Rilanciamo l’appello e le ragioni di una scelta necessaria, per la quale Atlante delle guerre e Unimondo figurano tra le associazioni promotrici.
Lo abbiamo scritto e detto molte volte: le navi della flotta civile messe
in mare dalle Ong sono isole che danno speranza di sopravvivenza a chi è
costretto ad attraversare il Mediterraneo rischiando la pelle. A questa
convinzione, questa certezza, abbiamo dato concretezza quando, un paio di anni
fa, abbiamo aderito al progetto ResQ, la nave civile messa in mare per salvare
vite umane. Poi, l’abbiamo ribadito l’autunno scorso, aderendo al progetto
messo in campo dal Festival del Cinema dei Diritti Umani di Napoli. Oggi siamo
ancora qui, all’indomani di una nuova strage, ad ascoltare e leggere idiozie
che non vorremmo sentire.
Non vorremmo sentire un Ministro della nostra Repubblica dire: se non c’è
certezza di vita per i propri figli non si può iniziare un viaggio pericoloso. Non dovrebbe
dirlo, perché mostra l’arroganza del privilegiato – senza alcun merito, se non
la fortuna di essere nato in un certo luogo – di chi non capisce cosa significa
vedere i propri figli morire di fame, di guerra o di assenza di assistenza
sanitaria, di lavoro, di futuro. Non dovrebbe dirlo, poi, perché finge di non
sapere che quel modo di viaggiare, ai migranti, lo abbiamo imposto noi,
sigillando le nostre frontiere, negando in ogni modo il permesso di entrare. Il
lungo cammino nel deserto in balia della criminalità organizzata, fino alle
coste libiche, ai campi di detenzione, ai barconi fatiscenti, sono una nostra
invenzione.
Siamo governati da personaggi falsi, cinici e umanamente pericolosi. Per
questa ragione, rilanciamo con forza la campagna “Una bandiera dell’Onu per le
navi umanitarie”. Quelle navi sono l’unica speranza per migliaia di persone. Vengono
criminalizzate da chi, criminale, crea in modo cinico le condizioni per
uccidere. Mettere al sicuro quelle navi e quelle Ong, che consideriamo sorelle,
parte di noi e di ciò che ogni giorno facciamo, non significa risolvere le
questioni dei migranti. Significa semplicemente fare ciò che ogni essere umano
dovrebbe fare: salvare vite. Noi ci crediamo, con la certezza di essere nel
giusto.
BANDIERA DELL’ONU PER LE NAVI UMANITARIE
Occorre dotare le navi che fanno soccorso in mare della bandiera dell’Onu.
Le Nazioni Unite possono farlo. Occorre cancellare la cosiddetta zona Sar
libica, e anche questo può essere fatto dall’International Maritime
Organization (IMO).
Il Mediterraneo centrale è la rotta più letale del mondo: dal 2014 oltre
25mila vittime, più di 1.400 quelle del solo 2022. E sono più di 30mila, sempre
lo scorso anno, gli uomini, le donne e i bambini profughi e migranti riportati
nell’inferno libico da cui avevano tentato di fuggire mettendosi in mare.
Nonostante questa strage silenziosa di vite umane l’Europa e l’Italia
continuano a fare muro contro i migranti, anziché fare ciò che il diritto
internazionale prevede: mettere in atto ogni sforzo per salvare chi rischia di
morire in mare. Non solo. L’Europa e l’Italia continuano anche a criminalizzare
e ad ostacolare in tutti i modi chi cerca di soccorrerli, ossia le navi della
flotta civile, le uniche presenze impegnate a salvaguardare quegli esseri umani
lasciati a sé stessi.
Stiamo, per questo, assistendo a un processo di “criminalizzazione della
solidarietà” che espone gli equipaggi, nel caso delle navi umanitarie che
operano salvataggi in mare, a vere e proprie persecuzioni con possibili
conseguenze giudiziarie.
Per questo, i sottoscrittori di questo appello, coordinati dal Festival del
Cinema dei Diritti Umani di Napoli, hanno deciso di rivolgersi
all’Organizzazione delle Nazioni Unite perché la vita e la dignità degli
equipaggi delle navi umanitarie e dei migranti strappati ad una morte sicura in
mare, siano tutelati attraverso due azioni da attuare nel più breve tempo
possibile.
Leggete, diffondete, firmate e fate firmare l’appello che segue, esteso a
tutti i Paesi europei, proposto in forma integrale, che verrà inviato agli
organismi competenti dell’ONU (Segretario Generale e Alto Commissariato
dei Diritti Umani).
Questo il link per firmare la
petizione, aderire, sapere chi ha aderito (associazioni e individui)
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