Otto mesi di carcere per aver cercato di appendere uno striscione all’esterno del tribunale di Torino in segno di solidarietà per una compagna militante No TAV: questa la condanna spettata a Francesca, anche lei attivista del Movimento, giunta a ben dieci anni di distanza dai fatti. A imporre la misura il giudice del tribunale di Sorveglianza Elena Bonu, la stessa che impose due anni di detenzione all’attivista no Tav Dana Lauriola per aver parlato in un megafono nel corso di una manifestazione. Decisione che non può non suscitare una certa perplessità, considerato che la pena inflitta è inferiore a un anno e considerato il grave problema di sovraffollamento che affligge il carcere di Torino ormai da tempo.
I fatti
contestati risalgono al 2013. il 26 luglio di quell’anno si era svolto un presidio
di fronte al tribunale di Torino in sostegno a Marta, militante del
Movimento contro l’Alta Velocità che era stata fermata e denunciata qualche
giorno prima in Val di Susa, nel contesto di una manifestazione nei pressi del
cantiere di Chiomonte. «La polizia ha bloccato il corteo sia davanti che dietro
e ha iniziato a picchiare tutti, compresa Marta, che è stata anche molestata
dagli agenti» racconta a L’Indipendente D., militante No
TAV. All’indomani della manifestazione il Movimento organizzò una conferenza
stampa per denunciare quanto accaduto e di lì a poco prenderà il via il
processo che vedrà Marta coinvolta come imputata e come vittima (i poliziotti
denunciati per le molestie verranno poi tutti assolti, riferisce
D.).
Nel corso
del presidio in suo sostegno le compagne, tra le quali Francesca, hanno cercato
di appendere uno striscione all’esterno del tribunale. «Come
donne No TAV abbiamo deciso di scendere dal presidio di Venaus a Torino per
esprimere solidarietà a Marta fuori dal Tribunale» ci racconta Alice, altra
militante presente quel giorno. «”Se toccano una toccano tutte – Non un passo
indietro! Solidarietà a Marta”: questa era la scritta sullo striscione, non
c’era nulla di violento o offensivo. Eravamo quasi tutte donne a
portare questo striscione, peraltro erano cose che già avevamo fatto in
precedenti manifestazioni a scopo dimostrativo. La celere presente all’ingresso
ci ha caricati e successivamente sono arrivate denunce a carico di alcuni per
resistenza a pubblico ufficiale e lesioni, che i poliziotti si sono causati da
soli inciampando nei panettoni in cemento davanti al tribunale». Alle accuse è
seguito un processo, al termine del quale Francesca è stata condannata a otto
mesi di carcere. «Il suo avvocato ha chiesto l’applicazione delle misure alternative,
anche in ragione del fatto che lei aveva un contratto di lavoro a tempo
indeterminato – dal quale, in ragione della condanna, è stata costretta
a licenziarsi – e il procuratore sembrava favorevole alla cosa.
Sfortunatamente il giudice del Tribunale di Sorveglianza no». Si tratta del
medesimo giudice, Elena Bonu, che ha condannato Dana Lauriola a due anni di
detenzione per aver parlato a un megafono nel corso di una manifestazione.
Il carcere
di Torino è da tempo afflitto da un grave problema di sovraffollamento, che
causa non pochi disagi nella gestione della struttura stessa e nel benessere
psicologico dei detenuti. Il 2022 è stato l’anno nero dei suicidi in carcere,
con 84 reclusi che si sono tolti la vita nelle carceri di
tutta Italia anche a fronte di reati
minori commessi,
con una media di 15 casi ogni 10 mila detenuti a fronte di una media di 0,67
tra le persone libere. Eppure, la macchina della giustizia sembra ancora non
conoscere alternative migliori.
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