Nella dieta mediterranea il consumo del pesce è
contemplato circa due volte a settimana. Questa alimentazione consente di
ridurre il rischio di malattie croniche, cardiovascolari e metaboliche
oltre a prevenire l’insorgenza di tumori.
Inoltre i sostenitori di tale dieta sono convinti che la pesca sia meno
crudele e distruttiva dell’agricoltura. Teoria abbracciata anche da coloro che
hanno scelto di eliminare la carne dalle loro tavole. In questo articolo
sveliamo perché questa teoria non ha ragion d’essere.
Il consumo del pesce secondo gli
studiosi
Partiamo da un esempio: le linee guida del Regno Unito raccomandano di
mangiare almeno due porzioni di pesce da 140 g a settimana, una delle quali
dovrebbe essere grassa.
Questo per la diffusa convinzione che mangiare pesce grasso o assumere
integratori di olio di pesce omega-3 riduca il rischio di malattie cardiache,
ictus e morte.
Un contributo volto a sfatare questi miti è arrivato dalla dottoressa
Justin Butler, laureata presso l’Università di Bristol con un dottorato di
ricerca in biologia molecolare e una laurea triennale in biochimica presso la
UWE.
L’apporto di grassi essenziali
Il consumo del pesce consentirebbe di ottenere la quota
raccomandata di acidi grassi essenziali, chiamati così perché non
possiamo produrli autonomamente, ma dobbiamo ottenerli dal cibo.
La dottoressa afferma che non è necessario mangiare pesce per assimilare
tali grassi, poiché i pesci stessi li ricavano mangiando alghe e
plancton.
In particolare, l’ALA è un acido grasso essenziale omega-3
presente negli alimenti vegetali come semi di lino, semi di colza, soia, noci,
e oli estratti da tali cibi. Viene convertito nei nostri corpi in EPA e DHA
omega-3 a catena più lunga.
Nel 2018 una recensione ha rilevato che l’aumento di EPA e DHA da
integratori di pesce grasso o olio di pesce non ha avuto alcun beneficio
significativo a carico del cuore.
Al contrario, si è scoperto che l’ALA ricavata da alimenti vegetali può
ridurre leggermente il rischio di eventi cardiovascolari e aritmia (ritmo
cardiaco anormale).
Tesi sostenuta anche dal British Journal of Nutrition (2018),
secondo cui una maggiore assunzione di ALA dai cibi vegetali comporta un minor
rischio di malattie cardiache.
Molti altri studi hanno confermato che consumare questo grasso direttamente dagli
alimenti vegetali, sia decisamente più salutare.
Mercurio in aumento. Un pericolo da non
sottovalutare
Secondo alcune ricerche, l’assunzione di pesci grassi e supplementi di olio
di pesce può addirittura sortire l’effetto opposto rispetto a quello
dichiarato, aumentando il rischio di eventi cardiovascolari.
Secondo l’American Heart Association, il consumo del
pesce comporta dei rischi connessi alla presenza di agenti inquinanti
quali il metilmercurio, bifenili, policlorutati e diossine.
Queste sostanze hanno ormai contaminato mari e oceani e si accumulano
specialmente nei pesci grassi, annullando di fatto qualsiasi presunto effetto
benefico degli omega-3.
Tra i vari studi, è stato rilevato che in Finlandia orientale la presenza
del mercurio nei pesci è consistente al punto che gli uomini possiedono
un livello elevato di questo elemento nei capelli. La quantità di pesce che
mangiano è proporzionale all’aumento del rischio di morte cardiovascolare.
Gli allevamenti ittici e la
contaminazione delle acque
Gli allevamenti ittici sono fonte di trasmissione di malattie e
causano inquinamento nelle acque. La fauna marina è costantemente
inquinata da agenti organici persistenti, antibiotici e sostanze chimiche da
trattamenti parassitari.
Le acque sono contaminate da anestetici e disinfettanti, additivi per
mangimi, metalli e anti vegetativi.
I pesci di allevamento inoltre contengono una quantità ridotta di omega-3,
in quanto vengono alimentati con oli vegetali ricchi di omega-6, oltre a
ricevere farina di pesce e oli di pesce.
Il consumo del pesce a livello etico
C’è infine l’insensata convinzione che i pesci non soffrano. Numerose
ricerche scientifiche, incentrate sui collegamenti neurologici, dimostrano che
i pesci provano paura e dolore cosciente, proprio come gli altri animali.
Ogni pesce catturato muore per soffocamento. Quelli catturati in
acque profonde soffrono ancora di più perché quando vengono tirati in
superficie, la depressurizzazione può far esplodere i loro organi o sporgere lo
stomaco dalla bocca.
Anche se può sembrare assurdo, i pesci sono capaci di rapporti
empatici, come testimonia uno studio pubblicato su Nature nel 2017, secondo
cui i pesci si affidano all’interazione sociale e alla comunità per
affrontare eventi stressanti.
L’alternativa vegetale al consumo del
pesce
Per ottenere grassi essenziali non c’è bisogno di distruggere gli oceani,
né di infliggere dolore ai pesci o mangiare neurotossine e sostanze
cancerogene.
Gli alimenti vegetali possono sostituire il consumo del pesce.
Garantiscono il fabbisogno giornaliero di grassi essenziali utili a mantenere
il cuore sano e combattere le condizioni infiammatorie come l’artrite.
I cibi con queste proprietà sono ad esempio olio di semi di lino, olio di
semi di canapa, olio di colza, noci e alghe.
In aggiunta, si possono assumere dei validissimi integratori vegan omega-3 a base di alghe che forniscono EPA e DHA. Questa alternativa
non presenta rischi di contaminazione e consente di ridurre le preoccupazioni
etiche e ambientali connesse al consumo del pesce.
Ricordate: le fonti vegetali di omega-3 sono sostenibili, i pesci no.
https://www.kulturjam.it/salute-ambiente/perche-il-consumo-del-pesce-non-e-cosi-salutare/
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