Il fenomeno crescente del land grabbing – l’accaparramento di terreni a uso agricolo, pascolativo o boschivo – viene generalmente collocato nell’Africa sub sahariana, in Asia, nell’America Latina e riguarda la pratica di acquisire in proprietà, in affitto o in concessione vaste estensioni di territorio da parte di società di capitali, governi o anche singoli imprenditori con la finalità di destinarli a un utilizzo esclusivo a fini produttivi.
Non vi sono
molti dubbi sul fatto che ponga in pericolo la tutela degli interessi
nazionali dei vari Paesi alla sovranità e
alla sicurezza nel
campo dell’approvvigionamento alimentare, in quanto le popolazioni
locali perdono il controllo delle risorse naturali del proprio territorio, in
particolare i terreni agricoli e boschivi, nonché l’acqua.
Il land
grabbing è giustamente fortemente
criticato e avversato in
campo economico e sociale.
Memorabile
la trasmissione “Corsa alla
terra” di Report (18 dicembre 2011) con cui Milena Gabanelli,
allora conduttrice, fece conoscere il fenomeno agli Italiani.
Ma
tante sacrosante contestazioni avverso il land
grabbing nei Paesi del Terzo Mondo e un assordante
silenzio su quanto sta accadendo in Italia, dove ampie zone stanno ormai
perdendo le loro caratteristiche naturalistiche, agricole, storico-culturali,
la stessa identità, ad opera dell’accaparramento dei terreni per
l’installazione di centrali eoliche e fotovoltaiche da parte di società
energetiche.
Altrettanto
memorabile la puntata di Report I
Fossilizzati (17 aprile 2016) si era trasformata in
uno spot del servizio pubblico per i progetti di centrali
solari termodinamiche del Gruppo Angelantoni da
realizzarsi nelle campagne sarde piuttosto che nelle estese
aree industriali dismesse, dove il sole batte ugualmente: espropri e calci
in culo agli indigeni, insomma land grabbing di casa
nostra, senza che ciò meritasse un minimo cenno.
No, queste
cose non si devono raccontare agli Italiani, perché deve imperare la vulgata in
favore della speculazione energetica.
Eppure avviene da
tempo anche in Europa, anche in Italia.
Decine e
decine di migliaia di ettari di terreni agricoli, pascoli, boschi spazzati
via, paesaggi storici degradati, aziende agricole sfrattate, questo sta
diventando il panorama in larghe parti della Sardegna, in Puglia, nella Tuscia, in Sicilia.
Fanno sorridere le
dichiarazioni in favore di una moratoria
relativa a ulteriori centrali eoliche e fotovoltaiche nel territorio regionale del
nuovo Presidente della Regione Lazio Francesco Rocca, mentre la stessa Regione
Lazio approva
l’ennesima centrale fotovoltaica nella Tuscia, a Tarquinia.
Altri 6 ettari e mezzo di terreno agricolo mangiati.
E sono più
di 7 mila gli ettari fatti fuori dalla speculazione energetica
negli ultimi anni in un territorio che negli ultimi anni è sempre stato ai non
invidiabili vertici nazionali per il consumo del suolo per abitante (rapporto
ISPRA sul consumo del suolo 2019), 1,91 metri quadri per
residente rispetto alla
media regionale di 0,47 e nazionale di 0,80.
Consumo del
suolo che va
in direzione opposta agli obiettivi tanto decantati della transizione
ecologica.
Consumo del
suolo che
nemmeno risolve i problemi di un fabbisogno energetico neppure adeguatamente
verificato.
Land
grabbing di casa
nostra.
Forze
politiche, intellettuali, gran parte dell’informazione, una bella fetta dello
stesso mondo ambientalista ormai adepto senza
se e senza ma della divinità eolica e fotovoltaica se ne
fregano completamente.
Parlare
di land grabbing in Marmilla non
è cool.
Il Gruppo
d’Intervento Giuridico (GrIG) ha fatto, fa e farà la sua parte contro questo
strisciante furto di natura, di suolo, di storia e cultura, di
identità, di Terra ai danni di troppe collettività locali del nostro Bel
Paese.
Poco, ma sicuro.
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