Ci risiamo. I prezzi delle materie
prime alimentari si sono impennati nell’ultimo anno. Con conseguenze
terribili, in particolare per i più poveri e vulnerabili nel pianeta.
Secondo l’Organizzazione delle Nazioni
Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO), il 9,8% della
popolazione mondiale è sotto-alimentato. Quasi un essere umano su
dieci. Se il problema riguarda in primo luogo le nazioni più povere nel Sud del
mondo, anche i Paesi più ricchi vedono aumentare di giorno in giorno il numero
di persone in difficoltà. Tra le cause principali, quelle che
più spesso vengono indicate sono di breve termine, come l’aumento dell’inflazione e i conflitti, a partire da
quello in Ucraina. Ma, con la crisi e l’instabilità, un
altro elemento assume un’importanza determinante: la speculazione.
Cos’è la
speculazione
Speculare significa provare a guadagnare sulla
differenza tra prezzo di acquisto e di vendita. Più questa differenza è ampia,
e più le oscillazioni dei prezzi sono veloci, più questa possibilità cresce.
Nessuno specula su titoli il cui valore non muta nel tempo. Al contrario, in un
periodo di crisi e di instabilità, ecco che i prezzi variano di molto e
molto velocemente.
Qui il
“gioco” si fa interessante: da un lato, più i prezzi sono in balia
dell’incertezza, più si può guadagnare speculando. Dall’altro, la stessa
speculazione genera instabilità sui prezzi. I due effetti si
auto-alimentano, attirando nuovi speculatori e portando a un’ulteriore
instabilità.
Gli
speculatori si approfittano della crisi alimentare
Un rapporto appena pubblicato in
Francia da CCFD e Foodwatch testimonia, dati alla mano, questo
andamento. Il rapporto, intitolato “Quando gli speculatori si approfittano
della crisi alimentare” analizza i dati della Borsa di Parigi e dei
principali mercati a termine di materie prime alimentari.
I mercati
a termine sono quelli dove è possibile comprare o vendere un prodotto
nel futuro, fissando il prezzo dello scambio già al momento della stipula.
Basati su strumenti finanziari chiamati derivati,
sono nati come assicurazioni contro le oscillazioni dei prezzi. Rapidamente,
però, sono diventati il principale canale della speculazione. Sul cibo e non
solo.
Il rapporto
mostra proprio quanto gli iniziali fattori di instabilità sui prezzi, come
inflazione e scoppio della guerra in Ucraina, abbiano portato a un incremento
impressionante della speculazione su questi mercati. Tra gennaio 2020 e la
fine dello scorso anno, le società di investimento specializzate hanno
aumentato dell’870% i propri acquisti con finalità speculative su questi
mercati . Quasi un terzo delle posizioni di acquisto sarebbe
oggi nelle mani di questi soggetti. Soggetti che, va ricordato, non hanno nulla
a vedere con la produzione o commercializzazione del cibo.
Nella stessa
direzione, i fondi di investimento hanno aumentato del 96,8% i
propri acquisti con le stesse finalità. Complessivamente, le posizioni
speculative in due anni e mezzo sono passate da circa un quarto a metà del
totale per il mercato del grano in Europa. Con punte del 70%
delle posizioni in acquisto a giugno 2022. In alcune situazioni, sempre secondo
il rapporto, i volumi di scambi puramente finanziari possono
essere decine di volte superiori a quelli dei mercati reali.
I prezzi
alimentari sono alle stelle per la guerra in Ucraina, in particolar modo quelli
di cereali e oli vegetali © Kyryl Levenets/Unsplash
Ripercussioni
rischiose e paradossali
Le
conseguenze non sono “unicamente” nell’instabilità dei prezzi. Ancora prima, la
speculazione innesca un aumento artificiale della domanda che spinge a un rialzo
generalizzato dei prezzi rispetto a quello che si dovrebbe avere
basandosi sui fondamentali dell’economia.
Ancora,
l’elemento forse più paradossale è che gli stessi derivati sono diventati
talmente rischiosi e speculativi che sempre meno vengono
utilizzati da chi avrebbe bisogno di uno strumento assicurativo contro le
oscillazioni dei prezzi. La maggioranza degli agricoltori e
buona parte della filiera delle materie prime alimentari si
trovano quindi esclusi da questi meccanismi. Non da ultimo, tale esclusione
provoca un’ulteriore incertezza per il settore. Il che contribuisce ancora di
più all’instabilità dei prezzi, per la gioia degli scommettitori.
Come
regolamentare la speculazione sul cibo
Il rapporto
si chiude con alcune proposte di regolamentazione per provare
se non altro a limitare il fenomeno. Si va dall’introdurre dei limiti di
posizione molto più stringenti di quelli attuali (ovvero la quantità di
contratti sui prezzi del cibo che può detenere un singolo operatore) a
escludere determinati attori da questi mercati finanziari, fino a misure per
aumentare la trasparenza.
Nulla di
nuovo, purtroppo. Sono anni che si parla di come affrontare l’incredibile montagna di
scommesse che quotidianamente, tramite i derivati, provoca instabilità e crisi
sui mercati finanziari e – a cascata – nell’economia reale. Simili proposte
erano state avanzate in particolare dopo la crisi dei subprime del 2008.
Ricordate? Quando ogni politico e ogni istituzione internazionale aveva
promesso un decisivo cambio di rotta contro il casinò finanziario, dichiarando
che non avremmo mai più assistito a qualcosa di simile. Sono passati 15 anni,
le proposte sul tavolo sono sempre le stesse, cosi come gli impatti devastanti
per le fasce più vulnerabili. Di regolamentazione del settore nemmeno
l’ombra. Gli speculatori ringraziano.
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