Nel Nord-Est in piena crisi immobiliare un'operazione giudiziaria con tanto di blitz della polizia contro chi si organizza per difendere il diritto all'abitare
Più di un centinaio di agenti, tra carabinieri e polizia, hanno eseguito
all’alba di martedì 31 gennaio un’operazione predisposta dalla procura di
Padova nelle città di Padova, Mestre, Treviso e Schio. L’operazione è legata
allo sgombero di una casa occupata da studenti il 9 novembre, a via delle
Melette a Padova. Cinquantadue gli indagati con accuse a vario titolo per i
reati di «violenza e resistenza a pubblico ufficiale, lesioni personali in
danno ad appartenenti a forze di polizia». A Padova sono state perquisite le
case di 13 persone, a Mestre di 5, a Treviso di 3 e di una a Schio. Sette
persone sono state sottoposte a misure cautelari che vanno dall’obbligo di
dimora all’obbligo di firma quotidiana. Sono stati anche sequestrati telefoni e
computer personali. Un’azione repressiva in piena regola. La stampa
locale riporta dichiarazioni del ministro degli Interni Matteo Piantedosi che
non risulterebbero sbalorditive se fossimo in pieni anni Settanta: parla, il
ministro, di «evitare che immobili occupati abusivamente possano diventare
luoghi per organizzare azioni di contestazione violenta».
Il governo Meloni è forse rimasto all’adolescenza della stessa tra le fila
dell’Msi, se una casa con qualche studente e studentessa è diventata un covo di
pericolosissimi facinorosi. Quasi un meme.
Solo a settembre, i giornali locali prendevano atto di una crisi senza
precedenti negli affitti: a Padova 5.000 case sfitte, alloggi vuoti e
inutilizzati, 500 destinati al mercato turistico. Gli universitari fuori sede e
internazionali si sono trovati di fronte a una speculazione immobiliare che
rendeva quasi impossibile trovare anche solo un posto letto, situazione che si
è protratta anche ad anno scolastico già iniziato. A ottobre dell’anno appena
passato c’era stata anche una protesta degli studenti, che si erano accampati
con delle tende davanti al Comune contro il caro affitti facendo presente che
più di 1700 di loro erano finiti senza un posto dove stare, con l’anno
universitario già in corso. Per l’occasione avevano fatto presente che gli
studenti e le studentesse che avevano diritto a un alloggio pubblico erano 2000
ma i posti assegnati nelle residenze universitarie sono solo poche centinaia.
Da cui un’ulteriore difesa delle occupazioni abitative.
È in questo contesto che il 9 novembre, con l’inverno alle porte, quaranta
celerini hanno sfondato l’ingresso dei quattro appartamenti occupati da giovani
studenti e precari in via delle Melette. Dieci persone sono state buttate in
strada coi loro effetti personali. Tra queste, una ragazza a cui hanno dovuto
mettere i punti sul viso proprio a seguito del blitz violento da parte delle
forze dell’ordine. Fuori dall’edificio si è radunato un presidio di
solidarietà, che ha subìto diverse cariche. Più tardi il presidio si è spostato
sotto la sede dell’Ater, agenzia territoriale per la casa proprietaria degli
appartamenti sgomberati, per ottenere un incontro con la direzione. È stato qui
che polizia e carabinieri in tenuta antisommossa hanno attaccato più volte i
manifestanti, ferendone cinque.
L’operazione di martedì all’alba nel Nord-Est avviene a tre mesi dai fatti,
risultando pretestuosa e frutto di un’escalation repressiva che
coinvolge tutto il paese e che ha le sue vette simboliche nel trattamento
inumano di Alfredo Cospito (è notorio che in
certe sezioni di destra care a Giorgia Meloni si studi il caso di Bobby Sands;
bene, forse lo studio non è stato troppo approfondito, visto che Meloni oggi
più che Bobby Sands sembra proprio Margareth Thatcher).
Sergio Dini, il pm che ha ordinato l’operazione in Veneto, è un personaggio
che veniva citato entusiasticamente dalla testata Il primato nazionale,
vicina a CasaPound, per un suo lavoro sulle foibe – lavoro evidentemente non da
storico, quale Dini non è.
In questa situazione, il comunicato del centro sociale Pedro prova a
rimettere in prospettiva il discorso su chi e cosa possa definirsi violenza:
«La violenza sta in chi perquisisce, sequestra, aggredisce, reprime e
criminalizza, nella mancanza di misure di Welfare, nell’assenza di risposte
sociali alla crisi economica, nella negazione del diritto all’abitare, nei
controlli selettivi. Le lotte sociali sono l’unica risposta possibile e non si
fermeranno».
Continua, il comunicato, con una promessa: «Potete svegliarci all’alba,
perquisirci, provare a intimidirci, ma non ci fate paura perché rivendichiamo
fino in fondo la voglia di immaginare e costruire ogni giorno un mondo più
giusto. I veri violenti siete voi, la nostra lotta è per la vita».
Nessun commento:
Posta un commento