Per fortuna Milena Gabanelli non ha perso in vizio della denuncia. «Un poltronificio
seduto su tonnellate di rifiuti radioattivi e vecchi impianti da smantellare
finora costato a tutti noi 4,3 miliardi di euro. Ma è tutto ancora ancora lì».
Spara il Corriere della Sera e Remocontro nano applaude, in memoria dei suoi 20
pezzi di denuncia dello stesso malaffare che non ha incontrato neppure un
politico o un magistrato disposti ad occuparsene. Quindi spazio alla ex collega
Rai alla caccia delle responsabilità perdute.
Poltronificio
su tonnellate di rifiuti radioattivi
Un poltronificio
seduto su tonnellate di rifiuti radioattivi e vecchi impianti da smantellare
finora costato a tutti noi 4,3 miliardi di euro. Ma è tutto ancora ancora lì.
Sintesi di storia nota: nel 1987 con un referendum gli italiani decidono per la
chiusura delle centrali nucleari. Nel 1999 nasce la Sogin, società
pubblica incaricata di smantellarle, mettere in sicurezza i rifiuti radioattivi
e trovare un sito nazionale dove stoccare tutto. Fine lavori prevista per il
2019, costo 3,7 miliardi finanziati con la bolletta elettrica. «Siamo
arrivati al 2023 e la messa in sicurezza dei rifiuti liquidi radioattivi più
pericolosi prodotti nell’impianto Eurex di Saluggia a partire dal 1977, quelli
di Trisaia e le resine di Trino non è nemmeno iniziata. Non ancora partito lo
smantellamento delle strutture radioattive dei reattori, cioè il vero e proprio
‘decommissioning’ nucleare».
Costo del
ritardo: 120 milioni l’anno
La promessa
della società è di completare tutto entro il 2036, solo 15 anni di ritardo e i
miliardi saliti ad otto, e chi ci crede è perduto. Seriosa Gabanelli: «Per
come sono andate le cose fin qui, la fine dei lavori e il costo totale non sono
realisticamente stimabili». L’unico dato misurabile sono i costi
fissi di Sogin: 120 milioni l’anno. Riguardano la gestione degli impianti, in
attesa che vengano chissà quando smantellati, e degli stipendi del personale
(passati da 600 a 1.050 unità, e ora a circa 900) che la collettività paga per
ogni anno di ritardo.
Governi orbi
e sordi e vertici irresponsabili
Chi vigila
(dovrebbe): 1) il ministero delle Finanze è l’azionista ma si preoccupa (solo)
delle nomine; 2) il controllore e passato negli anni dal ministero
dell’Industria a quello dello Sviluppo economico e, infine, cambia nome e nulla
fare, Transizione energetica che ora ministero dell’Ambiente e Sicurezza
energetica; 3) l’Autorità per l’Energia (Arera) finanzia Sogin sulla base del
piano di attività che la stessa Sogin presenta. Riscontri di
realizzazione? Ogni tre anni il governo nomina un nuovo Cda e nessun governo ha
mai riconfermato quello in carica. Tutti pessimi? Forse sì (dati i risultati),
e sempre lottizzazione.
Stile parati
il didietro e campa
Analizzando
le delibere di Arera si scopre che la regola è sempre la
stessa: ogni Cda propone piani a ‘vita intera’, le attività necessarie per
arrivare a fine lavori, ma con obiettivi facili per i tre anni di mandato e
rinviando a chi viene dopo i volumi di lavoro più complessi. E così, di rinvio
in rinvio, si arriva al disastro di oggi. Con Arera che non applica le penalità
previste dalle regole in caso di ritardi.
Attività
facili e premi di risultato
- Il procedere delle attività, un
esempio. «3 settembre 2009 contratto di acquisto per fornitura
di ‘Materiali relativi ad un Impianto di Trattamento Resine’, per un
importo iniziale pari a 10.550.000 euro». Questi
materiali sono ancora nelle casse sigillate in cui sono stati ricevuti,
stivate presso la centrale di Trino e nessuno le ha mai aperte (foto sul
Corriere). E ora andranno pure smaltiti.
- Nel 2017 nuovo contratto di
appalto, «Realizzazione di un Impianto di condizionamento di
rifiuti radioattivi», sempre per il trattamento delle resine, per
9.501.000 euro. Impianto non consegnato perché a Trino non sanno dove
metterlo.
- Nel 2021 contratto «Demolizione
parziale edificio turbina Trino» per 2.948.508 euro.
Il progetto prevede l’abbassamento di circa 10 metri dell’edificio
Turbina, alto 50 metri.
- Si tratta di una struttura non
contaminata e svuotata di tutti gli impianti che può essere utilizzata
come deposito per l’immagazzinamento dei fusti che contengono il materiale
a bassa intensità della fase di smantellamento della centrale.
