Il cambiamento climatico è ormai un tema
ricorrente sui media e persino nella propaganda religiosa. Tutti dicono di
voler rispettare la natura e salvare il pianeta, ma spesso senza prendere in
considerazione la laicità, la scienza e il buon uso della ragione. Finendo
quindi per operare in un modo che talvolta può essere controproducente.
Affronta il tema Raffaele Carcano sul numero 1/2023 della rivista Nessun
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Nel
suo primo mezzo secolo di vita l’ambientalismo politico ha attraversato diversi
alti e bassi, tornando periodicamente in auge grazie al traino di alcune
breaking news. È rimasto un fenomeno esclusivamente occidentale e in nessun
Paese è mai riuscito a raggiungere la maggioranza relativa dei votanti. Nella
maggior parte dei casi le percentuali ottenute si sono fermate a una sola
cifra, non di rado insufficienti per entrare in parlamento.
I verdi hanno spesso affrontato i temi non-verdi nella maniera
sbagliata
Accade
persino ora che il cambiamento climatico è diventato un tema ricorrente sui
mezzi d’informazione e in cui la “natura” viene evocata in quasi tutte le
campagne di comunicazione, anche quella di aziende non particolarmente attente
all’ambiente – un comportamento così diffuso da essere definito con un
neologismo, “greenwashing”. I motivi dello stallo possono essere diversi, ma
quello decisivo è sostanzialmente uno solo: fare politica significa non
occuparsi soltanto di ecologia, e i verdi hanno spesso affrontato i temi non-verdi nella maniera
sbagliata. Quelli di nostro interesse non fanno eccezione.
Sia chiaro: non hanno mai adottato
strategie risolutamente clericali, e bisogna riconoscere che, sulla maggioranza
delle istanze, mantengono posizioni più avanzate della media (che del resto è
drammaticamente bassa). È tuttavia indubbio che, qualche decennio fa, la
vocazione laica dei verdi italiani era ben più robusta. Nel 2002 il senatore
Turroni fu uno dei firmatari di un progetto di legge costituzionale per il
superamento del regime concordatario. L’anno dopo, sempre al senato, il
capogruppo Cortiana presentò un disegno di legge per l’abolizione dei decreti
fascisti che imponevano il crocifisso negli edifici pubblici.
Poi
qualcosa è cambiato. Forse a partire dalla nomina a portavoce di Grazia
Francescato, la cui accesa devozione per l’arcangelo Michele è sfociata in un
libro e in un film. O forse perché anche le religioni hanno cominciato a fare
professione di ecologia. Sta di fatto che, con Bergoglio, i verdi si sono
contraddistinti come i più papisti della repubblica. Sul sito della Federazione
si può leggere un articolo dal titolo emblematico: Papa Francesco si conferma il
vero leader dell’ambientalismo mondiale.
Bergoglio
ha in effetti scritto un’enciclica, la Laudato si’, molto pubblicizzata come
“verde”, ma i cui contenuti ambientalisti concreti non sono però numerosi: le
tante dichiarazioni a effetto rientrano più nel greenwashing che in una svolta
della dottrina, che continua a ritenere che il “creato” sia a disposizione
degli umani. Per il portavoce Bonelli rappresenta invece un testo addirittura
«epocale», al punto da unirsi alla giornata mondiale di preghiera indetta per
la cura del “creato” il primo settembre 2022. Scontato, a quel punto, anche
l’inserimento di una citazione del pontefice nel programma elettorale.
Ma
all’estero va forse persino peggio. Soprattutto nel mondo francofono, dove i
politici ecologisti hanno fatto essi stessi un greenwashing, ma di altro tipo:
una sorta di alleanza strutturale con l’islam, il cui colore è a sua volta il
verde. In Svizzera hanno fatto eleggere consigliere comunale Lucia Dahlab,
musulmana convertita, che ha portato le sue battaglie per il velo fino alla
Corte europea dei diritti dell’uomo. Al parlamento di Bruxelles, alcuni
ecologisti hanno votato per continuare a consentire la macellazione rituale
(islamica ed ebraica) in deroga alla legge, nonostante procuri una sofferenza
inutile all’animale.
