelli concentrici. Il più esterno avrà sale per i docenti e i giovani potranno lavorare e fare ricerca collaborando tra loro, per esempio alla costruzione di tamburi. Poi ci sono i diversi corridoi e nel punto in cui si trova l’albero ci sarà un cortile interno”. La costruzione dell’università Garifuna avanza per mano di una decina di uomini giovani guidati da Victor, il più anziano del gruppo di costruttori. Miriam racconta che la costruzione circolare fa sì che “le sale siano connesse e gli studenti possano transitarvi senza che ci sia una netta separazione. Tutto è relazionato. Vogliamo qualcosa di integrale, non parzializzato come quelle aree specialistiche che servono solo a guadagnare un sacco di soldi”.

La proposta è che l’università possa essere utile a tutto il popolo Garifuna e che gli studenti delle 48 comunità possano venire qui a studiare pur lavorando. Sarà aperta anche a membri di popolazioni indigene come i Miskito, perché la casa degli studi sarà partecipata e ovviamente anticoloniale, aperta sia nella struttura fisica che nel modo di funzionare.

A insegnare sarà la gente della nostra comunità che possiede le conoscenze più antiche; le levatrici, chi si occupa di salute, chi realizza tamburi, perché i giovani possano rafforzare la cultura del popolo Garifuna”, ribadisce Miriam.

Capitalismo, violenza e distruzione

Le piantagioni di palma da olio avanzano a passi da gigante in America Latina, portando con sé l’espulsione delle comunità dai loro territori, deforestazione, violenza e povertà. In Honduras si registrano circa 210 mila ettari di palma. L’espansione della palma è in atto su territori indigeni e afrodiscendenti, in particolare sulle comunità Garifuna e del Bajo Aguan. Queste comunità subiscono violenza, abusi e minacce da parte dei militari e dei gruppi paramilitari legati ai politici del paese”, racconta un testo della ONG ambientalista Grain1.

Vallecito è il ritratto vivente di quel breve racconto. Le monoculture non solo danneggiano l’ambiente ma distruggono anche il tessuto sociale. I giovani motociclisti che lavorano nelle coltivazioni di palma intorno alle comunità, nel tempo libero lavorano come guardie del corpo per gli “impresari” dediti al traffico, che gli assegnano i compiti più rischiosi.

L’espansione della palma da olio è inarrestabile. “Il consumo di olio di palma è aumentato negli ultimi trent’anni dal 2 per cento al 41 per cento della produzione totale di olio del mondo, sostituendosi alla soia come olio vegetale più consumato in assoluto”, spiega Grain. Allo stesso modo la superficie seminata è aumentata 3,5 volte con conseguenza l’estrema povertà e l’aumento della violenza.

In parallelo si assiste all’espansione delle Zone Speciali di Sviluppo Economico (ZEDE), che possiamo definire come stati dentro uno stato poiché sono dotate di un regime legale speciale che permette agli investitori di occuparsi della politica fiscale, di sicurezza e risoluzione dei conflitti2.

Come le monoculture e gli investimenti nel turismo, le ZEDE provocano trasferimenti forzati, perché il capitale finanziario che promuove questi progetti ha bisogno di controllare sempre più territori, in una guerra infinita contro i popoli che lascia tracce di morte e sparizioni, di emigrazione e sfollamento.

Esiste una politica di svuotamento delle nostre comunità che colpisce soprattutto i giovani, per consegnarli sconfitti al narcotraffico”, dicono le donne di Vallecito. Migrazione e comunità sommerse dalla droga sono secondo loro due facce dello stesso progetto di sterminio del popolo Garifuna e dell’insieme di popoli originari.

Resistere creando vita

La Casa Ceremonial o Gayunari, situata al centro della comunità Vallecito, è un’enorme costruzione di terra con tetto di palme che accoglie decine di persone che danzano al suono di tamburi e maracas. Sarebbe un errore confondere spiritualità e religiosità. Nelle religioni occidentali i fedeli sono meri destinatari delle idee e dei costumi promossi dai sacerdoti. Nella spiritualità Garifuna, al contrario, esiste una pluralità di soggetti che si relazionano senza la mediazione di un’autorità a indottrinarli o a dirigerne il culto. Si tratta di pratiche collettive che rafforzano l’identità comunitaria e contribuiscono alla salute fisica ed emotiva delle persone. “La spiritualità Garifuna non è un aspetto isolato nella dinamica di vita quotidiana, è legata a tutto quello che succede all’individuo, alla famiglia e alla comunità in generale. È un tutto”, spiega la psicologa Garifuna Tesla Quevedo in un articolo sulla spiritualità3.

 

Nella stessa direzione vanno le Casas de Salud Ancestral, considerate come un asse organizzatore del popolo Garifuna. Nove case sono operative e altre quattro stanno per aprire, però durante la pandemia operavano fino a 33 centri di salute, quasi uno per comunità.

Melissa Martínez racconta che convocano gli “abuelitos” per imparare da loro e disimparare i saperi inculcati dal sistema. “Recuperiamo le conoscenze ancestrali di erbe e piante, affrontiamo i problemi principali di salute come diabete, ipertensione e violenza domestica su bambini e bambine in base ai propri saperi, perché la pandemia ci ha mostrato che noi popoli abbiamo conoscenze che sono state negate dall’industria farmacetica “.

