Un nuovo studio durato 40 anni ha scoperto che ciò che accade nella
foresta pluviale amazzonica influisce sull’intero sistema terrestre. Il che
avvalora il fatto che la foresta amazzonica, la fonte più cruciale per il
supporto vitale del pianeta, è in guai seri principalmente a causa della
massiccia deforestazione.
Secondo il World Wildlife Fund (WWF): “L’Amazzonia è di
vitale importanza perché le persone in tutto il mondo, così come a livello
locale, dipendono dalla foresta pluviale. Non solo per cibo, acqua, legno e
medicine, ma per contribuire alla stabilizzazione del clima: circa 76 miliardi
di tonnellate di carbonio sono immagazzinate nella foresta pluviale amazzonica.
Gli alberi in Amazzonia rilasciano nell’atmosfera fino a 20 miliardi di
tonnellate di acqua al giorno, svolgendo un ruolo fondamentale nei cicli
globali e regionali del carbonio e dell’acqua.”
Questo studio quarantennale collega la deforestazione amazzonica alla
riduzione delle nevi tibetane e alla perdita di ghiaccio antartico. Entrambi
comportano rispettivamente gravi conseguenze, in termini di perdita dei
serbatoi idrici della natura per milioni di persone mentre il livello del mare
aumenta ovunque.
Lo studio ha analizzato 40 anni di temperature dell’aria, concludendo che
il clima del pianeta è una funzione di diverse forze disparate che
interagiscono in modo tale che un nuovo stato planetario ostile alla vita
potrebbe essere in corso. Lo studio ha analizzato le temperature orarie in
prossimità della superficie accumulate dal European Center for
Medium-Range Weather Forecast su una griglia globale di 65.000
località per un ciclo di 40 anni.
In particolare, lo studio ha dimostrato come le variazioni di temperatura
dell’aria in una regione si sono propagate attraverso il sistema climatico per
influenzare le temperature in altre parti del globo. Per esempio: “E’ probabile
che la deforestazione in Amazzonia influenzi l’altopiano tibetano attraverso un
complicato percorso di 20.000 chilometri determinato da modelli di circolazione
atmosferica e oceanica. Lo studio suggerisce che un’Amazzonia sana e
funzionante è cruciale non solo per il clima regionale in Brasile, ma per
l’intero sistema terrestre.” (Fonte: Claire Asher, Amazon Deforestation
Linked to Reduced Tibetan Snows, Antarctic Ice Loss: Study, Mongabay Series,
8 marzo 2023).
Hanno identificato potenziali punti di non ritorno dei principali
ecosistemi planetari che potrebbero innescarsi uno dopo l’altro, modificando
così la vita in una quantità di modi indesiderabili. Il catalizzatore sembra
essere la foresta pluviale amazzonica.
Secondo Jingfang Fan, scienziato del sistema terrestre presso la Beijing
Normal University e il Potsdam Institute, diversi elementi
di ribaltamento del pianeta potrebbero innescarsi uno dopo l’altro in una
massiccia cascata di eventi incontrollabili, cioè il bioma della foresta
pluviale amazzonica, le calotte glaciali antartiche est e ovest, il permafrost
artico e la grande barriera corallina. Secondo Teng Lui, Dottore di Ricerca
della Beijing Normal University: “Questa è la prima volta che la
teoria (matematica) delle reti complesse è stata applicata nel contesto di
(estremamente lontani) punti di non ritorno… Abbiamo scoperto che la foresta
pluviale amazzonica mostra una significativa teleconnessione con altri elementi
di ribaltamento,” (ibidem).
Lo studio ha identificato una “forte correlazione” tra le anomalie di
temperatura in Amazzonia e l’altopiano tibetano, a circa 15.000 chilometri di
distanza. I dati confermano la coincidenza di temperature anomale sia in
Amazzonia che in Tibet negli ultimi 40 anni. Inoltre, lo studio ha identificato
la stessa relazione tra l’Amazzonia e l’Antartide. (Fonte: TC Liu, et
al, Teleconnections Among Tipping Elements in the Earth System, Nature Climate
Change, 2023)
“Le teleconnessioni descrivono relazioni remote tra componenti del
complesso sistema climatico e riflettono il trasporto di energia o materie su
scala globale. Le distanze del grande cerchio delle teleconnessioni sono in
genere migliaia di chilometri “ (ibidem).
