Nonostante le case a un euro, l’arrivo delle telecamere di reality show internazionali, milioni di euro per rifare le case, l’entroterra sardo si sta spopolando. La cronica assenza di servizi base non si risolve con politiche spot
Sagre di paese,
installazioni fotografiche, festival letterari, incentivi fiscali, e ancora:
abitazioni in svendita, turismo esperienziale, pranzi comunitari. Da un
decennio a questa parte, gli amministratori locali sardi, come prestigiatori,
estraggono dal cilindro soluzioni e proposte per combattere la rapida
desertificazione demografica dell’isola e attrarre turisti, lavoratori e nuovi
residenti.
Nel 2014, l’allora sindaco di Tula, vendeva il borgo come fosse un paradiso
fiscale. «Addio escamotage bancari e atolli
oceanici, la soluzione è Tula», scriveva ironicamente il Comune, lanciando la
campagna Vieni a vivere qui. Oltre a sgravi fiscali sulla
proprietà delle seconde case e a un sostegno per trovare alloggio, il centro
dell’entroterra sassarese offriva un generoso bonus bebè per i genitori di
bambini nati nel Comune, sfruttando gli introiti di un vicino parco eolico.
Tra le proposte anti-spopolamento che più hanno riscontrato interesse, ben
al di fuori della Sardegna, c’è poi la vendita di case alla cifra simbolica di
un euro, proposta nel 2016 dai comuni di Nulvi e Ollolai, nel centro-nord
dell’isola. La lunga lista di iniziative – a cui di recente si è aggiunto un
Happy Village, borgo fatto a misura per pensionati abbienti, a Fluminimaggiore
– testimonia sia la crescente urgenza del tema, sia il suo recente ingresso nel
marketing politico.
In questo senso, non sono mancate le forzature: nel 2018, la giunta
regionale di centro-sinistra, guidata da Francesco Pigliaru, presentava come
antidoto uno stanziamento straordinario di 20 milioni di euro per dotare i
piccoli comuni di videocamere di sorveglianza. Poco dopo, l’attuale presidente
della Regione e già segretario del Partito Sardo d’Azione, Christian Solinas,
riportava il governo regionale nelle mani del centrodestra facendo appello a
una rinnovata identità sarda e impegnandosi ad affrontare i problemi del mondo
rurale, ovvero di quelle centinaia di piccoli Comuni la cui popolazione si
riduce costantemente da anni.
Trainato da un’alleanza allora vincente con la Lega Nord di Matteo Salvini,
Solinas aveva sconfitto il Partito Democratico soprattutto nell’entroterra,
dove le riforme della giunta precedente erano state spesso vissute come un
ennesimo taglio di risorse. L’abolizione delle pluriclassi, cioè quelle classi
che riuniscono alunni di età e gradi diversi, aveva penalizzato per esempio gli
istituti d’istruzione periferici, costringendo a chiudere alcune sedi. La
razionalizzazione del sistema sanitario introdotta dal centro-sinistra, aveva
portato invece al taglio di servizi essenziali in aree poco abitate.
La lotta allo spopolamento diventa quindi un tema di consenso, tanto che
nel 2022, chiusa la fase emergenziale della pandemia da Covid-19, Solinas e la
sua giunta presentano una manovra finanziaria che «per la prima volta mette in
campo risorse vere e certe necessarie affinché la Sardegna possa combattere con
forza e decisione lo spopolamento dei territori e l’isolamento», secondo le
parole del presidente.
Le tre misure al centro del piano presentato dalla giunta sembrano voler
mettere a sistema alcune delle iniziative ideate nell’ultimo decennio da
sindaci, consorzi e associazioni locali: offrire incentivi economici per chi
trasferisce la residenza, erogare prolungati bonus bebè e prevedere sgravi fiscali
per aziende e professionisti che trasferiscono la propria sede e assumono
personale in loco. Obiettivo degli interventi
è attrarre nuovi residenti e trattenere chi già vive nei 275 comuni – su 377
totali nella regione – con meno di tremila abitanti…
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