Lavori mai
partiti, tra fuffa e truffa
Le
operazioni di demolizione e costruzione dei depositi esistenti si stanno
replicando su tutti i siti Sogin, a volte con la scusa che non rispondono più
alle normative in vigore. «Progettazione esecutiva e realizzazione
dei lavori di demolizione e ricostruzione del deposito D2 preso la centrale di
Trino Vercellese» per 4.904.336 euro. Ma il Deposito D2 di
Trino è di recente costruzione e perfettamente a norma. Sempre a Trino esiste
anche il Deposito D1, struttura vetusta, dove i fusti immagazzinati emettono
dosi di radioattività importanti. Ma questa operazione richiederebbe un’azione
di bonifica, non possibile in tempi stretti. Quindi? O incapaci o banditi.
Detto più
elegantemente, alla Gabanelli: incapacità di organizzare bandi di gara
adeguati, o peggio, «fare budget» cioè fare attività facili,
pagandole senza risparmio, per garantire ricchi Mbo (premi di
risultato) ai numerosi dirigenti.
Irresponsabilità
criminali: il caso Saluggia
A Saluggia
sono stoccati 270 metri cubi di rifiuti liquidi, acidi e radioattivi a media ed
elevata attività dalla fine degli anni ‘70. Su questa questione Carlo
Rubbia, da commissario Enea, nel 2001 scrisse una lettera ai ministri
dell’Industria, dell’Interno e dell’Ambiente: «L’impianto è a 60
metri dalla Dora Baltea, una fuoruscita di quei liquidi comporta l’evacuazione
delle sponde del Po fino all’Adriatico e i terreni non coltivabili per
decenni».
Appalto su
appalto
Per
cementare quei liquidi nel 2012 viene assegnato a Saipem per 97 milioni
l’appalto «Cemex». Si apre un contenzioso: serve un
carroponte di grado nucleare che Saipem propone di acquistare da uno dei pochi
fornitori al mondo, mentre Sogin pretende che Saipem lo costruisca «in
proprio». Nel 2017 Emanuele Fontani, all’epoca
responsabile della disattivazione dell’impianto di Saluggia, convince l’ad
Desiata a risolvere il contratto.
Dal
consorzio alla consorteria
Nel 2020
Fontani diventa lui amministratore delegato e affida per 107 milioni il «Cemex»
a un consorzio di aziende campane (Teorema) esperte in manutenzione e pulizie,
e relazione tecnica in larga parte copiata da quella di Saipem. Dopo un anno da
Saluggia arrivano ignorate segnalazioni di enormi ritardi. Il ministro
Cingolani a inizio 2022 invia un’ispezione dei carabinieri che certificano: lavori
avanzati per meno del 2%. Eppure per l’ad Fontani andava tutto
bene. Andava tutto bene anche per il responsabile dell’ufficio acquisti e
appalti Luigi Cerciello Renna.
Personaggi
Chi è Luigi
Cerciello? Si congeda dalla Guardia di finanza nel 2020 col grado di
maresciallo per entrare in Sogin, assunto da Fontani e subito promosso
dirigente. Dal 19 luglio 2022 è anche responsabile dell’ufficio legale. Nel
curriculum vanta un dottorato in Scienze agrarie, incarichi in Anac (mai stato
dipendente Anac, ma distaccato dalla Gdf alla segreteria di un consigliere).
Dal 2021 è fra i trainer del Master «Manager ambientale per la
gestione del ‘decommissioning’» all’Università del Piemonte
Orientale.
Draghi e il commissariamento
A luglio
2022 il governo Draghi commissaria la Sogin. Incarico affidato
a Fiamma Spena, ex prefetto in pensione, vicecommissari il
dirigente del Mef Giuseppe Margiotta e Angela Bracco,
professore ordinario di Fisica. Lo scopo è risanare la società. Fra un paio di
settimane scade il mandato: qual è il bilancio? Le informazioni ufficiali sono
poche ma interessanti. Persino a stupire.
Commissaria
da commissariare
- Primo atto della commissaria Spena è
di riconfermare tutti i dirigenti da Ivo Velletrani, responsabile
relazioni esterne incluse quelle con Arera, a Luigi
Cerciello e persino l’amministratore delegato commissariato Fontani.
- Secondo atto: risoluzione
dell’appalto «Cemex» e nuova gara, con lo stesso
progetto esecutivo di prima, ma con un importo notevolmente superiore, 151
milioni. Assegnato l’appalto per la messa in sicurezza dei rifiuti
radioattivi all’impianto di Trisaia ad Ansaldo
Nucleare.
- Terzo atto: il mese scorso la commissaria
Spena riconosce a tutti i dirigenti importi tra i 30 e i 40 mila euro che
si aggiungono ai lauti stipendi e al trattamento accessorio, come premio
di risultato per il 2022 anno in cui la Sogin è andata così male da essere
commissariata.
E adesso?
Ora la palla
passa al ministro vigilante: Gilberto Pichetto Fratin. Per
prima l’emergenza Saluggia, dove è stoccata il 75% di tutta la
radioattività nazionale e su cui pende una prescrizione per la messa in
sicurezza dei rifiuti che scade a fine 2023:
la legge
prevede che per il mancato rispetto di una prescrizione i responsabili siano
puniti con la reclusione, (i tecnici e non i ministri inadempienti). Sarà
inevitabile quindi un decreto di proroga, ad allontanare doveri, rischi e
galera. La seconda è quella di nominare un nuovo vertice, e via così.
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