Siamo, forse, al di là
dell’immaginario da film dell’orrore. Eppure, il sequestro – da due anni – del
corpo senza vita della mamma di Franciska Wanjiru da parte del Nairobi Women’s
Hospital, perché la famiglia non può pagare le spese ospedaliere, è la
rappresentazione plastica di come il profitto riesca a farsi carne, a
ucciderci, e poi a impadronirsi anche del corpo senza vita. Più necropolitica
ed espropriazione della vita – e di ogni suo simulacro – ai fini
dell’accumulazione di denaro di così, ci pare francamente impossibile. Sia
chiaro: non si tratta affatto di un caso isolato, e nemmeno di una
“specificità” africana, come spiega magistralmente Nicoletta Dentico in questo articolo, a commento dei nuovi studi
di Oxfam che fotografano gli effetti perversi della finanziarizzazione della
salute nel Sud del mondo. I protagonisti di queste storie, racconta, sono
personaggi del calibro di Arif Naqvi, il fondatore del Gruppo Abraaj che ha
convinto le istituzioni finanziarie e l’Onu a indirizzare miliardi di soldi
pubblici per incentivare i finanziamenti privati. Il tutto, ma guarda un po’,
per la realizzazione dell’Agenda 2030, quella che impazza nei progetti della Ue
e nelle ricerche interdisciplinari dei nostri figli a scuola. Semplice il
mantra di Navqi: finanziando fondi di azionariato privato come Abraaj, il
capitalismo agisce da leva per arricchire gli investitori e intanto «porre fine
alle sofferenze dei poveri». La favola s’è incagliata nel 2018, quando il
gruppo è stato coinvolto in una delle più grandi frodi della storia, con
centinaia di milioni di dollari fatti sparire dal Global Health Market Fund,
finanziato anche da Bill Gates. Dice: ma a noi che ce ne frega? Si sa che
la povertà di quei mondi, lontani, genera da sempre barbarie. Mica possiamo
farci carico degli orrori di tutto il pianeta, abbiamo già sotto gli occhi le
loro piaghe, con tutti quei barconi… Neanche per sogno, perché gli ospedali
privati raccontati da Oxfam sono foraggiati dalle istituzioni finanziarie
europee per la cooperazione allo sviluppo, ma anche dalla Banca Europea per gli
Investimenti e la International Finance Corporation, il braccio privato della
Banca Mondiale. Il 56% degli investimenti europei è destinato a ospedali
privati e a una miriade di provider (privati)
che operano tramite intermediari finanziari del comparto sanitario. Le
operazioni, in crescita dopo la pandemia, si articolano in una invisibile trama
di intermediari finanziari, perlopiù fondi di azionariato privato.
Impenetrabili. Hanno sede nei paradisi fiscali – l’80% dei 140 intermediari intercettati da Oxfam
sono domiciliati alle Mauritius e alle Isole Cayman. Per i suoi traffici,
il capitalismo che estrae valore da ogni forma di vita (e ormai non solo), non
usa mica gli scafisti, lavora a una scala diversa.
«È terribile vederla così, il suo corpo è trasformato. Non sembra più
nemmeno un corpo, ma un ammasso di pietra». Franciska Wanjiru parla
della salma di sua madre, trattenuta da due anni presso il Nairobi
Women’s Hospital, in Kenya, per il mancato pagamento delle
spese ospedaliere. «Imploriamo l’ospedale di restituirci il corpo, almeno come
regalo di Natale. Non saremo mai in grado di saldare quel conto, non ha senso
che si tengano il cadavere».
Quella di Franciska è solo una delle storie che sgorgano, con rara potenza
di denuncia, dalle pagine del rapporto gemellare Sick Development e First, do no Harm. Un lavoro che è
frutto di una complessa e coraggiosa ricerca dell’organizzazione
umanitaria Oxfam sulla finanziarizzazione della salute che comprende un
volo radente sul mondo e un approfondimento specifico sull’India.
Pazienti detenuti negli ospedali come
forma di intimidazione
Il debito di Franciska equivale a 43mila dollari. Aumenta ogni giorno, man
mano che la detenzione in morte di sua madre continua. La
notizia della detenzione dei pazienti e delle salme come forma
di intimidazione e di estrazione finanziaria ha attirato l’attenzione della
stampa kenyana sin dal 2016. Ma le cattive abitudini sono dure da estirpare.
Nel 2017 una donna si è vista trattenere il figlio appena partorito per
oltre tre mesi, per l’impossibilità di pagare i 3mila dollari richiesti.
A nulla è servito il pronunciamento di un tribunale contro l’ospedale per
violazione della Costituzione. Nel marzo 2021, la Corte Suprema ha imposto al
Nairobi Women’s Hospital un risarcimento di oltre 27mila dollari a favore di
Emmah Muthoni Njeri, illegalmente detenuta per oltre cinque mesi.