In
Francia, pochi anni fa, i verdi sembravano avere il vento in poppa: grande
crescita alle europee del 2019, seguita nel 2020 dalla conquista di diverse
grandi città. Alla guida delle quali hanno però preso decisioni controverse, in
alcuni casi molto controverse. Come il via libera all’uso del burqini nelle
piscine pubbliche di Grenoble, o il finanziamento a Strasburgo della più grande
moschea d’Europa: 2,5 milioni di euro destinati a un progetto dell’associazione
turca Milli Görüs, legatissima a Erdogan. Il flop alle elezioni del 2022 è
stata una doccia scozzese dovuta anche a questa accondiscendenza.
La fiducia nella scienza è purtroppo in calo ovunque
C’è
tuttavia un terzo fronte su cui i politici ecologisti hanno avuto atteggiamenti
discutibili. La
fiducia nella scienza è purtroppo in calo ovunque, ma è
particolarmente accentuata negli ambienti green e impatta su numerosi ambiti.
Un caso eclatante è il sostegno all’agricoltura biodinamica, di origine
esoterica. Ma per capire l’impostazione generale basta leggersi un altro
articolo sul sito dei Verdi, Omeopatia e medicine non convenzionali un impegno
dei verdi, scritto dall’ex deputato Galletti. Vi si afferma che «la
medicina, prima di essere scienza, è un’arte». Se la premessa è che tutto ciò
che è (mal) inteso come “naturale” è invariabilmente anche buono, i danni
possono essere veramente tanti.
La
Federazione dei Verdi, da un anno a questa parte, è diventata Europa Verde e,
seguendo l’esempio francescano, preferisce lasciare gli estremismi sullo sfondo
di dichiarazioni molto più vaghe. Le consonanze con il papa sono cospicue: non
troverete molto impegno contro la sovrappopolazione del pianeta o contro
l’inquinamento acustico delle campane. Non troverete nemmeno critiche contro la
recente prodezza anti-ecologica di Bergoglio, che per festeggiare i 90 anni di
una cugina si è recato nell’astigiano… in elicottero. Seicento km di volo
privato ma pagato dai contribuenti, visto che il mezzo è stato messo a
disposizione dell’Aeronautica militare.
La
presa della religione è tuttavia tale che c’è chi segue anche la strada
opposta: la sacralizzazione della natura. È capitato per esempio in Nuova
Zelanda, dove il fiume Whanganui ha ottenuto, primo al mondo, la personalità
giuridica. Bene per la sua tutela, male per le motivazioni: per arrivarci si è
dovuto riconoscere che il corso d’acqua, sacro ai maori, è una «entità
spirituale».
Le
forme con cui il mondo ambientalista si approccia positivamente alla sfera
spirituale sono dunque molteplici, ma quasi sempre (inevitabilmente) a
discapito di quella razionale. Servirà? I risultati sono finora decisamente
modesti: il fallimento della Cop27 è lì a dimostrarlo. E dire che i non
credenti avrebbero migliori credenziali dei credenti. Lo si nota bene in una ricerca realizzata
dal Pew Research Center lo scorso novembre: gli statunitensi più religiosi sono
di gran lunga meno impensieriti dal cambiamento climatico. Del resto, sono
anche quelli più persuasi dell’imminenza della fine del mondo e del controllo
che Dio avrebbe sul pianeta. E se nutri queste convinzioni, perché darti pena
per il futuro?
I
più preoccupati per quanto sta accadendo e i più impegnati a fronteggiarne le
conseguenze risultano invece i non credenti. Prendere atto delle evidenze non è
soltanto un principio laico: è la strada più efficace per salvare la Terra.
L’unica, probabilmente. Riusciremo finalmente ad avere un ambientalismo
illuminista?
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