mercoledì 12 aprile 2023

Sardegna fantasma - Giacomo Zandonini

 

Nonostante le case a un euro, l’arrivo delle telecamere di reality show internazionali, milioni di euro per rifare le case, l’entroterra sardo si sta spopolando. La cronica assenza di servizi base non si risolve con politiche spot

Sagre di paese, installazioni fotografiche, festival letterari, incentivi fiscali, e ancora: abitazioni in svendita, turismo esperienziale, pranzi comunitari. Da un decennio a questa parte, gli amministratori locali sardi, come prestigiatori, estraggono dal cilindro soluzioni e proposte per combattere la rapida desertificazione demografica dell’isola e attrarre turisti, lavoratori e nuovi residenti.

Nel 2014, l’allora sindaco di Tula, vendeva il borgo come fosse un paradiso fiscale. «Addio escamotage bancari e atolli oceanici, la soluzione è Tula», scriveva ironicamente il Comune, lanciando la campagna Vieni a vivere qui. Oltre a sgravi fiscali sulla proprietà delle seconde case e a un sostegno per trovare alloggio, il centro dell’entroterra sassarese offriva un generoso bonus bebè per i genitori di bambini nati nel Comune, sfruttando gli introiti di un vicino parco eolico.

Tra le proposte anti-spopolamento che più hanno riscontrato interesse, ben al di fuori della Sardegna, c’è poi la vendita di case alla cifra simbolica di un euro, proposta nel 2016 dai comuni di Nulvi e Ollolai, nel centro-nord dell’isola. La lunga lista di iniziative – a cui di recente si è aggiunto un Happy Village, borgo fatto a misura per pensionati abbienti, a Fluminimaggiore – testimonia sia la crescente urgenza del tema, sia il suo recente ingresso nel marketing politico.

In questo senso, non sono mancate le forzature: nel 2018, la giunta regionale di centro-sinistra, guidata da Francesco Pigliaru, presentava come antidoto uno stanziamento straordinario di 20 milioni di euro per dotare i piccoli comuni di videocamere di sorveglianza. Poco dopo, l’attuale presidente della Regione e già segretario del Partito Sardo d’Azione, Christian Solinas, riportava il governo regionale nelle mani del centrodestra facendo appello a una rinnovata identità sarda e impegnandosi ad affrontare i problemi del mondo rurale, ovvero di quelle centinaia di piccoli Comuni la cui popolazione si riduce costantemente da anni.

Trainato da un’alleanza allora vincente con la Lega Nord di Matteo Salvini, Solinas aveva sconfitto il Partito Democratico soprattutto nell’entroterra, dove le riforme della giunta precedente erano state spesso vissute come un ennesimo taglio di risorse. L’abolizione delle pluriclassi, cioè quelle classi che riuniscono alunni di età e gradi diversi, aveva penalizzato per esempio gli istituti d’istruzione periferici, costringendo a chiudere alcune sedi. La razionalizzazione del sistema sanitario introdotta dal centro-sinistra, aveva portato invece al taglio di servizi essenziali in aree poco abitate.

La lotta allo spopolamento diventa quindi un tema di consenso, tanto che nel 2022, chiusa la fase emergenziale della pandemia da Covid-19, Solinas e la sua giunta presentano una manovra finanziaria che «per la prima volta mette in campo risorse vere e certe necessarie affinché la Sardegna possa combattere con forza e decisione lo spopolamento dei territori e l’isolamento», secondo le parole del presidente.

Le tre misure al centro del piano presentato dalla giunta sembrano voler mettere a sistema alcune delle iniziative ideate nell’ultimo decennio da sindaci, consorzi e associazioni locali: offrire incentivi economici per chi trasferisce la residenza, erogare prolungati bonus bebè e prevedere sgravi fiscali per aziende e professionisti che trasferiscono la propria sede e assumono personale in loco. Obiettivo degli interventi è attrarre nuovi residenti e trattenere chi già vive nei 275 comuni – su 377 totali nella regione – con meno di tremila abitanti…

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