Non si contano le ritorsioni contro il personale sanitario per
aver affrettato le dimissioni, le pressioni sui medici per
richiedere nuove diagnosi, il consiglio di interventi chirurgici
inutili. Tutto documentato nel rapporto, inclusa la paura dei familiari che
temono ritorsioni sui loro cari.
Dal Kenya all’India, il problema è
sistematico
Sia chiaro. Il Nairobi Women’s Hospital non è una mela marcia. E il
problema non riguarda solo il Kenya. In molti paesi del sud del mondo,
gli ospedali privati sfruttano i bisogni di comunità spesso
prive di strutture sanitarie pubbliche. E abusano sistematicamente dei
pazienti. Imprigionandoli se non pagano il conto, negando loro il pronto
soccorso se sono poveri, strattonandoli finanziariamente con tariffe
improponibili anche quando spetterebbero loro cure gratuite. Sospingendoli in
un abisso di dolore e impoverimento di cui vengono investiti
familiari e amici, e da cui è praticamente impossibile riscattarsi.
Non guardano in faccia a nessuno. In India due ospedali
convenzionati, rispettivamente negli stati di Chhattisgarh e Odisha,
hanno rifiutato cure gratuite a titolari di assicurazioni
governative e altre esenzioni. Costringendo le famiglie di questi pazienti a
«conseguenze finanziarie catastrofiche». Oxfam racconta dettagli
raccapriccianti: medicinali messi in conto al prezzo gonfiato del 50%,
cateteri monouso riutilizzati e addebitati più volte, casi da medicina
d’urgenza rifiutati per insufficienza finanziaria (in India vige l’obbligo di
cure d’emergenza per gli incapienti).
Neppure il Covid-19 è servito per
immunizzare questi avvoltoi. Quale migliore occasione della pandemia,
dopo tutto? Hanno volteggiato sulla paura e sui sintomi dei pazienti senza
farsi scrupoli. In Uganda, il Nakasero Hospital di Kampala faceva
pagare un letto in terapia intensiva l’equivalente di 1.900 dollari al giorno.
Al TMR Hospital, i familiari di un paziente poi deceduto a causa del virus si
sono ritrovati l’esorbitante cifra di 116mila dollari da pagare.
Le storture della finanziarizzazione
della salute
La vera patologia sta a monte: i proprietari e gestori di questi ospedali
pensano alla salute solo come profitto. I
protagonisti di queste storie sono personaggi del calibro di Arif Naqvi,
il fondatore del Gruppo Abraaj che ha convinto le istituzioni finanziarie e le
Nazioni Unite a indirizzare miliardi di soldi pubblici per incentivare i
finanziamenti privati. Il tutto per la realizzazione dell’Agenda 2030. Semplice
il mantra di Navqi: finanziando fondi di azionariato privato come
Abraaj, il capitalismo agisce da leva per arricchire gli
investitori e intanto «porre fine alle sofferenze dei poveri». Ma la favola si
è incagliata nel 2018. Il gruppo è stato coinvolto in una delle più
grandi frodi della storia, quando si sono volatilizzati
centinaia di milioni di dollari dal Global Health Market Fund finanziato anche
da Bill Gates.
Questo scandalo ci riguarda. Gli ospedali privati raccontati di
Oxfam sono foraggiati dalle istituzioni finanziarie europee per la
cooperazione allo sviluppo. Inseguendo le tracce di circa 400 investimenti
si approda a tre distinte entità europee: la British International Investment
(BII), la Proparco francese e la tedesca Deutsche Investitions und
Entwicklungsgesellschaft (DEG). Ma anche alla Banca Europea per gli
Investimenti (BEI) e alla International Finance Corporation (IFC), il braccio
privato della Banca Mondiale. La ricerca individua 358 investimenti in aziende
sanitarie private nel sud globale fra il 2010 e il 2022, per un totale di
3,2 miliardi di dollari. Il 56% degli investimenti europei è destinato a
ospedali privati e a una miriade di provider privati che
operano tramite intermediari finanziari del comparto sanitario.
Fondi per la salute che finiscono nei
paradisi fiscali
La mobilitazione finanziaria verso i privati per la salute
dei Paesi in via di sviluppo si aggancia oggi agli Obiettivi di sviluppo
sostenibile, in particolare alla copertura sanitaria universale, nel più
avvilente deficit di trasparenza e accountability. Le
molteplici operazioni, in crescita dopo la pandemia, si articolano in una
invisibile trama di intermediari finanziari, perlopiù fondi di
azionariato privato. Impenetrabili. Hanno sede, infatti, nei paradisi fiscali – l’80% dei 140 intermediari
intercettati da Oxfam sono domiciliati alle Mauritius e alle Isole
Cayman.
Privatizzazione e finanziarizzazione della salute vanno allegramente a
braccetto nel sud del mondo con i nostri soldi, a nostra insaputa. Ma il
rapporto di Oxfam dà la sveglia anche a noi: l’alternativa alla salute
pubblica, che stiamo perdendo in Italia, è una disumanizzazione
sanitaria.
Questo articolo si deve alla collaborazione con Valori
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