Miriam ricorda che i Garifuna sono “un popolo malato” e che “devono affrontare la salute in maniera integrale. Perciò stanno diversificando la produzione di alimenti, con il cocco come coltivazione centrale da cui estrarre olio nella loro fabbrica, che poi consegnano alle Casas de Salud e alle altre comunità, compresi i Miskito. Cercano di evitare le medicine industriali e stanno moltiplicando gli “orti medicinali”, a carico delle donne che sono il cardine delle cure comunitarie e della spiritualità. Hanno aperto anche club di danza nelle Casas de Salud, secondo la loro visione integrale del benessere.

Durante la visita abbiamo potuto osservare il pollaio, l’allevamento di maiali, le coltivazioni di yucca, fagioli, banane e anguria, che di solito vengono lavorati collettivamente. Alcune di queste iniziative, come la lavorazione dell’olio di cocco con metodi tradizionali, sono state comprate con il sostegno dell’OFRANEH (Organización Fraternal Negra Hondureña), per cui oggi arriva anche gente da altre comunità a lavorare per produrre l’olio.

“Produciamo l’olio con la spremitura a freddo, perché conservi le sue proprietà. Abbiamo 18 mila piante di cocco nei vivai che poi seminiamo. Non usiamo prodotti tossici, lo facciamo in giornate in cui compagni solidali che vengono ad aiutarci, abbiamo circa 115 manzanas di cocco coltivate. Una manzana è un po’ più di mezzo ettaro. L’idea è di arrivare a 500, e abbiamo una parte con banane e agrumi, oltre ai maiali, per arrivare ad avere una varietà di alimenti perché la questione del cibo diventerà insostenibile e ci servono alimenti per le 150 persone che mangiano qui”, continua Miriam.

 

Università per la vita

L’avvocato Garifuna Rony Castillo assicura che Vallecito “è un centro di identità, di sovranità alimentare e di spiritualità per la rinascita del nostro popolo”. L’università è parte di questa vasta realtà al centro dell’esistenza di Vallecito. Per questo popolo l’università è “la comunità intera” e non solo quello che accade in aula. Come la salute, anche l’educazione è integrale e comunitaria. In questo modo si stanno affermando nella loro resistenza al sistema, perché tutti questi aspetti fanno ri-scoprire che esistono alternative al capitalismo.

La questione dell’educazione genera dibattiti. “Lottiamo contro i maestri” dice Melissa. Miriam aggiunge:”Se non cambiamo, se non ci spogliamo di ciò che ci trasciniamo dietro, è finita, perché abbiamo raccolto un sacco di spazzatura dall’esterno”. Si tratta, dicono, di una “lotta che parte da dentro” in cui si gioca il destino del popolo Garifuna. Sono frasi che si possono ascoltare in molti popoli originari del nostro continente.

“L’educazione statale strappa e deforma i nostri figli”, dice il buyei (leader spirituale) Selvin nella penombra della sera. “Per questo uno dei nostri grandi problemi sono i maestri”. L’obiettivo è che i maestri Garifuna “insegnino secondo il piano di vita del nostro popolo”, che è il loro modo di “decolonizzare l’educazione”.

Sulla base della convergenza di salute e educazione proprie della spiritualità Garifuna, si vanno a creare proprio le autonomie territoriali che il sistema si impegna a smantellare.

La colla verde

Dopo che Miriam è stata vittima di diversi attentati, la comunità ha deciso di farla proteggere da cinque soldati dell’esercito hondureño, che la seguono come un’ombra. Una decisione polemica che genera perplessità in chi arriva dalla città. Tuttavia è stata una decisione collettiva perché il popolo Garifuna ancora non è in grado di proteggersi da solo.

L’importante è che Miriam e gli altri comuneros siano aperti al dibattito, riconoscono che si tratta di una contraddizione e iniziano a conoscere esperienze di autodifesa come la Guardia Indígena nasa del Cauca colombiano. Per noi è un’esigenza di rispetto perché non sono le nostre vite a essere in pericolo.

La complessa realtà e il terribile precedente dell’omicidio di Berta Cáceres, fanno sì che la “colla verde”, come la chiama Miriam, non sia motivo di orgoglio ma un promemoria delle azioni da compiere come popolo.


1 “La palma da olio in America Latina: monocultura e violenza”, 17 Marzo 2024 su https://desinformemonos.org/la-palma-de-aceite-en-america-latina-monocultivo-y-violencia/

2 Thelma Gómez, “C’è un piano genocida contro il popolo Garifuna”, Mongabay Latam, 13 Ottobre, su https://es.mongabay.com/2021/10/honduras-amenazas-pueblo-garifuna-entrevista-premio/

3 Tesla Quevedo, “Spiritualità Garifuna: una fonte di benessere”, su https://www.revistas.una.ac.cr/index.php/tdna/article/view/17430/25909

 

Pubblicato su desinformemonos.org. Traduzione per Comune di Leonora Marzullo. Nell’archivio di Comune tutti gli articoli di Raúl Zibechi sono leggibili qui

da qui

Nessun commento:

Posta un commento