In effetti questo studio conferma studi precedenti che suggeriscono che un
ecosistema sano, o viceversa malsano, in Amazzonia non soltanto è di impatto
per la regione, ma in pari misura per l’intero sistema terrestre.
Secondo il World Wildlife Fund, è molto preoccupante che a
partire dal 2022 il 35% della foresta pluviale amazzonica sia totalmente perso
o altamente degradato. Sulla base di questo fatto dovrebbe crescere la
richiesta di uno sforzo cooperativo a livello mondiale per adottare tutte le
misure correttive necessarie, compresa la cessazione della deforestazione da
parte dell’uomo.
Un altro studio: Amazon Against the Clock: A Regional Assessment on
Where and How to Protect 80% by 2025 pubblicato dalla Amazon
Network of Georeferenced Socio-Environmental Information, ancor più
inclusivo dello studio del WWF, sostiene che il 26% dell’intero territorio
amazzonico mostra prove di deforestazione e degrado di cui il 20% è
classificato come irreversibile e il 6% altamente degradato. Secondo lo studio:
“Dei nove paesi che compongono il bacino amazzonico, il Brasile e la Bolivia
presentano le quantità maggiori di distruzione e di conseguenza, l’avanzamento
della savana è già in atto in entrambi i paesi”.
“Nel numero di febbraio 2020 di Science Advances, il professor
Thomas Lovely, membro senior della United Nations Foundation, e
Carlos Norbre, esperto climatico dell’Institute of Higher Studies dell’Università
di San Paolo, hanno segnalato che la perdita tra il 20 e il 25 % della foresta
pluviale potrebbe segnare il punto di non ritorno per l’Amazzonia, inaugurando
un’irreversibile transizione a un ecosistema più secco tipico appunto della
savana.” (Fonte: The Amazon Approaches Its Tipping Point, The Nature
Conservancy, 20 agosto 2020). Il Dr. Thomas Lovejoy (1941-2021) e il Dr.
Carlos Nobre sono stati a lungo considerati i maggiori esperti mondiali
sull’Amazzonia.
“Ci sono già alcune soluzioni implementate in base al principio che la
natura e le persone possono prosperare insieme. Ad esempio, a São Félix do
Xingú nello Stato brasiliano del Pará, TNC (The Nature Conservancy,
un’organizzazione ambientalista statunitense, N.d.R), sostiene un progetto
chiamato Cacau Mais Sustentável. Uno dei suoi obiettivi è aiutare
gli agricoltori locali ad adottare pratiche più sostenibili, come piantare
alberi di cacao autoctoni in terreni recuperati dal degrado per evitare
ulteriori deforestazioni. Tali sistemi agroforestali comportano la
piantumazione di colture e alberi autoctoni fianco a fianco, per riforestare le
terre degradate”. (ibidem)
Nel frattempo, in netto contrasto con le forze della natura, la massiccia
foresta pluviale sta subendo un’enorme commercializzazione: 600 progetti
infrastrutturali sui fiumi, 20 nuove autostrade già pianificate, 400 dighe già
operative o in fase di pianificazione e operazioni minerarie su larga scala.
(Fonte: WWF)
Secondo il Living Amazon Report 2022 pubblicazione
del World Wildlife Fund, 8 novembre 2022: “La situazione ha iniziato ad
evidenziare che il punto di non ritorno è sempre più vicino: (1) le stagioni
stanno cambiando; (2) le acque superficiali si stanno perdendo; (3) i fiumi
stanno diventando sempre più scollegati e inquinati e (4) le foreste subiscono
un’immensa pressione da ondate sempre più devastanti di deforestazione e
incendi”.
Secondo il portale Statista.com: “Nel 2022, più di 145.000 focolai di
incendi sono stati segnalati nella regione legale dell’Amazzonia in Brasile.”
Di norma, gli incendi non si verificano naturalmente nelle foreste pluviali
umide e bagnate.
Gli incendi e l’impronta umana che sono causa di tutto ciò stanno sfidando
il 30% delle specie più preziose del mondo, sconvolgendone l’equilibrio
naturale e degradando arbitrariamente la più grande foresta del pianeta.
Traduzione dall’inglese di Filomena Santoro. Revisione di Daniela Bezzi.
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